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15 novembre 2004 Santa Gertrude la Grande, OSB |
In tale contesto, il 15 marzo 1928, in un villaggio del Nord (Tonchino), nasce un bambino, Joachim Nguyên Tan Van, abbreviato in Van. Nasce in una famiglia cristiana che comporta già un maschietto ed una femminuccia, e in cui tutto spira la gioia, riflette la bellezza e l'amore. Il padre è sarto; la madre è casalinga, ma lavora talvolta nella risaia. Van dirà di sua madre: «Dio l'aveva dotata di un cuore ardente, che sapeva unire la prudenza e la bontà... Pur circondandomi di affetto, sapeva anche formarmi alla santità». Il ragazzo beneficia di un uso precoce della ragione e di un'ottima memoria, ma altresì di un carattere testardo, dominatore, inflessibile e tuttavia ipersensibile. Non accetta di esser separato dalla madre. Un giorno, la domestica prova a portarlo a giocare più lontano. Poco dopo, lo deve riportare a casa: «Aveva su tutto il viso la traccia delle mie unghie», precisa Van.
Una goccia d'acqua nell'oceano
A scuola, il Maestro si mostra eccessivamente severo con gli alunni, somministrando loro sferzate ad ogni istante. Van ci perde la salute: «Diventavo ogni giorno più magro e più pallido, scriverà... È unicamente a causa del sistema educativo troppo duro che mi sono trovato in un simile stato di spossatezza». La madre di Van lo affida a don Giuseppe Nha, curato della parrocchia di Huu-Bang. Il sacerdote dirige una «Casa di Dio», istituto in cui i giovani si accostano più profondamente alla religione, pur continuando gli studi ed aiutando il curato. I più capaci fra di essi potranno essere ammessi al Seminario Minore. Le «Case di Dio» hanno prodotto frutti indiscutibili, ma talvolta si sono insinuati in esse gravi scandali. Per Van, tutto inizia bene; si appassiona per la sua nuova vita, diventa molto brillante. Tuttavia, la sua condotta esemplare dà ombra a certi catechisti intiepiditi. Uno di essi, Vinh, cerca invano di abusare di lui, poi gli fa subire di nascosto una serie di sevizie corporali. In capo a due settimane, la guardarobiera della canonica nota tracce di sangue sulla biancheria di Van. Don Nha, informato, fa curare il ragazzo e vieta ormai a Vinh di accoglierlo nella sua stanza.
Ma, poco dopo, i catechisti, invidiosi di Van, organizzano una specie di tribunale per «giudicarlo». Dopo scene umilianti, gli si rimproverano le sue Comunioni quotidiane. Tale rimprovero fa nascere una crisi spirituale: «Ero turbato e soffrivo terribilmente nel pensare che, senza esserne degno come i santi, avevo avuto la temerarietà di comunicarmi tutti i giorni... Cominciai a non comunicarmi più tutti i giorni... Vidi allora riapparire i difetti della mia più tenera età». In questa dura prova, Van si rivolge a Maria e recita la corona con perseveranza.
Finalmente, Vinh lascia la «Casa di Dio» insieme a parecchi altri catechisti. Torna la calma, ma l'ambiente della Casa non è cambiato molto: alcol, giochi d'azzardo, volgarità, presenza di ragazze scostumate. Van deve dedicare la maggior parte del suo tempo al lavoro manuale. Giunto all'età di dodici anni, ha la licenza elementare, ma non gli si permette di proseguire gli studi, e tutto il suo tempo viene utilizzato a servire. Un giorno, fugge per tornare dai genitori; ma questi lo rimandano a Huu-Bang. Due mesi più tardi, Van fugge di nuovo e comincia una vita di mendicante. «Il mio mestiere, scriverà, sarebbe ormai stato quello di tendere la mano ai passanti... Dopo una settimana di una simile vita, ero irriconoscibile. Avevo le mani ed i piedi smagriti, la pelle abbronzata dal sole e le guance incavate... Non trovavo tuttavia nulla che fosse penoso nella mia vita di povero vagabondo. Al contrario, provavo una gioia tranquilla nel soffrire per Dio. Sapevo che, scappando, avevo evitato il peccato, avevo evitato quel che affligge il Cuore di Dio».
Tornato a casa, dopo un certo periodo di vagabondaggio, viene accolto come un figlio degenere: «Molto scontenta, mia madre mi trattava come se non fossi più suo figlio... la porta del mio cuore si chiuse ermeticamente: non osavo più rivolgerle una parola affettuosa e piangevo a lungo di notte». Lê, la sorella maggiore, rimane il suo solo appoggio. Poco dopo, don Nha, in visita alla famiglia, non esita ad accusare Van di furto. Una tentazione terribile assale allora il ragazzo: «Cominciai a considerarmi come un essere abietto. Il demonio faceva nascere in me questo pensiero: se gli uomini non possono più sopportarmi, come potrebbe sopportarmi Dio? Morirò ben presto e dovrò andare all'inferno». Per fortuna, Maria rimane la sua speranza. Un giorno, apre il cuore ad un sacerdote che lo conforta con queste parole: «Accetta di tutto cuore queste prove ed offrile al Signore. Se Dio ti ha mandato la croce, è segno che ti ha scelto».
Trasformata in un istante
Van intoppa tuttavia ancora nei suoi difetti. A seguito di un'umiliazione, si ostina a mangiare pochissimo e la zia deve ricondurlo dai genitori. Poco dopo, don Nha viene a ristabilire la verità sulla questione del furto, a scagionare Van e chiede di riprenderlo a Huu-Bang. Dopo aver pregato, Van accetta. Ma a Huu-Bang il disordine e lo scandalo regnano sempre. «Perchè Dio mi ha spinto a tornare?» si chiede Van. Ispirato dalla Santa Vergine, fa voto di verginità. Poi, capisce che la sua missione è quella di opporsi ai cattivi esempi e di amare i compagni, cosa che si applica a realizzare con un gruppo di ragazzi più giovani.
Non ci riuscirò mai
Van dispone su un tavolo parecchie vite di santi. Poi, con gli occhi chiusi, ne tocca una, a caso: «Aprii gli occhi, la mia mano aveva toccato un libro che non avevo ancora mai letto: Storia di un'anima di santa Teresa di Gesù Bambino... Non appena ebbi letto qualche pagina, due torrenti di lacrime mi scorsero sulle gote... Quel che mi sconvolse, fu il ragionamento della piccola Teresa: «Se Dio si chinasse solo sui fiori più belli, simbolo dei santi dottori, il suo amore non sarebbe abbastanza assoluto, perchè il proprio dell'Amore è abbassarsi fino all'estremo limite... Come il sole rischiara nello stesso tempo i cedri ed ogni piccolo fiore, come se fosse solo sulla terra, così anche Nostro Signore si occupa di ogni anima, come se essa non avesse alcun simile»... Compresi allora che Dio è Amore... Posso santificarmi per mezzo di tutte le mie piccole azioni... Un sorriso, una parola o uno sguardo, purchè tutto sia fatto per amore». Una mattina, Van si reca ai piedi della vicina collina. Improvvisamente, nel silenzio, sussulta: una voce lo chiama. «Van, Van, caro fratellino!» Non c'è nessuno accanto a lui! La voce riprende: «Van, caro fratellino!» Caccia un grido di gioia: «Oh! è mia sorella, Teresa Sì, sono veramente tua sorella, Teresa... Sarai ormai personalmente il mio fratellino... A partire da oggi, le nostre due anime non saranno che una sola anima, nel solo amore di Dio... Dio vuole che le lezioni d'amore che mi ha insegnato un tempo nel profondo del cuore, si perpetuino in questo mondo. Per questo, si è degnato di sceglierti come piccolo segretario per realizzare la sua opera».
Raccontagli i tuoi giochi alle bilie
Da moltissimo tempo, Van desidera farsi sacerdote: «Per questo, scriverà, ho sacrificato tutto, imponendomi numerosi sforzi tanto spirituali quanto corporali». Ma, un giorno, Teresa gli dice: «Van, fratellino mio, ho da dirti una cosa importante... Ma essa ti renderà molto triste... Dio mi ha fatto conoscere che non sarai sacerdote». Il ragazzo comincia a singhiozzare: «Non potrò mai vivere senza esser sacerdote... Van, replica Teresa, se Dio vuole che il tuo apostolato si eserciti in un'altra sfera, che ne pensi?... Quel che rimane la cosa più perfetta, è il fatto di seguire la volontà del nostro Padre Celeste... Sarai prima di tutto apostolo attraverso la preghiera ed il sacrificio, come fui un tempo io stessa». Teresa orienta allora lo sguardo di Van su un passaggio tanto importante della Storia di un'anima: «Ho capito che solo l'Amore faceva agire i membri della Chiesa... Ho capito che l'Amore comprendeva tutte le vocazioni, che l'Amore era tutto, che abbracciava tutti i tempi e tutti i luoghi... in breve, che è Eterno».
Van rimane imbarazzato: «Teresa, sorella, in che consiste questa vocazione nascosta, se non divengo sacerdote? Entrerai in un convento, dove ti consacrerai a Dio». Nel corso di una notte dell'inverno 1942-1943, Van fa un sogno misterioso: «Scorsi qualcuno che si avvicinava al mio capezzale... Il personaggio, tutto vestito di nero, era abbastanza alto ed il suo viso spirava una grande bontà... Mi fece questa domanda: «Figlio mio, vuoi?» Spontaneamente, risposi: «sì»». Qualche giorno dopo, Van scopre nell'istituto una statua che assomiglia stranamente al suo sogno: è quella di sant'Alfonso de' Liguori, fondatore dei Redentoristi (1696-1787). Santa Teresa gli conferma la sua vocazione di Religioso redentorista, poi gli annuncia nuove prove: «Fratellino caro, incontrerai spine sulla strada, ed il cielo ora sereno si coprirà di nuvole scure... Verserai lacrime, perderai la gioia e sarai come un uomo ridotto alla disperazione... Ma ricordati che così il mondo ha trattato Gesù e un Redentorista assomiglia al suo Salvatore... Tuttavia, non aver paura. Durante la tempesta, Gesù continuerà a vivere nella barca della tua anima... Fratellino, non mi sentirai più parlare così familiarmente con te come faccio ora. Non credere che ti abbandoni; al contrario, rimango senza posa accanto a te come deve fare una sorella maggiore... In questo mondo, è la sofferenza che è la prova del tuo amore, è la sofferenza che dà al tuo amore tutto il suo senso ed il suo valore».
Fino in fondo alla strada
In realtà, all'inizio di agosto, raccomandato da una persona amica, Van viene accolto dai Redentoristi di Hanoi in qualità di domestico e, il successivo 17 ottobre, è finalmente ammesso al postulato e riceve il nome di Fra Marcello. Dopo le gioie iniziali, le croci non mancano: soprattutto le canzonature dei confratelli. Fin dal noviziato, su richiesta del suo consigliere spirituale, scrive la sua autobiografia. Per due anni, Gesù, Maria e Teresa gli riservano il favore di colloqui intimi. Ma, il 9 settembre 1946, giorno successivo alla prima pronuncia dei voti, Gesù gli dice: «Figlio mio, la tua missione, ora, è quella di sacrificare gli istanti di dolce intimità con me, per permettermi di andare in cerca dei peccatori... Poi, caro il mio Van, sappi che avrai da soffrire a causa dei superiori e dei confratelli; ma queste prove saranno il segno che sei gradito al mio Cuore. Ti chiedo l'elemosina di tutte queste sofferenze, per unirti a me nell'opera di santificazione dei sacerdoti».
Fra Marcello entra in una nuova «notte» della fede. Tutto il lato sensibile sparisce e rimane soltanto la monotonia del sacrificio, nella fede pura. Nel 1950, il giovane Monaco viene mandato a Saigon, poi a Da Lat. Nel luglio del 1954, il Viet Nam del Nord è abbandonato ai comunisti: numerosi sono i cattolici che fuggono verso il Sud. Alcuni Redentoristi restano nell'istituto di Hanoi, per curarsi dei cristiani rimasti. Fra Marcello comprende che Gesù gli chiede di raggiungerli: «Ci vado, dice, perchè ci sia qualcuno che ama il Buon Dio in mezzo ai comunisti». In capo ad alcune settimane, scrive alla sorella Annamaria: «Molto spesso, sono oppresso dalla tristezza, e non faccio che pensare: Ah! se non fossi venuto a Hanoi... Ma c'era una tale insistenza nella voce di Gesù!»
Il sabato 7 maggio 1955, andando al mercato, sente gente che critica il governo del Sud. Fra Marcello interviene: «Io vengo dal Sud e il governo non ha mai agito in tal modo!» Pochi minuti dopo, viene arrestato e condotto nell'ufficio della Pubblica Sicurezza, poi incarcerato. Cinque mesi dopo, viene trasferito nella prigione centrale di Hanoi, dove ritrova numerosi cattolici e sacerdoti. Scrive al suo Superiore: «Se volessi vivere, mi sarebbe facile: basterebbe che accusassi lei. Ma stia tranquillo, non vi consentirò mai». Poi, al confessore: «Nel corso degli ultimi mesi, ho dovuto lottare con tutte le forze e sopportare tutti i supplizi del lavaggio del cervello. Il nemico ha utilizzato molti stratagemmi per farmi capitolare, ma non ho ammesso nessuna viltà». Alla sorella: «Nulla mi può togliere l'arma dell'amore. Nessuna afflizione è capace di cancellare il sorriso benevolo che lascio apparire sul volto smagrito. E per chi la carezza del mio sorriso, se non per Gesù, l'Amato Bene?... Sono vittima dell'Amore e l'Amore è tutta la mia letizia, una letizia indistruttibile».
Povero curato di una parrocchia
Nell'agosto del 1957, Fra Marcello Van viene trasferito al campo n° 2. Dopo un tentativo di evasione, per andare alla ricerca di ostie, viene ripreso, picchiato e rinchiuso in una segreta malsana. Tutto diventa più duro attorno a lui: non ha più visite, nè posta, e, all'inizio del 1958, passa tre mesi in ceppi, solo, senza appoggi, nè luce, tranne quella che gli brilla nel cuore. Consumato dalla tubercolosi e dal beriberi, esala l'ultimo respiro il 10 luglio 1959, all'età di 31 anni.
Subito dopo aver pronunciato i voti, Fra Marcello Van aveva sentito Gesù dirgli: «Figlio mio, per amore per gli uomini, offri te stesso insieme a me, affinchè siano salvati». Certo del valore della sofferenza unita a quella di Cristo, ha scritto: «Gesù voleva servirsi del mio corpo per patire la sofferenza, la vergogna e la spossatezza, affinchè la fiamma dell'Amore che divora il suo Cuore divino potesse diffondersi nel cuore di tutti gli uomini sulla terra». Chiediamogli di insegnarci a trasformare la tristezza delle nostre sofferenze in gioia di esser partecipi dell'amore redentore del Salvatore.
Il processo informativo in vista della beatificazione
di Van è stato aperto nel 1997.