Lettera

Blason   Abbazia San Giuseppe di Clairval

F-21150 Flavigny-sur-Ozerain

Francia


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21 gennaio 2010
Sant'Agnese, vergine e martire


Carissimo Amico dell’Abbazia di San Giuseppe,

«Se non mi ascolta più nessuno, Dio mi ascolta ancora. Se non posso più parlare con nessuno, più nessuno invocare, a Dio posso sempre parlare« Durante tredici anni di carcere, in una situazione di disperazione apparentemente totale, l'ascolto di Dio, il poter parlargli, divenne per l'indimenticabile cardinale Nguyên Van Thuan una crescente forza di speranza, che dopo il suo rilascio gli consentì di diventare per gli uomini in tutto il mondo un testimone della speranza – di quella grande speranza che anche nelle notti della solitudine non tramonta» (Enciclica Spe salvi, 30 nov. 2007, n. 32 ). In queste poche parole, papa Benedetto XVI descrive il carattere essenziale della vita del Cardinale.

Francois-Xavier Nguyên Van Thuan è nato il 17 aprile 1928, vicino a Huê, ex capitale dell'Annam. La famiglia di suo padre e quella di sua madre non sono della stessa classe sociale: la prima è costituita da imprenditori e commercianti; la seconda da mandarini di alto rango. Ma entrambe si distinguono, da generazioni, per la fede cattolica e l'amore per la patria: vi si annoverano un gran numero di martiri. Per oltre due secoli, infatti, tra il 1644 e il 1888, ondate di persecuzioni violente avevano fatto un totale di centocinquantamila martiri. Questi ricordi restano molto vivi nella memoria delle due famiglie e sostengono la loro fede.

Soprattutto i suoi antenati materni suscitano l'ammirazione di Thuan. Ngo Dinh Kha, suo nonno, era stato uno dei rari cattolici a occupare posizioni di rilievo presso l'imperatore del Vietnam. Ebbe sei figli e tre figlie, a cui seppe comunicare la passione della sua vita: «l'indipendenza del Vietnam è voluta da Dio». Sotto l'influenza di sua figlia Hiep (Élisabeth, nata nel 1903, che diventerà la madre di Thuan), la famiglia Ngo Dinh resterà unita nella fede nonché nella volontà di promuovere l'indipendenza del paese; Diem, terzo figlio di Kha, diventerà nel 1955 il primo presidente della nuova Repubblica del Vietnam.

Nguyên Van Am e Hiep, sua moglie, sposati nel 1924, sono già stati provati dalla malattia e dalla morte del loro primogenito Xuan. Hiep dà al suo secondo figlio – che sarà seguito da altri sette – il nome di Thuan («Volontà di Dio»). Egli vive un'infanzia felice; molto amato dai suoi zii Thuc e Diem, restituisce loro affetto e ammirazione. All'età di 13 anni, Thuan chiede ai suoi genitori il favore di proseguire i suoi studi al seminario minore di An Ninh, dove era stato allievo suo zio Thuc, diventato sacerdote e poi vescovo. A An Ninh, roccaforte della resistenza dei cattolici alle persecuzioni, viene esposto con venerazione il ritratto di Ngo Dinh Kha. Il seminario è diretto dai Padri delle Missioni Estere di Parigi, ai quali si affiancano alcuni sacerdoti vietnamiti. Questi insegnanti seminano nell'anima di Thuan i semi di una vera devozione alla Santa Vergine e gli donano maestri sicuri: il Curato d'Ars, Teresa di Lisieux, Francesco Saverio, il suo santo patrono.

Gli orrori della guerra

Sopraggiungono la seconda guerra mondiale, la sconfitta della Francia e la vittoria temporanea del Giappone. A partire dall'estate del 1943 – egli ha 15 anni – Thuan viene iniziato da suo zio Diem alla strategia politica; ma legge più avidamente le vite dei santi – Teofane Vénard in particolare – e medita il rosario; ogni mattina, partecipa alla Messa e fa la comunione. Di ritorno al seminario, prosegue con facilità lo studio del latino e delle lettere cinesi, che hanno plasmato il Vietnam.

Nel marzo 1945, il Giappone occupa il Vietnam. Ma, pochi giorni dopo questo colpo di mano, gli abitanti di Huê vedono sventolare delle bandiere rosse in tutta la città: prima manifestazione del «Fronte di liberazione» comunista... Ngo Dinh Khoi, il maggiore degli zii di Thuan, nemico dichiarato dei comunisti, viene arrestato il 31 agosto, poi da essi giustiziato qualche settimana dopo insieme al suo unico figlio, come traditore del suo paese... Thuan è preso dal furore: il perdono gli sembra impossibile. Proverà la stessa angoscia negli anni 1963-64, quando omicidi ed esecuzioni completeranno l'annientamento della sua famiglia; nonché nel 1975, nei primi tempi della sua detenzione. Imparare a controllare la propria rabbia gli risulterà lungo e difficile. Contemplando l'esempio di Gesù Cristo, comprende che amare coloro che lo hanno crudelmente offeso non è qualche cosa di opzionale; ma il suo cuore rimane chiuso a qualsiasi atto di perdono... La Provvidenza mette allora sotto i suoi occhi l'esempio di padre Pro, gesuita messicano arrestato e giustiziato nel novembre 1927 dal governo comunista del suo paese, morto nell'atto di perdonare i suoi carnefici... Nell'autunno del 1947, Thuan entra nel seminario maggiore di Phu Xuan. Si nutre della Summa Theologica di san Tommaso e del capolavoro di padre Garrigou-Lagrange: Le tre età della vita interiore. A questo periodo risale anche la sua familiarità con l'Imitazione di Gesù Cristo e il Piccolo Ufficio della Beata Vergine, opere a cui resterà fedele per tutta la vita.

Il pastore di fronte ai lupi

Thuan viene ordinato prete a Huê da mons. Urrutia, l'11 giugno 1953. Tre mesi dopo, un medico gli diagnostica una tubercolosi avanzata. Viene trasportato d'urgenza all'ospedale centrale di Huê. Al capezzale del loro figlio, i genitori di Thuan trascorrono ore a dire il rosario con lui. Trasferito a Saigon, viene ricoverato nell'ospedale militare francese nell'aprile 1954: i medici decidono l'asportazione di un polmone. La mattina dell'operazione, ultima radiografia prima dell'anestesia generale: stupore! più nessuna traccia di tubercolosi! «È un miracolo!» esclama con gioia Thuan. Quattro giorni dopo, in perfetta salute, è di ritorno a Huê. Nello stesso tempo, la radio annuncia la caduta di Diên Biên Phu. Nel mese di luglio, nonostante le proteste di Ngo Dinh Diem, leader del nuovo governo, vengono firmati gli Accordi di Ginevra: il paese è diviso in due. I comunisti sono padroni nel Nord. Nell'ottobre 1955, viene proclamata la repubblica nel Sud, con Diem come primo presidente. Circa un milione di vietnamiti del Nord, tra cui molti cattolici, emigrano al Sud... È allora che Thuan viene inviato a Roma dal suo vescovo; vi trascorrerà quattro anni come studente presso il Collegio della Propagazione della Fede. Durante le vacanze, viaggia in tutta l'Europa; nell'agosto 1957, davanti alla grotta di Lourdes, mormora, senza troppo sapere ciò che dice: «Nel nome di tuo Figlio e nel tuo nome, o Maria, accetto le prove e la sofferenza»« Ritorna in Vietnam nel 1959.

L'anno seguente, Giovanni XXIII istituisce una gerarchia ecclesiastica vietnamita; al tempo stesso, il consiglio degli insegnanti elegge Thuan a capo del seminario minore. Tre anni dopo, il 1° novembre 1963, un gruppo di generali scatena un colpo di Stato. Diem rifiuta di usare la guardia presidenziale e tenta di negoziare. È un fallimento: l'indomani, 2 novembre, subito dopo che ha partecipato alla Messa e si è confessato, viene assassinato con suo fratello Nhu... Sei mesi dopo, Can, fratello di Diem, cade nelle mani dei generali ribelli; viene giustiziato l'8 maggio 1964. Thuan vive un incubo: quattro zii uccisi, altri due in esilio, la salute dei suoi genitori a pezzi, l'indipendenza del Vietnam compromessa... Ma la Provvidenza gli viene in aiuto: è scelto come vicario generale, carica che gli procura un diversivo. Nell'aprile 1967, Paolo VI lo nomina vescovo di Nha Trang.

Situata sulla costa, a circa 400 km da Saigon, la diocesi di Nha Trang conta allora un milione e centosessantamila abitanti, di cui centotrentamila cattolici. Thuan viene consacrato vescovo a Huê, il 24 giugno. Nel 1968, durante «l'offensiva del Tet», condotta dal Vietcong, diventa prevedibile che i comunisti controlleranno il Vietnam del Sud, nonostante la presenza americana. Mons. Thuan decide d'intensificare, oltre alla formazione dei fedeli laici, la pastorale vocazionale. Nello spazio di otto anni, il numero dei seminaristi maggiori, nella sua diocesi, passerà da quarantadue a centoquarantasette; quello dei seminaristi minori, da duecento a cinquecento. Nell'aprile 1975, il vescovo procede all'ordinazione dell'ultima grande classe di seminaristi, poco prima dell'assunzione del controllo di Nha Trang da parte dei comunisti. La diocesi può affrontare le restrizioni. A poco a poco, il Vietcong occupa le città più importanti. Migliaia di persone prendono la direzione del Sud, con i loro malati e i loro anziani. Mons. Thuan noleggia aerei per lanciare con il paracadute a questi sventurati tonnellate di medicinali e di viveri. Si attira così l'ostilità dei comunisti. Egli lo sa; ma fa il suo dovere di vescovo. Il 23 aprile, apprende che Paolo VI lo ha nominato coadiutore (ausiliario con diritto di successione) dell'arcivescovo di Saigon. Senza soffermarsi sulle drammatiche conseguenze che questa decisione avrà per lui, mons. Thuan si mette in cammino, all'inizio di maggio, per la capitale del Sud.

« Dio solo, e non le sue opere ! »

Qui, alcune personalità cattoliche influenti, alleate con i comunisti, lo incitano a ritornare a Nha Trang; in effetti, non possono accettare che un membro della famiglia Ngo Dinh diventi arcivescovo di Saigon. Il 13 agosto, mons. Thuan riceve l'ordine di recarsi all'ex palazzo presidenziale. Qui, viene sottoposto a pressioni perché riconosca di essere l'agente di un complotto del Vaticano. Poiché egli non ammette nulla, viene fatto salire su un'automobile che lo conduce di notte in un villaggio vicino a Nha Trang; dove viene posto in residenza sorvegliata presso il parroco, con il divieto di comunicare, pena ritorsioni contro la diocesi. Ben presto, l'impossibilità di agire per Dio e per le anime comincia a far soffrire il suo cuore di vescovo; durante le notti insonni, è assalito da risentimenti contro i suoi nemici. La sua preghiera sembra inefficace.

Riflettendo sulla prigionia di san Paolo a Roma, gli viene l'idea di scrivere delle lettere ai fedeli. Nasce così «Il cammino della speranza». Pubblicata senza il nome dell'autore, l'opera passa ben presto nelle mani di tutti i fedeli, e anche in Francia e negli Stati Uniti. Furiose, le autorità trasferiscono mons. Thuan nel campo di Phu Khanh. È il 19 marzo 1976, festa di san Giuseppe. Viene rinchiuso in una minuscola cella senza finestre, piena di muffa e di funghi a causa dell'umidità: vi rimane nove mesi senza mai uscirne, senza incontrare nessuno dei suoi compagni di prigionia. A poco a poco, l'isolamento produce la sua opera: «Tanti sentimenti confusi mi arrovellano la mente, scriverà: tristezza, paura, tensione nervosa. Il mio cuore è lacerato per l'allontanamento dal mio popolo... Non riuscivo a dormire, ero tormentato all'idea di lasciar andare in rovina tante opere che avevo avviate per Dio, e il mio essere si rivoltava. Una notte, una voce mi ha detto, nel profondo del mio cuore: «Perché tormentarti così? Devi fare la distinzione tra Dio e le opere di Dio. Tutto quello che hai intrapreso e che desideri proseguire è eccellente: sono le opere di Dio, ma non è Dio! Se Dio vuole che tu abbandoni tutto questo, fallo subito e riponi la tua fiducia in Lui. Egli farà le cose infinitamente meglio di te... Hai scelto Dio solo, e non le sue opere!» Questa luce mi ha portato una nuova pace, che mi ha aiutato a superare momenti fisicamente al limite del sopportabile».

Amare, anche in carcere

La sua visione del carcere ne risulta rinnovata. Fissando con gli occhi Cristo in croce, si rende conto che è nel momento in cui Egli era più debole, disprezzato e reietto dagli uomini (Is 53,3), che ha compiuto l'opera più grande della sua vita, la redenzione del mondo. Lui, Thuan, non può più agire per Dio; ma nessuna prigione, nessun carceriere può impedirgli di amare Dio! Il 29 novembre 1976, viene condotto in un campo di lavoro situato nelle montagne del Vietnam del Nord. Qui, riesce a farsi inviare da un cristiano un po' di vino, presentato come un «rimedio contro il mal di stomaco», e alcuni pezzetti di pane nascosti in una lampada a torcia. Inizia a celebrare la Messa di nascosto; da quel momento, prova costantemente la gioia cristiana. Dà la comunione ai cattolici detenuti con lui; con la sua franchezza e la sua dolcezza, si fa dei complici anche tra i suoi guardiani. Così, il 5 febbraio 1977, viene trasferito in un carcere più stretto vicino ad Hanoi; poi, il 13 maggio 1978, nella canonica in rovina di un villaggio chiamato Giang Xa, i cui parrocchiani non sono più praticanti e nutrono sentimenti anti-cattolici. Mons. Thuan è autorizzato a celebrare la Messa, ma da solo; non deve parlare a nessuno. Tuttavia, un incontro casuale gli rivela che alcuni abitanti del villaggio sono suoi parenti d'acquisto. Da quel momento, i fedeli comprendono che sono state raccontate loro delle menzogne e cambiano atteggiamento nei suoi confronti.

I comunisti avevano impiegato lunghi anni a costituire una rete di spie all'interno stesso delle parrocchie del Vietnam del Nord; Giang Xa aveva le sue, una coppia che i parrocchiani chiamavano «i santi». A forza di dolcezza e di bontà, mons. Thuan finisce con il portarli a cambiare le loro posizioni: con evidente sincerità, gli chiedono di confessarsi a lui. Allora, con il consenso dell'arcivescovo di Hanoi, egli toglie loro la scomunica. Esempio contagioso: molti informatori di altri villaggi verranno da lui per riconciliarsi con Dio e con la Chiesa. Preoccupato della tranquillità che si è diffusa nelle parrocchie del paese, il governo si arrende all'evidenza: la rete è neutralizzata. Il 5 novembre 1982, all'alba, mons. Thuan scompare, portato via in un furgone della polizia... Viene trasportato là dove nessuno penserà di cercarlo: una residenza degli ufficiali di pubblica sicurezza! Il vescovo non deve lasciare la sua stanza; non deve parlare con nessuno, né guardare dalla finestra. Sarà il suo regime di vita per i sei anni che seguiranno. Ma si è abbandonato a Dio: la solitudine non gli fa più paura. A forza di gentilezza perseverante, riesce a comunicare con i suoi guardiani e a farsi trattare con umanità. Disarmate di fronte a questa «corruzione degli innocenti», le autorità decidono, dopo qualche mese, di trasferire mons. Thuan in un carcere di Hanoi. Vi riprende la celebrazione della Messa: l'Eucaristia è la sua forza.

Attraverso un agente di sicurezza, apprende che Giovanni Paolo II ha ricevuto una petizione dei vescovi del Vietnam a favore della canonizzazione dei martiri del loro paese; questa procedura rende impossibile la sua liberazione, che per un momento era stata presa in considerazione. Un po' dopo, mons. Thuan viene a sapere che il governo, impressionato dalla determinazione di Giovanni Paolo II di canonizzare centodiciassette martiri del Vietnam nel giugno 1988, permette di organizzare qualche manifestazione. Nella sua cella, canta il Te Deum; il pensiero che egli condivide la sorte di questi martiri gli dà coraggio e forza. Si offre a Dio per sopportare, se Egli lo vuole, la prigionia fino alla morte.

« Hai spezzato le mie catene » (Sal 115,7)

Il 21 novembre 1988, festa della Presentazione di Maria al Tempio, squilla un telefono nel corridoio. Mons. Thuan fa questa preghiera: «Madre, se la mia presenza in questa prigione è utile alla Chiesa, dammi la grazia di morire qui. Ma se posso ancora servire la Chiesa in qualsiasi altro modo, fa' che io venga liberato». Ha appena terminato il suo modesto pasto, quando la porta della sua cella si apre con violenza: «Preparati! andiamo da un membro molto altolocato del governo! – Sono pronto». Durante il tragitto, apprende che sarà ricevuto dal ministro degli Interni, Mai Chi Tho. Questi lo accoglie in un lussuoso salotto e gli fa servire il tè con cerimonia senza dire una parola. Poi, chinandosi verso Thuan: «Qual è il Suo legame con Ngo Dinh Diem? – Sono suo nipote». Dopo un momento di silenzio: «Sa, durante la guerra, si identificava Diem con gli Stati Uniti. Adesso, lui non ci crea più nessun problema... Non dovremmo più guardare verso il passato; dovremmo cercare quello che ciascuno di noi può fare per il paese». Guarda Thuan e gli sorride: «Che cosa desidera oggi? – Voglio essere libero! – Ebbene, quando vorrebbe essere liberato?» Thuan raccoglie tutto il suo coraggio: «Oggi!» Tho si irrigidisce. « È troppo tempo che sono in carcere, prosegue Thuan: tre pontificati, quattro segretari del PC sovietico, vuol dire molto!» Tho scoppia in una risata sonora: « È vero!» Dà i suoi ordini, poi si alza e stringe la mano a Thuan. Sulla strada dalla prigione all'arcivescovado di Hanoi, dove viene assegnato in residenza, mons. Thuan, sopraffatto dalla gratitudine, ringrazia la sua Madre celeste: «Santa Maria, mi hai reso la libertà! Dimmi che cosa devo fare adesso».

Dopo qualche settimana, mons. Thuan chiede un visto per andare a trovare i suoi genitori in Australia e incontrare il Papa a Roma. Stranamente, il visto gli viene concesso. Durante l'udienza papale, il prelato è commosso nel constatare che Giovanni Paolo II ha seguito da vicino i suoi anni di prigionia. Percorrendo la Città, si chiede: «Perché sono qui? Dio ha protetto la mia vita: che cosa vuole da me adesso?» Di ritorno nel Vietnam, gli vengono imposte le stesse condizioni di semi-libertà. Data l'età avanzata dell'arcivescovo di Saigon, di cui rimane il coadiutore ufficiale, mons. Thuan può in qualsiasi momento diventare uno dei primi prelati della Chiesa del Vietnam. Questo, il governo non lo vuole a nessun prezzo; d'altra parte, è riluttante ad offuscare l'immagine del «rinnovamento nazionale», che si sforza di dare al mondo... Nel dicembre 1989, un mese dopo il crollo del muro di Berlino, il ministro degli Interni viene ad annunciare ai vescovi riuniti che il governo non accetterà l'elezione di mons. Thuan ad alcun posto di responsabilità. Imbarazzato da questo «caso», il governo finisce, nel 1991, con il suggerire al prelato l'idea di «andare a trascorrere un po' di tempo a Roma». In parole chiare, si tratta di una «sola andata». Mons. Thuan accetta solo dopo aver ricevuto il consenso della Santa Sede. Lascia il Vietnam in dicembre; nel marzo 1992, saprà che qualsiasi richiesta di ritorno gli verrebbe rifiutata.

Una consolante certezza

Durante i primi due anni del suo esilio, mons. Thuan dedica il suo tempo a servire la diaspora vietnamita. I suoi libri, sempre più letti, vengono tradotti in molte lingue; ben presto viene invitato a parlare nei principali paesi europei, in occasione di ritiri spirituali o di incontri. Nell'aprile 1994, Giovanni Paolo II lo nomina vice presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, incaricato principalmente di diffondere in tutto il mondo la Dottrina sociale della Chiesa, e di promuovere il rispetto dei diritti della persona umana. Il 2 febbraio 1997, il prelato apporta gli ultimi ritocchi al suo libro Cinque pani e due pesci, in cui pubblica per la prima volta alcuni dei ricordi più sconvolgenti dei suoi anni di prigionia. Nel dicembre 1999, il Papa sceglie mons. Thuan per dirigere, nel mese di marzo successivo, gli Esercizi spirituali della Curia romana, e lo invita a far ampio ricorso alla sua personale esperienza. Alla conclusione di questo ritiro, Giovanni Paolo II dichiara: «Ci ha rafforzati nella consolante certezza che quando tutto crolla attorno a noi e forse anche dentro di noi, Cristo resta l'indefettibile nostro sostegno». Un anno dopo, il 21 febbraio 2001, il prelato riceve la dignità cardinalizia.

Il nuovo cardinale celebra a Boston (Stati Uniti) il Triduo Pasquale; pochi giorni dopo, subisce in questa città un intervento chirurgico. Affetto da una rara forma di cancro, vive «giorno per giorno», senza preoccuparsi di lasciare un'eredità ben definita. Una delle sue ultime omelie, pronunciata in memoria di un leader politico italiano, si conclude così: «Beato il politico che non ha paura né della verità né dei mass media, perché al momento del giudizio finale egli dovrà rispondere solo a Dio, e non al popolo o ai mass media». Il Cardinale si spegne il 16 settembre 2002. «Negli ultimi giorni, quando ormai era incapace di parlare, riferirà papa Giovanni Paolo II, rimaneva con lo sguardo fisso al Crocifisso che gli stava di fronte. Pregava in silenzio, mentre consumava il suo estremo sacrificio« Ora«, possiamo veramente dire che la sua speranza era piena di immortalità (cfr Sap 3,4). Era piena, cioè, di Cristo, vita e risurrezione di quanti confidano in Lui».

Santa Speranza, sii l'àncora della nostra anima (Eb 6,19)!

Dom Antoine Marie osb

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