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17 maggio 2007 Ascensione del Signore |
Alberto Hurtado Cruchaga è nato a Viña del Mar in Cile, il 22 gennaio 1901. Ha appena quattro anni quando muore suo padre. Sua madre, Ana, nello sconforto di questa improvvisa vedovanza che la lascia senza mezzi, si rifugia con i due figli nella capitale. Santiago. Senza domicilio, essi devono trasferirsi di casa in casa alla mercé di parenti più o meno ben disposti. Alberto soffre molto di questa condizione familiare precaria; nonostante tutto, riesce nei suoi studi e, nel marzo 1918, inizia a studiare legge all'Università cattolica del Cile.
«Chi amare?»
Ma un simile amore del prossimo è possibile? Sì, spiega il Papa Benedetto XVI: «Si rivela così possibile l'amore del prossimo nel senso enunciato dalla Bibbia, da Gesù. Esso consiste appunto nel fatto che io amo, in Dio e con Dio, anche la persona che non gradisco o neanche conosco. Questo può realizzarsi solo a partire dall'intimo incontro con Dio, un incontro che è diventato comunione di volontà arrivando fino a toccare il sentimento. Allora imparo a guardare quest'altra persona non più soltanto con i miei occhi e con i miei sentimenti, ma secondo la prospettiva di Gesù Cristo. Il suo amico è mio amico. Al di là dell'apparenza esteriore dell'altro scorgo la sua interiore attesa di un gesto di amore, di attenzione« Posso dare all'altro ben più che le cose esternamente necessarie: posso donargli lo sguardo di amore di cui egli ha bisogno» (Enciclica Deus caritas est, 25 dicembre 2005, n. 18).
Alberto esita tra il sacerdozio, la vita consacrata e il matrimonio. Alla fine, dopo un'intensa preghiera, egli si offre al Signore: «Io Ti dono tutto ciò che sono e possiedo, voglio donarTi tutto, serviTi dove non ci sarà nessun limite al dono totale di me stesso», poi opta per il noviziato nella Compagnia di Gesù. Il 7 agosto 1923, il giovane supera brillantemente l'esame finale all'Università cattolica e consegue il titolo di avvocato. Nonostante la prospettiva di un avvenire che si annuncia molto promettente, egli entra nel noviziato dei Gesuiti. Scrive a un amico: «Eccomi finalmente Gesuita, felice e contento come non è possibile esserlo di più a questo mondo. Rendo grazie a Dio che mi ha guidato fino a questo Paradiso, dove si può appartenerGli completamente 24 ore su 24». Inviato a Córdoba, in Argentina, egli vi pronuncia i suoi voti, il 15 agosto 1925. Il suo spirito di servizio gli fa chiedere gli umili lavori della cucina. S'impegna nella pratica delle virtù, in particolare nel rispetto del prossimo: «Non criticare i miei confratelli, coprire il loro difetti, parlare delle loro qualità. Parlare sempre bene dei Superiori e delle loro disposizioni». In effetti, «l'onore è la testimonianza sociale resa alla dignità umana, e ognuno gode di un diritto naturale all'onore del proprio nome, alla propria reputazione e al rispetto. Ecco perché la maldicenza e la calunnia offendono le virtù della giustizia e della carità» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2479).
Alberto Hurtado viene inviato in Spagna per studiarvi teologia. Ma nel 1931, i disordini politici che imperversano nella penisola iberica lo costringono a trasferirsi all'Università di Lovanio, in Belgio. Le testimonianze dei suoi confratelli sono unanimi nel descriverlo gioioso, ardente lavoratore, servitore di tutti. Il 24 agosto 1933, viene ordinato prete. «Ci siamo, mi vedi d'ora in avanti sacerdote del Signore! scrive a un amico« Dio mi ha concesso la grande grazia di vivere contento in tutte le case in cui ho vissuto, e con tutti i compagni che ho avuto. Ma ora, ricevendo per sempre l'ordinazione sacerdotale, sono al colmo della felicità. Da questo momento, non desidero altro che esercitare il mio ministero con la più intensa vita interiore e un'attività esteriore compatibile con la prima. Il segreto di questa armonia e del successo è nella devozione al Sacro Cuore di Gesù, cioè nell'Amore traboccante di Nostro Signore».
Il più in alto possibile
Animato da un grandissimo fervore sacerdotale, il Padre Hurtado è un modello di devozione eucaristica; un missionario cappuccino ha potuto dire che se i preti celebrassero la Messa nello stesso suo modo, diventerebbero tutti santi. Nel 1941, viene nominato assistente dell'Azione Cattolica giovanile per la città di Santiago, il che estende il suo apostolato agli allievi dei licei pubblici. Egli incoraggia le vocazioni. In un libro intitolato: Il Cile è un Paese cattolico?, egli apre gli occhi dei suoi contemporanei sulla situazione del loro paese, segnalando il grave problema della mancanza di vocazioni sacerdotali. Ma questa difficoltà non intacca il suo ottimismo di base, e presto il suo successo pastorale lo fa nominare assistente nazionale della gioventù cattolica. Egli percorre il paese, predicando ovunque dei ritiri.
In occasione di una grande fiaccolata in onore della Santissima Vergine Maria, sulla collinetta che domina Santiago, il Padre Alberto si rivolge alle migliaia di giovani presenti: «Se Cristo scendesse questa notte, vi ripeterebbe guardando la città: Ho pietà di lei; e, voltandosi verso di voi, vi direbbe con molta tenerezza: Voi siete la luce del mondo. Voi dovete illuminare queste tenebre. Chi vuole collaborare con me? Volete essere miei apostoli?» Il Padre fa così eco a sant'Ignazio che, nei suoi Esercizi spirituali, impresta a Gesù queste parole: «La mia volontà è quella di conquistare il mondo intero, di sottomettere tutti i miei nemici, e di entrare così nella gloria di mio Padre. Colui che vuol venire a me lavori con me; mi segua nelle mie fatiche, per seguirmi anche nella gloria» (n. 95). E il Padre Hurtado commenta, mettendo queste parole in bocca a Gesù: «Ho bisogno di te. Non ti obbligo, ma ho bisogno di te per realizzare i miei progetti di amore. Se tu non vieni, resterà incompiuta un'opera che tu, e tu solo, puoi realizzare. Nessuno può farsi carico di quell'opera, perché ognuno ha il suo ruolo da svolgere. Guarda il mondo, le messi già mature, quanta fame, quanta sete nel mondo!« Molti hanno fame di religione, di spiritualità, di fiducia, di senso della vita».
Il trionfo dei fallimenti
In una notte fredda e piovosa, egli incontra un pover'uomo, malato, tremante, che si avvicina e gli dice di non avere dove ripararsi. La sua miseria lo fa fremere. Qualche giorno dopo, predicando un ritiro a un gruppo di signore, egli parla della povertà che regna a Santiago: «Cristo vaga per le nostre strade nella persona di tanti poveri, sofferenti, malati, cacciati fuori dai loro poveri tuguri« Cristo non ha un focolare! Non potremmo offrirgliene uno, noi che abbiamo la fortuna di avere una casa confortevole, cibo in abbondanza, i mezzi necessari per educare i nostri figli e garantire il loro avvenire? Tutto quello che avete fatto a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l'avete fatto a me, (Mt 25,40)». Alla fine del ritiro, riceve un terreno, dei gioielli, alcuni assegni, che permettono la nascita del «Hogar de Cristo» (Focolare di Cristo). Sei mesi dopo, l'arcivescovo di Santiago ne benedice la prima sede. Quest'opera non cessa da quel momento di ampliarsi per ricevere i più poveri, creando una corrente di solidarietà che oltrepasserà le frontiere del paese. Ma il suo scopo è principalmente spirituale: «Una delle prime qualità che noi dobbiamo restituire ai nostri poveri è la coscienza de loro valore personale, della loro dignità di cittadini e, ancor più, di figli di Dio».
La prima povertà
Nel 1947, il Padre Hurtado fonda con dei giovani universitari l'Azione Sindacale ed Economica Cilena (ASICH), come mezzo per «realizzare un lavoro che renda la Chiesa presente nell'ambiente professionale». L'opera offre agli operai una formazione cristiana incentrata sull'insegnamento sociale della Chiesa per difendere la dignità del lavoro umano al di fuori di qualsiasi influenza ideologica. «Ci sono delle persone, scrive il Padre, che vogliono progredire, ma senza dolore. Non hanno compreso che cosa vuol dire crescere. Vogliono svilupparsi attraverso il canto, lo studio, il piacere, ma non attraverso la fame, l'angoscia, il fallimento, il duro sforzo quotidiano, né attraverso l'accettazione dell'impotenza che ci insegna ad affidarci al potere di Dio, né attraverso l'abbandono dei progetti personali, che ci fa riconoscere quelli di Dio. La sofferenza è benefica perché mi mostra i miei limiti, mi purifica, mi fa stendere sulla croce di Cristo, mi obbliga a volgermi verso Dio». Nel contesto di questo lavoro, il Padre si reca negli Stati Uniti e in Europa, partecipando, tra l'altro, alla 34a settimana sociale a Parigi, poi alla Settimana internazionale dei Gesuiti a Versailles. A Lione, egli partecipa al congresso di teologi moralisti sulle relazioni tra la Chiesa e lo Stato. La sua opinione sul movimento cattolico sociale in Francia è positiva, ma comporta diverse riserve, in particolare sui discorsi sentiti al Congresso di Lione. Egli nota «un desiderio eccessivo di rinnovamento e una certa tendenza a dimenticare i veri valori della Chiesa, la visione tradizionale». Questa tendenza ha come conseguenza di lasciare la Chiesa «senza dirigenti autenticamente cristiani, ma solo con uomini dalla mistica sociale, e non social-cristiana»; tuttavia, egli osserva che vi è «un grande desiderio di servire la Chiesa e una dedizione molto reale». In occasione di un pellegrinaggio a Roma, nell'ottobre di quello stesso anno, egli riceve gli incoraggiamenti del Generale dei Gesuiti nonché del Papa Pio XII.
Come uno scoglio battuto dalle onde
Ma il Padre Hurtado, che è un santo, tiene i piedi per terra: egli sa che l'uomo, anche nel servizio di Dio, deve risparmiare le sue energie: «Non bisogna esagerare ed esaurire le proprie forze in un eccesso di tensione verso la conquista. L'uomo generoso ha tendenza ad avanzare troppo in fretta: egli vorrebbe instaurare il bene e polverizzare l'ingiustizia, ma vi è un'inerzia degli uomini e delle cose di cui bisogna tener conto. Misticamente, si tratta di camminare al passo di Dio, di situarsi esattamente nel piano di Dio. Qualsiasi sforzo che volesse oltrepassarlo è inutile, anzi peggio ancora, dannoso. L'attività verrà sostituita dall'attivismo che monta come lo champagne, pretende di raggiungere obiettivi inaccessibili e non lascia tempo alla contemplazione. L'uomo cessa di essere padrone della sua vita« Il pericolo dell'azione eccessiva è la compensazione. Una persona esaurita la cerca facilmente. Questo momento è tanto più pericoloso per il fatto che si è perso in parte il controllo di se stessi. Il corpo è stanco, i nervi a fior di pelle, la volontà vacillante. Le più grandi sciocchezze diventano possibili in queste circostanze. Allora, bisogna semplicemente ridurre il ritmo, ritrovare la calma con amici veramente buoni, recitare macchinalmente il proprio rosario e sonnecchiare dolcemente in Dio».
Nel gennaio del 1950, l'episcopato boliviano lo invita a partecipare al primo «Incontro Nazionale dei Dirigenti dell'Apostolato Economico e Sociale». La Gioventù Agricola Cattolica boliviana sollecita anch'essa la sua presenza a un'assemblea nazionale. «È giunta l'ora, egli dice ai giovani, in cui la nostra azione economico-sociale non può limitarsi a ripetere delle consegne generali tratte dalle encicliche papali, ma deve proporre soluzioni ben studiate e di applicazione immediata nel campo economico e sociale». Nel frattempo, il suo interesse per l'apostolato intellettuale lo spinge a fondare la rivista «Mensaje» (Messaggio), rivista che egli desidera di «alto livello», per offrire una formazione religiosa, filosofica e sociale.
Una collaborazione di ogni istante
Il Padre Hurtado muore santamente il 18 agosto 1952, circondato dai confratelli della comunità. Poco prima, aveva scritto: «Partendo, ritornando presso mio Padre, vorrei affidarvi un ultimo desiderio: ogni volta che si fanno sentire le necessità e le pene dei poveri, cercate il mezzo per aiutarli come si aiuterebbe il Maestro». La Messa del suo funerale è un vero e proprio trionfo. All'uscita dalla chiesa, si forma una croce di nuvole nel Cielo, fatto impressionante rilevato dai giornali dell'epoca.
Il Padre Hurtado è stato beatificato il 16 ottobre 1994 da Giovanni Paolo II, e canonizzato il 23 ottobre 2005 da Benedetto XVI, che faceva notare: «Nel suo ministero sacerdotale [sant'Alberto Hurtado] si distinse per la sua semplicità e la sua disponibilità verso gli altri, essendo un'immagine viva del Maestro, «mite e umile di cuore». Alla fine dei suoi giorni, tra i forti dolori causati dalla malattia, ebbe ancora forze per ripetere: «Contento, Signore, contento» esprimendo così la gioia con la quale visse sempre».
Chiediamo a sant'Alberto Hurtado di ottenerci la grazia di una gioia profonda al servizio di Dio e del prossimo, attraverso le sofferenze che questa dedizione impone.