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10 gennaio 2006 San Gregorio Nisseno, vescovo |
Il cappellano conosce bene il tenente Darreberg. Ha già sparpagliato ai quattro venti la sua prima educazione cristiana, e ne è molto fiero. Quando dichiara: «Non ho nessuna voglia di diventare un Santo, assolutamente no, ma proprio il contrario», si è colpiti dalla sua strana sincerità. Nel campo, si è assunto l'incarico di distrarre i compagni di prigionia, sua vocazione personale, dice. Infatti, con lui non ci si annoia.
Una frottola pietosa?
Il 12 novembre, il cappellano riceve una lettera di Darreberg, imbucata il 20 ottobre a La Salette: «Sappia, prima di tutto, che sono stato costretto a compiere un viaggio piuttosto lungo, senza conoscere troppo le comodità». Infatti, dopo esser giunto a Stoccarda nel camion del pane, egli si è recato alla stazione ferroviaria ed è riuscito a sistemarsi sui respingenti esterni di un vagone del treno in partenza per Costanza. Ad ogni fermata, si lasciava scivolare sotto uno degli assali del vagone, per non essere scoperto. Ha viaggiato nello stesso modo anche fra Costanza e Basilea. Ormai, in Svizzera, è libero e si è potuto recare a Lione, poi a La Salette. «Ora, glielo posso dire, continua, che mi sentivo chiamato irresistibilmente. Bisognava che ci andassi... Sono qui da cinque giorni e vivo come in un sogno... Quanto sono stato sciocco parlando di «frottola pietosa»; è vero che, già allora, non la pensavo tale. Nel corso del viaggio, ho capito già molte cose. Qui, ho trovato un sacerdote che mi ha spiegato la storia di questa montagna».
Ecco, qui di seguito riassunta, la storia. Il 19 settembre 1846, due giovani ignoranti, Massimino (undici anni) e Melania (quasi quindici anni) custodiscono i loro greggi sulla montagna, sopra al paesetto di La Salette, nella diocesi di Grenoble. Un vivo chiarore appare loro, nel quale distinguono, in un atteggiamento di profondo dolore, quella che chiameranno «la Bella Signora», seduta, con la testa fra le mani ed il seno scosso da singhiozzi. I due pastorelli provano di primo acchito una gran paura, ma la Bella Signora si alza e li chiama con una voce dolcissima: «Venite qui, bambini, non abbiate paura». Senza esitare più a lungo, si precipitano e si piazzano talmente vicino a lei, che quasi la toccano. Essa porta sulle spalle e sul petto due catene che trattengono una croce sulla quale sanguina Cristo rifulgente di luce.
I suoi occhi sono pieni di una tristezza immensa: «Ha pianto per tutto il tempo che ci ha parlato, dirà Melania; ho visto proprio scorrere le lacrime». Essa dice loro: «Se il mio popolo non vuole sottomettersi, sarò costretta a lasciar andare il braccio di mio Figlio; è talmente forte e pesante che non posso più trattenerlo... Vi ho dato sei giorni per lavorare, mi sono riservata il settimo e non me lo si vuol concedere... Coloro che guidano i carri non sanno bestemmiare senza mettere il nome di mio Figlio in mezzo (alle loro bestemmie). Sono le due cose che appesantiscono tanto il braccio di mio Figlio». Dopo aver parlato di raccolti disastrosi dovuti ai peccati degli uomini, aggiunge: «Se si convertiranno, le pietre e le rocce si cambieranno in montagne di grano...» Conclude così: «Su, bambini, trasmettete questo messaggio a tutto il mio popolo». Infine, salendo verso l'alto del pianoro, si solleva da terra e sparisce lentamente.
Come tanti altri, in ginocchio
«Maria, Madre piena d'amore, scriveva Papa Giovanni Paolo II, il 6 maggio 1996, ha mostrato a La Salette la sua tristezza di fronte al male morale dell'umanità. Con le sue lacrime, ci aiuta ad afferrare meglio la dolorosa gravità del peccato, del rifiuto di Dio, ma anche la fedeltà appassionata di suo Figlio nei riguardi dei suoi figli, Lui, il Redentore, il cui amore è ferito dalla dimenticanza e dai dinieghi».
«Il peccato è un'offesa a Dio: Contro di te, contro te solo ho peccato. Quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto (Salmi 51, 6). Il peccato si erge contro l'amore di Dio per noi e allontana da esso i nostri cuori. Come il primo peccato, è una disobbedienza, una ribellione contro Dio, a causa della volontà di diventare come Dio, conoscendo e determinando il bene e il male (Gen. 3, 5). Il peccato pertanto è «amore di sè fino al disprezzo di Dio» (Sant'Agostino). Per tale orgogliosa esaltazione di sè, il peccato è diametralmente opposto all'obbedienza di Gesù che realizza la salvezza... La varietà dei peccati è grande. La Scrittura ne dà parecchi elenchi. La Lettera ai Galati contrappone le opere della carne al frutto dello Spirito: Le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; e circa queste cose vi preavviso, come ho già detto, che chi le compie non erediterà il Regno di Dio (Gal. 5, 19-21)» (CCC 1850-1852).
A La Salette, Nostra Signora insiste particolarmente sui peccati contro Dio per mancanza di rispetto nei riguardi del suo Nome. Il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna: «Tra tutte le parole della Rivelazione, ve ne è una, singolare, che è la rivelazione del Nome di Dio... Il nome del Signore è santo. Per questo l'uomo non può abusarne. Lo deve custodire nella memoria in un silenzio di adorazione piena d'amore. Non lo inserirà tra le sue parole, se non per benedirlo, lodarlo e glorificarlo. Il rispetto per il Nome di Dio esprime quello dovuto al suo stesso Mistero e a tutta la realtà sacra da esso evocata... La bestemmia consiste nel proferire contro Dio interiormente o esteriormente parole di odio, di rimprovero, di sfida, nel parlare male di Dio, nel mancarGli di rispetto nei propositi, nell'abusare del nome di Dio... La proibizione della bestemmia si estende alle parole contro la Chiesa di Cristo, i Santi, le cose sacre. È blasfemo anche ricorrere al nome di Dio per mascherare pratiche criminali, ridurre popoli in schiavitù, torturare o mettere a morte... La bestemmia è di per sè un peccato grave... Le imprecazioni, in cui viene inserito il nome di Dio, senza intenzione di bestemmia, sono una mancanza di rispetto verso il Signore» (CCC 2143-2144, 2148-2149).
Il settimo
La partecipazione alla celebrazione comune dell'Eucaristia domenicale è una testimonianza di appartenenza e di fedeltà a Cristo: «La Messa è la rappresentazione viva del sacrificio della Croce. Sotto le specie del pane e del vino, sulle quali è stata invocata l'effusione dello Spirito, che agisce con un'efficacia assolutamente unica nelle parole della consacrazione, Cristo si offre al Padre con il medesimo gesto di immolazione con cui si offrì sulla Croce... Al proprio sacrificio, Cristo unisce quello della Chiesa: «Nell'Eucaristia, il sacrificio di Cristo diviene pure il sacrificio delle membra del suo Corpo. La vita dei fedeli, la loro lode, la loro sofferenza, la loro preghiera, il loro lavoro, sono uniti a quelli di Cristo e alla sua offerta totale, ed in questo modo acquistano un valore nuovo» (CCC 1368)» (Ibid., 43).
«Essendo veramente l'Eucaristia il cuore della domenica, si capisce perchè, fin dai primi secoli, i pastori non abbiano cessato di ricordare ai fedeli la necessità di partecipare all'assemblea liturgica... Il Codice di Diritto canonico ribadisce tale obbligo, affermando che «la domenica e gli altri giorni di festa di precetto, i fedeli sono tenuti all'obbligo di partecipare alla Messa» (canone 1247). Tale legge è stata normalmente compresa come presupposto di un obbligo grave... Se la partecipazione all'Eucaristia è il cuore della domenica, sarebbe tuttavia riduttivo limitare unicamente a ciò il dovere di «santificarla». Il giorno del Signore, infatti, è vissuto bene se è totalmente caratterizzato dalla memoria riconoscente ed attiva delle meraviglie di Dio. Ciò impone a ciascun discepolo di Cristo di dare anche in altri momenti della giornata, vissuti all'infuori del contesto liturgico la vita di famiglia, le relazioni sociali, gli spazi destinati alle distrazioni uno stile atto a far risaltare la pace e la gioia del Risuscitato nella struttura ordinaria della vita» (Ibid., 32; 46; 47; 52).
Un ronzio senza valore?
«Il centro della nostra fede è Cristo, Redentore dell'uomo, ricordava Papa Giovanni Paolo II, il 16 ottobre 2002. Maria non lo offusca; essa non offusca la di lui opera salvifica. Salita in cielo con il corpo e l'anima, la Vergine, prima ad assaporare i frutti della Passione e della Risurrezione del Figlio, è colei che, nel più sicuro dei modi, ci porta a Cristo, fine ultimo dei nostri atti e di tutta la nostra esistenza... Vi è uno strumento migliore della preghiera del Rosario, per contemplare il volto di Cristo con Maria? Tuttavia, dobbiamo riscoprire la profondità mistica racchiusa nella semplicità di questa preghiera, cara alla tradizione popolare. Nella sua struttura, tale preghiera mariana, infatti, è soprattutto una meditazione dei misteri della vita e dell'opera di Cristo. Ripetendo l'invocazione Ave Maria, possiamo approfondire gli eventi essenziali della missione del Figlio di Dio sulla terra, che ci sono stati tramandati dal Vangelo e dalla Tradizione» (Udienza generale).
La preghiera, e particolarmente il rosario, ci apre alla speranza. Papa Giovanni Paolo II scrive, a proposito di La Salette: «Nostra Signora chiede che il suo messaggio «sia trasmesso a tutto il suo popolo», attraverso la testimonianza dei due fanciulli. E, infatti, la loro voce si farà sentire rapidamente. Verranno i pellegrini; vi saranno molte conversioni. Maria era apparsa in un luce che evoca lo splendore dell'umanità trasfigurata dalla Risurrezione di Cristo: La Salette è un messaggio di speranza, perchè la nostra speranza è sostenuta dall'intercessione di Colei che è la Madre degli uomini. Le rotture non sono irrimediabili. La notte del peccato si ritira davanti alla luce ed alla misericordia divine. La sofferenza umana accettata può contribuire alla purificazione ed alla salvezza» (6 maggio 1996).
Sei penny di milta
Ancora più stupefacente è la conversione di un altro pilota di caccia, Norton. «Norton è il grande asso del gruppo, scrive Darreberg. Ma è di temperamento volgare e scettico. Mi ha chiesto: «Che significa la data del 19 (apparizione di La Salette, il 19 settembre)?» Volevo svignarmela, ma ho pensato: «Lo trasmetterete a tutto il mio popolo». In breve, glielo ho spiegato. Ha replicato, canzonatorio: «Credevo che lei fosse meno scemo». Un po' difficile da mandar giù. Non ho insistito... 25 dicembre 1941: Natale. Cosa diventa un giorno simile, quando Gesù Bambino è stato scacciato!... Norton è stato più che mai odioso. Mi sono alzato da tavola. Ha detto: «I collitorti se ne vanno, sta per piovere». Mi sono sforzato di chiudere la porta senza far rumore».
Il 14 aprile 1942, approfittando dei casi di un combattimento aereo, Norton spara contro Darreberg; un attimo più tardi, questi gli salva la vita abbattendo l'aereo che lo inseguiva. La sera, alla base: «Norton mi si avvicina: «Darreberg, le ho sparato. Perchè? La odiavo. E ora? Lei mi ha salvato la vita. Mi perdoni». Ci siamo stretti la mano... Grazie, Nostra Signora di La Salette». Il 13 giugno, Norton è colpito da proiettili nemici. «14 giugno: non c'è più speranza per Norton. Amputazione delle due gambe e del braccio destro. Ha fatto appello alle sue ultime forze per chiedermi: «Mi dia la sua medaglia... Non per guarire... Per non morire come un cane». Il volto gli si era tutto raggrinzito per via della sofferenza. «Che ha detto, Darreberg, voglio saperlo ora, prima di morire». Non è mai troppo tardi... «Non ho mai pregato, confessa Norton. Come fare? Me ne sono sempre infischiato... È stato battezzato? No, ma voglio, voglio come lei... Darreberg, ho voluto ucciderla... Le chiedo di perdonarmi. Mi dica che mi ha perdonato». È arrivato il cappellano cattolico. Norton ha ricevuto il sacramento del Battesimo. Poi, l'infermiera gli ha detto: «Le faccio un po' di morfina. Potrà dormire. No, grazie... Mi lasci soffrire fino all'ultimo momento... Devo pagare, bisogna che paghi». A domani, caro Norton «Forse... Dica ai compagni... Dica loro di perdonarmi». Il sacerdote ha fatto il seguente commento: «La Santa Vergine è una grande ladra di anime. Ha visto: Essa è più abile del diavolo!» 15 giugno: Norton è morto stamane. L'inferimiera mi ha detto: L'ha chiamata per tutta la notte. Ripeteva: «Credo, come Darreberg... Voglio montagne di grano». Gli ho comunque dato della morfina e si è addormentato. Poco fa, ha aperto gli occhi ed ha mormorato ancora: «Ecco la Signora della Montagna. Sorride. Non piange. Perchè Darreberg diceva che piangeva?» Sono le sue ultime parole. È morto proprio ora».
«Mi aspetto una gioia straordinaria!»
«A La Salette, Maria ha chiaramente manifestato la costanza della sua preghiera per il mondo. Essa non abbandonerà mai gli uomini che sono creati ad immagine e somiglianza di Dio e a cui è concesso di diventare figli di Dio (ved. Giov. 1, 12)» (Giovanni Paolo II, 6 maggio 1996). La conversione di Darreberg manifesta la potenza dell'intercessione della nostra Madre Celeste: abbiamo una totale fiducia in Lei!