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21 maggio 2002 Mese di Maria |
Paolina Jaricot è nata il 22 luglio 1799 a Lione. I genitori, Antonio Jaricot e Giovanna Lattier, sono profondamente cristiani. Paolina scriverà in seguito: «Beati coloro che hanno ricevuto dai genitori i primi semi della fede. Sii benedetto, Signore, per avermi dato un uomo giusto per padre, e per madre una donna piena di virtù e di carità ». Sei figli formano già la corona della famiglia, quando nasce Paolina.
Nel cortile della casa della famiglia c'è un pozzo profondo. Un giorno in cui la madre vi ha appena attinto un secchio pieno d'acqua, Paolina, in età di sette anni, si preoccupa: «Di', mamma, rimane ancora acqua nel pozzo? Ma certo, la sorgente non diminuisce. Oh! quanto vorrei avere un pozzo d'oro per darne a tutti gli infelici, perchè non ci siano assolutamente più poveri e nessuno pianga più». A dieci anni, la bambina viene messa in un collegio. «Ebbi la sventura, riconoscerà, di far amicizia con una compagna che, non avendo nè il candore nè la semplicità della sua età, conosceva già i calcoli e le astuzie della civetteria. Mi raccontava tutte le «conquiste» che credeva di aver fatto». Dapprima spaventata e turbata, Paolina sente ben presto nascere e aumentare in sè la necessità di piacere e di essere amata. Per fortuna, all'avvicinarsi della prima Comunione, si separa dalla sua compagna poco affidabile: «Gesù Cristo ebbe allora la meglio nel mio cuore, scrive, e quando fu deciso che Lo avrei ben presto ricevuto, pensai solo a prepararGli una dimora che non fosse troppo indegna di Lui». Dopo un approfondito esame di coscienza, fa una buona confessione, poi riceve Gesù-Ostia con una gioia immensa. Lo stesso giorno, viene fortificata dal sacramento della Cresima. Tuttavia, è ancora tentata dalla società elegante. Apprezza i bei vestiti e ascolta con compiacenza le adulazioni.
Un giorno, Paolina cade da uno sgabello; ne consegue una strana malattia: cammina come se fosse ubriaca, con l'aria persa, e perde totalmente l'uso della parola. Sua madre, che la veglia giorno e notte, si ammala anch'essa gravemente, poi muore, lontana da Paolina, il 26 novembre 1814, offrendo a Dio la propria vita per la figlia. La morte viene taciuta a quest'ultima abbastanza a lungo, per permetterle di ricuperare la salute. Con la convalescenza, Paolina ritrova il desiderio di piacere: fra le ragazze del suo ceto sociale, si distingue per essere la più elegante. Eppure, non è felice: «Il mio cuore provava una sete ardente che nulla riusciva a calmare, perchè quel povero cuore, sempre schiavo della creatura, trovava soltanto un vuoto infinito in un affetto perituro, ed un tormento inaudito nelle sue resistenze all'appello divino».
L'illusione della vanità
Con l'anima purificata, Paolina sente chiaramente l'appello ad una vita più perfetta. Si dà con fervore alla preghiera ed alla penitenza, visita i poveri e gli ammalati, di cui medica con molta delicatezza le piaghe più ripugnanti. Organizza una piccola fabbrica di fiori artificiali, per ragazze disoccupate. Nella notte di Natale, nella cappella di Fourvière, Paolina si mette davanti all'altare della Vergine Nera ed offre a Dio la propria vita attraverso il voto di verginità perpetua. Gratificata di numerose grazie celesti e dotata di un elevato grado di contemplazione e di intimità con il Signore, sente il richiamo di Dio a dedicarsi al servizio degli altri. Al contatto di Cristo nella Santa Eucaristia, le vengono comunicati lumi profondi sul mistero del Redentore; desidera trasmetterli ad altre anime. Infatti, ragazze pie, operaie o domestiche, che condividono il suo desiderio di far riparazione al Cuore di Gesù, sconosciuto e disprezzato, si raggruppano intorno a lei.
La Propagazione della Fede
Malgrado molte opposizioni ed incomprensioni, l'opera della Propagazione della Fede si diffonde con la rapidità del lampo, in Francia, poi in tutto il mondo, portando alle Missioni soccorsi considerevoli. Viene creato un consiglio di amministrazione. Paolina si eclissa davanti ad esso: «Lasciai a chi volle prenderlo, l'onore della fondazione divina la cui ispirazione era celeste». Nella preghiera, rende grazie a Dio: «Hai messo gli occhi su quel che hai trovato di più piccolo sulla terra, per farne lo strumento della tua Provvidenza e provocare la gloria del tuo Nome adorabile, affinchè nessuna carne potesse glorificarsi davanti a te».
Lo zelo intenso di Paolina a favore delle Missioni si ispira direttamente al Vangelo. Prima di salire in Cielo, il Signore Gesù ha inviato i suoi discepoli dicendo: Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo (Marco 16, 15-16; ved. Matt. 28, 18-20). Questo incarico missionario rivela la bontà di Dio, il quale vuole che gli uomini arrivino alla conoscenza della verità e siano salvati (ved. 1 Tim. 2, 4). Infatti, «la salvezza si trova nella verità. Coloro che ubbidiscono alla mozione dello Spirito di verità sono già sulla via della salvezza; ma la Chiesa, cui tale verità è stata affidata, deve andare incontro al loro desiderio per portarla loro. Poichè crede al disegno universale della salvezza, essa deve essere missionaria» (Dichiarazione Dominus Jesus, Congregazione per la Dottrina della Fede, 6 agosto 2000, n. 22).
Perchè la Missione?
Con i santi di tutti i tempi, Paolina ha riconosciuto la necessità della Missione. L'opera da lei fondata continua ancor oggi: la Propagazione della Fede aiuta più di 900 diocesi in Africa, in Asia, nell'America Latina e in Oceania, attribuendo a ciascuna diocesi un sussidio annuo ordinario e sussidi straordinari, secondo i bisogni. Il denaro proviene dalle questue e da donazioni che hanno luogo in tutto il mondo e sono raggruppate a Roma.
Fra il 1822 ed il 1826, la malattia e la necessità di una maggiore intimità con il Signore, obbligano Paolina a ritirarsi nel silenzio. I lumi divini che riceve allora la spingono nuovamente all'azione. Molto affezionata al Santo Rosario, vuole propagarne la devozione. Constatando che poca gente dispone di tempo e di fervore sufficiente per recitarlo interamente, ha l'ispirazione di suddividerlo fra quindici persone che avrebbero da recitarne solo una diecina al giorno, meditando su un mistero. «Mi sembrò che fosse giunta l'ora, scriverà più tardi, di realizzare il disegno, da molto elaborato, di un'associazione accessibile a tutti, che avrebbe prodotto l'unione con la preghiera, e di cui l'unica e breve pratica, che non avrebbe spaventato nessuno, avrebbe facilitato ai fedeli l'abitudine della meditazione quotidiana, anche se tale meditazione fosse durata solo per qualche minuto, sui misteri della vita e della morte di Gesù Cristo». Fu così fondato, nel 1826, «il Rosario Vivo». Con l'aiuto di un sacerdote gesuita, Paolina aggiunge a quest'opera la distribuzione di oggetti religiosi e di buoni libri per risvegliare e mantenere la fede. Attraverso la preghiera e la diffusione della buona dottrina, il Rosario Vivo contribuirà ad innumerevoli conversioni.
Percepire lo sconforto
Da molto tempo, Paolina ha percepito lo sconforto provocato negli operai dalla rivoluzione industriale. La situazione dei setaioli è particolarmente tragica a Lione: certi hanno vitto ed alloggio presso il capo della filanda che li impiega, stipati con la famiglia in alloggi esigui, e ricevono un compenso irrisorio per sedici ore di lavoro al giorno. Paolina annota: «Nell'operaio, la miseria affievolisce a poco a poco la buona volontà e la virtù. I ricchi non sospettano, in mezzo all'abbondanza ed alla sicurezza, quel che provano un padre, una madre cui i figli chiedono pane, quando manca il lavoro, o quando la malattia lo rende impossibile... Pane!... Ma allora, per averne, bisogna mendicare; e non tutti hanno la forza di arrivare a questo punto... Mi sembra di aver acquisito la certezza che bisognerebbe prima di tutto restituire all'operaio la sua dignità d'uomo, strappandolo alla schiavitù di un lavoro incessante; la sua dignità di padre, facendogli ritrovare le dolcezze e le attrattive della famiglia; la sua dignità di cristiano, procurandogli, insieme alle gioie del focolare domestico, le consolazioni e le speranze della religione». Dopo aver pregato a lungo, Paolina decide di consacrare i suoi averi alla creazione di un centro industriale dove un lavoro organizzato con prudenza e retribuito secondo giustizia, permetterebbe a Gesù di regnare sui cuori. Approfittando di un'occasione propizia, getta le basi di un'impresa che sarà per lei una vera via crucis, dal 1841 alla morte, vale a dire durante vent'anni.
Per lanciare la fabbrica, Paolina affida a persone che le sono state raccomandate una somma di 700.000 franchi-oro. All'inizio, l'impresa sembra funzionare in modo soddisfacente; i consuntivi presentati sono ottimistici. Ma gli uomini d'affari in cui essa ha riposto la fiducia, sottraggono i capitali a proprio favore. «Sono caduta, scrive, come quell'uomo che andava da Gerusalemme a Gerico, nelle mani di ladri». Paolina perde i suoi averi e si ritrova piena di debiti, incalzata dai creditori. In tale situazione drammatica, la sua preoccupazione si rivolge prima di tutto ai numerosi poveri che le hanno prestato piccole somme per la fabbrica; tiene assolutamente a rimborsarli, per evitar loro la miseria, e, pertanto, si risolve a mendicare. Ma questa storia ha rovinato la sua reputazione. La direzione dell'opera per la Propagazione della Fede, che ha fondato lei stessa, così statuisce sulla sua richiesta di aiuto: «Considerando che non è il caso di riconoscerle la qualità di fondatrice, di cui si prevale, il consiglio rifiuta di concederle un aiuto finanziario».
«Più di altri, dirà Papa Paolo VI, Paolina doveva incontrare, accettare e superare nell'amore una somma di contestazioni, di sconfitte, di umiliazioni, di abbandoni che diedero alla sua opera il marchio della Croce e la sua misteriosa fecondità». Infatti, tutte le porte si chiudono davanti a colei che ne ha aperte tante per altri, e, ad ogni nuova sofferenza, essa ripete: «Dio mio, perdona loro e colmali di benedizioni via via che essi mi caricano di altre pene». Il santo Curato d'Ars esclamerà un giorno dal pulpito: «Fratelli! Conosco una persona che sa accettare bene le croci, anche quelle più pesanti, e che le porta con grande amore. Questa persona, fratelli, è la Signorina Jaricot, di Lione!»
La vera felicità
D'altra parte, la fabbrica non esiste più: è stata venduta a favore di uno dei creditori. Apparentemente, Paolina ha dunque subito uno smacco. In realtà, ha fecondato con le sue sofferenze accettate bene altre opere dello stesso genere, che verranno riprese dopo di lei. In seno alla Chiesa, è stata una delle prime voci ad elevarsi contro gli abusi della rivoluzione industriale, preparando così l'Enciclica Rerum Novarum (1891) di Leone XIII, sui diritti degli operai ad un salario giusto ed a condizioni di vita decenti. Ai giorni nostri, la Chiesa, confrontata a situazioni nuove, continua ad insistere sui doveri di giustizia e di solidarietà. Il 4 novembre 2000, Papa Giovanni Paolo II ha dichiarato ai responsabili politici, in occasione del loro giubileo a Roma: «Con il fenomeno della mondializzazione dei mercati, i paesi ricchi e sviluppati tendono a migliorare ancora di più la situazione economica, mentre i paesi poveri tendono ad affondare in forme di povertà sempre più penose... È lo spirito della solidarietà che deve aumentare nel mondo, per vincere l'egoismo della gente e delle nazioni... I cristiani che si sentono chiamati da Dio alla vita politica hanno per missione quella di sottomettere le leggi del mercato «selvaggio» alle leggi della giustizia e della solidarietà. È l'unico mezzo per assicurare al nostro mondo un avvenire pacifico, distruggendo alla radice le cause di conflitti e di guerre: la pace è il frutto della giustizia».
In capo ad una tregua di 35 anni, la malattia di cuore di Paolina si aggrava. Dopo aver languito per parecchi mesi, la serva di Dio riceve nuovamente l'Estrema Unzione la sera della prima domenica dell'Avvento 1861. Il 9 gennaio seguente, ben prima dell'alba, la si sente mormorare: «Come noi perdoniamo a coloro che ci hanno offesi... Maria! Maria! Sì, sì, fiat!» infine: «Maria, Madre mia... sono...tutta tua...!» Sono le sue ultime parole. Alle cinque del mattino, con un sorriso sulle labbra, Paolina esala l'ultimo respiro ed entra, tutta giovane, tutta bella, tutta radiosa nella vera vita, la Vita Eterna. Il 25 febbraio 1963, il beato Papa Giovanni XXIII ha dichiarato l'eroicità delle di lei virtù, il che le vale il titolo di Venerabile.
Sei anni prima della morte, Paolina aveva redatto un testamento spirituale in cui si può leggere: «Il mio unico tesoro è la Croce! Abbandonandomi a te, Signore, sottoscrivo la mia vera felicità; prendo possesso del mio solo vero bene. Che m'importa dunque, o volontà perfettamente amata ed amabile del mio Dio, che tu mi tolga i beni terreni, la reputazione, l'onore, la salute, la vita, che tu mi faccia scendere, attraverso l'umiliazione, fin nel pozzo e nell'abisso più profondo... Accetto il tuo calice. Riconosco che ne sono assolutamente indegna, ma è ancora da te che aspetto il soccorso, la trasformazione, l'unione e la consumazione del sacrificio, per la tua massima gloria e per la salvezza dei miei fratelli».
Dal 17 al 19 settembre 1999, si sono svolte a Lione e a Parigi celebrazioni in onore del bicentenario della nascita di Paolina Jaricot. In tale occasione, Papa Giovanni Paolo II ha mandato all'arcivescovo di Lione una lettera encomiastica per la Venerabile: «Attraverso la fede, la fiducia, la forza d'animo, la dolcezza e l'accettazione serena di tutte le croci, Paolina si è mostrata degna discepola di Cristo... Mettere in evidenza questa figura segnata prestissimo da una volontà inaudita di intraprendere, deve stimolare l'amore dell'Eucaristia, la vita di preghiera e l'attività missionaria di tutta la Chiesa, il cui fine proprio è quello di unirsi al Salvatore, di farlo conoscere e di attirarGli tutti gli uomini... Seguendo l'insegnamento di Paolina, la Chiesa deve trovare un incoraggiamento per consolidare la sua fede, che apre all'amore dei fratelli, e per seguire la sua tradizione missionaria, nelle forme più varie».
Che san Giuseppe, Protettore della Chiesa e della sua Missione, ci ottenga la grazia di imitare gli esempi della venerabile Paolina, e di operare senza posa per la salvezza delle anime.