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4 giugno 2017 Pentecoste |
Durante una Via crucis percorsa con i giovani a Rio de Janeiro (Brasile), il 26 luglio 2013, papa Francesco sottolineava : « Nella Croce di Cristo c’è tutto l’amore di Dio, c’è la sua immensa Misericordia. E questo è un amore di cui possiamo fidarci, nel quale possiamo credere… fidiamoci di Gesù, affidiamoci a Lui perché Lui non delude mai nessuno ! Solo in Cristo morto e risorto troviamo la Salvezza e la Redenzione. »
La Croce di Cristo è stato il grande mistero predicato dal beato Frédéric Janssoone, un grande apostolo del XIX secolo, il cui zelo si è esteso su tre continenti. Nato il 19 novembre 1838 a Ghyvelde, villaggio fiammingo nei pressi di Dunkerque, all’estremo nord della Francia, ha come padre Pierre-Antoine, modesto agricoltore che possiede le doti dei fiamminghi : l’apprezzamento del lavoro ben fatto, il senso della famiglia, una fede semplice e solida. La madre, Marie-Isabelle, moglie eccellente e saggia madre di famiglia, che darà la vita a tredici figli da due matrimoni successivi, è una fervente cristiana ; consacra tutti i suoi figli alla Santa Vergine e desidera ardentemente avere tra di loro dei sacerdoti. In questa famiglia armoniosa, si prega in comune ; si recita il rosario meditando i misteri della vita di Gesù (in ogni “Ave Maria”, si inserisce la menzione del mistero che si medita). Federico racconterà che un giorno, avendo sentito dei passi della vita dei Padri del Deserto, i quattro bambini più piccoli decidono di farsi eremiti e scompaiono ; di sera, vengono trovati in preghiera dietro un mucchio di fieno ! La famiglia Janssoone è rinomata per la sua carità verso i poveri, che trovano in quella casa vitto e alloggio. L’arcivescovo di Cambrai, dopo aver incontrato questa famiglia durante una visita pastorale, confiderà : « No, non pensavo che potessero esistere ancora oggi delle famiglie così profondamente cristiane. »
Colpito da un cancro allo stomaco, Pierre-Antoine Janssoone lascia questo mondo nel 1848, mormorando ai suoi : « Che Dio vi custodisca ! » Federico ha solo dieci anni, è il primo della classe nella scuola elementare, e confida alla madre il suo desiderio di diventare prete. Il maggiore dei figli, Pierre, è appena entrato nel seminario maggiore. Gli studi sono molto costosi, ma Marie-Isabelle non esita : ci si sacrificherà perché questo sogno diventi realtà. Federico inizia brillanti studi secondari ; ma ben presto, rovinata a causa di investimenti sfortunati, sua madre si ammala. Federico deve lasciare il collegio per cercare lavoro ; suo fratello Pierre ha anch’egli lasciato il seminario per motivi di salute. I due fratelli trovano un impiego a Estaires, in una ditta di stoffe. Federico inizia modestamente come fattorino. La sua abilità gli vale una rapida promozione. Dapprima commesso, poi socio del figlio del suo datore di lavoro, può guardare al suo avvenire professionale con ottimismo, e persino sognare di sposare la figlia del suo principale.
Sotto il saio francescano
La morte della madre, nel 1861, lo spinge a riprendere gli studi contemporaneamente al lavoro. La signora Janssoone portava in cielo il desiderio sempre vivo di contare uno o più preti tra i suoi figli (una figlia è già religiosa). Pierre entrerà nelle Missioni Estere ed eserciterà per quarantadue anni un apostolato in India, dove morirà in odore di santità nel 1912. Un altro figlio, Henri, ammesso tra i francescani, morirà annegato nel 1867. Federico, quanto a lui, non pensava più alla chiamata di Dio ; ma la morte della madre, di cui scopre che si è offerta al Signore, lo fa tornare al suo progetto di consacrazione totale. Bussa alla porta dell’abbazia cistercense di Le Mont-des-Cats, ma l’abate, sconcertato dai i suoi modi mondani, lo distoglie dalla Trappa. Federico si volge allora all’Ordine Francescano. Entra nel giugno 1864 nel convento di Amiens e vi riceve subito l’abito, consistente nel saio marrone. La vita in noviziato è austera, il freddo invernale rigoroso e la povertà molto reale. Dopo aver superato un periodo di dubbi sulla sua vocazione, pronuncia i voti il 18 luglio 1865. Inizia gli studi a Limoges e li continua a Bourges, dove viene ordinato prete nel 1870, all’età di trentadue anni.
La Francia ha appena dichiarato guerra alla Prussia. Padre Federico viene mobilitato come cappellano di un ospedale militare installato nel convento delle Dame del Sacro Cuore, a Bourges ; lì, aiuta molti soldati feriti o malati di tifo a riconciliarsi con il Signore. A partire dalla fine delle ostilità, nel 1871, viene inviato a Bordeaux, in un monastero di nuova fondazione di cui diventa ben presto il superiore. Egli eccelle nell’organizzazione di ampie manifestazioni religiose ; il 2 agosto, in particolare, giorno dell’indulgenza della Porziuncola concessa ai fedeli che visitano devotamente una chiesa francescana (la Porziuncola, ad Assisi, è il luogo che san Francesco amava di più al mondo, perché, in questa cappellina, aveva ricevuto l’assicurazione che i suoi peccati erano perdonati), riunisce venticinquemila persone attorno al santuario della Madonna degli Angeli. Fino alla sua morte, padre Federico farà della festa del 2 agosto un grande evento di salvezza. Ma egli non è fatto per essere superiore e, a partire dal 1873, viene sollevato da questo fardello che lo schiaccia, per essere impiegato nella predicazione di missioni parrocchiali. Queste “missioni all’interno” hanno come obiettivo una “nuova evangelizzazione” dei cristiani dimentichi dei loro doveri religiosi. Tuttavia, nel 1876, il Padre chiede e ottiene il suo invio in Terra Santa per sei anni. Dal 1342, la Chiesa affida ai francescani la “custodia”, vale a dire la missione di custodire i luoghi santificati dalla vita e dalla Passione di Cristo, e di accogliervi i pellegrini. Seimila francescani si sono succeduti in Palestina e duemila di loro hanno bagnato la Terra Santa con il loro sangue. Arrivato a Gerusalemme, padre Federico inizia con il fare un lungo ritiro di quattro mesi nel convento del Santo Sepolcro, sul luogo stesso in cui Gesù è stato sepolto e dove è risuscitato.
Artigiano di pace
Nel 1878, viene nominato vicario della Custodia, vale a dire primo assistente del Custode (superiore dei francescani di Terra Santa). Il vicario deve svolgere tre compiti : un ruolo diplomatico nei confronti della Francia, l’incarico di Penitenziere, vale a dire la responsabilità del servizio spirituale delle comunità francofone, e un ruolo amministrativo che comprende la costruzione e la manutenzione dei conventi e delle chiese cattoliche. A questo titolo, padre Federico farà costruire la chiesa di Santa Caterina a Betlemme santuario destinato a compensare la perdita della basilica della Natività, occupata dagli ortodossi a partire dal XVIII secolo. Questa chiesa verrà terminata nel 1882, dopo trattative laboriose con il vescovo ortodosso, il pascià turco e il console di Francia. Padre Federico costruirà anche la chiesa di San Salvatore a Gerusalemme.
Nel 1881, il governo anticlericale francese decreta l’espulsione dei cinquemila religiosi appartenenti a congregazioni non autorizzate. Questa misura infligge un duro colpo alle missioni cattoliche sostenute dalla Francia. Nel mese di agosto dello stesso anno, padre Federico s’imbarca per il Canada per predicarvi a favore delle missioni in Terra Santa. Vittima dell’inverno del Québec, si ammala gravemente. Una volta guarito, torna in Palestina nel giugno 1882. Deve allora placare le discordie a volte cruente che dividono i cristiani di diverse confessioni religiose (cattolici e ortodossi divisi in diversi patriarcati nazionali) riguardo all’uso delle basiliche del Santo Sepolcro a Gerusalemme e della Natività a Betlemme. In uno spirito di ampia concertazione con i rappresentanti delle varie chiese, padre Federico si adopera a mettere per iscritto dei regolamenti fino ad allora puramente orali. A tal fine, osserva minuziosamente, giorno e notte, con l’aiuto di un confratello, le usanze in vigore nei santuari, e redige due opere di cinquecento e trecento pagine, dedicate rispettivamente alle usanze del Santo Sepolcro e di Betlemme. Questi regolamenti fanno ancora testo oggi. Durante le sue innumerevoli peregrinazioni in Terra Santa, padre Federico acquisisce anche una perfetta conoscenza della storia dei Luoghi Santi. Si prende cura dei pellegrini cattolici che, durante il loro soggiorno, abitano il paese rozzo e scomodo che è la Palestina di allora. Per loro, fa costruire il centro di ospitalità di Notre-Dame de France e vi organizza ritiri. Nel 1884, vi accoglierà il proprio fratello, missionario.
Un cammino di compassione
Fin dal XIV secolo, i francescani di Terra Santa si sono abituati a percorrere con i pellegrini, il venerdì, la “Via Dolorosa” – il percorso seguito da Gesù Cristo nella sua Passione dal pretorio di Pilato fino al Golgota e al Santo Sepolcro –, per pregare nel luogo stesso in cui il Signore ha sofferto e dato la sua vita. Questa pratica è all’origine della devozione della Via crucis, diffusa un po’ ovunque nel mondo cristiano dai francescani. Il numero delle stazioni di questa Via sarà fissato a quattordici nel XVII secolo. Nella prima metà del XVIII secolo, san Leonardo da Porto Maurizio, francescano italiano, si è segnalato come uno dei grandi promotori di questa devozione. Nel 1878, padre Janssoone la ripristina con discrezione a Gerusalemme ; ben presto, ottiene dall’autorità politica ottomana il privilegio di predicarla solennemente in pubblico il Venerdì Santo. La sua predicazione viene considerata da molti pellegrini come il culmine del loro pellegrinaggio. A partire da quella data, i francescani dirigono ogni settimana la Via crucis nella Città Vecchia di Gerusalemme, sulla “Via Dolorosa”.
Aprendo largamente il tesoro spirituale di cui ha la custodia – tesoro costituito dai meriti infiniti del Salvatore e dai meriti sovrabbondanti della Vergine Maria e dei Santi –, la Chiesa concede un’indulgenza plenaria a ogni fedele che compia il pio esercizio della Via crucis (oppure, in caso di impedimento, si unisca a quella del Sommo Pontefice, ritrasmessa dalla televisione o dalla radio, o ancora mediti per un quarto d’ora sulla Passione). La Via crucis è un cammino di compassione per le sofferenze di Cristo, e ancor più un percorso di conversione che comporta il riconoscimento dei propri peccati, causa profonda delle sofferenze e della morte di Gesù in Croce, e la richiesta di perdono a Dio suo Padre. Essa è strutturata attorno a due grandi poli : la contemplazione delle scene della Passione, e il suo corollario : il nostro cammino sulle orme di Cristo nella vita quotidiana, al seguito della Vergine. La tradizione ci dice, infatti, che Maria fu la prima a ripercorrere la via seguita da suo Figlio fino al Calvario. A ognuna delle quattordici stazioni corrisponde una meditazione su un momento della Via dolorosa (non sempre citato nel Vangelo, come l’incontro con santa Veronica), completata da una preghiera e dal canto di una strofa dello Stabat Mater o di un altro cantico appropriato.
Nascita di un santuario
Richiesto in Canada da molti sacerdoti che non ne hanno dimenticato il primo soggiorno, padre Federico riceve, nell’aprile del 1888, tramite un breve papale, l’obbedienza di Commissario di Terra Santa in Canada. La sua missione consiste nel trovare i mezzi necessari alla salvaguardia e al miglior funzionamento dei Luoghi Santi di Palestina. Per questo, predicherà, raccoglierà elemosine e organizzerà numerosi pellegrinaggi. Appena arrivato a Trois-Rivières, città situata tra Montréal e Québec, padre Federico viene invitato a predicare in occasione della consacrazione alla Madonna del Rosario di una chiesetta costruita nel 1720 a Cap de la Madeleine, sulle rive del fiume San Lorenzo. Il 22 giugno 1888, egli intronizza in questa chiesa una statua della Madonna della Medaglia Miracolosa e profetizza che la “Madonna del Capo” diventerà il principale santuario di Maria in Canada. La sera stessa, verso le 19, tre uomini entrano nella chiesetta per pregare : padre Federico, padre Désilets, parroco del luogo, e Pierre Lacroix, un uomo disabile. Essi vedono improvvisamente la statua spalancare gli occhi che normalmente sono abbassati. La Vergine guarda dritto davanti a sé, con un’espressione di gravità mista a tristezza. Questo prodigio dura da cinque a dieci minuti. A partire da quel giorno, padre Federico sarà l’apostolo instancabile del pellegrinaggio della Madonna del Capo, che egli farà conoscere ovunque durante i suoi viaggi e attraverso la rivista “Les Annales du Très Saint Rosaire”. L’afflusso crescente dei pellegrini giustificherà, nel 1897, la costruzione di un diramazione della ferrovia per condurre fino al santuario. Nel 1902, sollecitato da troppi compiti, padre Federico affiderà il santuario agli Oblati di Maria Immacolata ; due anni dopo, la Santa Sede concederà alla statua della Madonna del Capo il raro privilegio della “incoronazione”. Durante la cerimonia, spetterà a padre Federico portare la corona che il vescovo poserà sulla fronte della statua, come segno della regalità spirituale di Maria. A partire dal 1955, per soddisfare la devozione dei fedeli, gli Oblati costruiranno, accanto alla “chiesetta”, una imponente basilica, completata nel 1964.
Ma l’apostolato di padre Federico in Québec, dove soggiorna ventotto anni, si esercita anche in molti altri campi. Egli si prodiga generosamente al servizio della sua patria di adozione come predicatore, missionario itinerante e giornalista. Predica, di parrocchia in parrocchia, le grandi verità della fede, in particolare i novissimi dell’uomo (morte, giudizio, paradiso, inferno), di cui il beato Paolo VI dirà : « Ecco uno dei canoni fondamentali della vita cristiana : essa deve essere vissuta in funzione del suo destino escatologico, futuro ed eterno. Sì, vi è di che tremare ; è ancora la voce profetica di san Paolo che ci ammonisce : Con timore e con tremore cercate di assicurarvi la vostra salvezza (Fil 2,12). Da questa considerazione sulla gravità e sulla problematica della nostra sorte finale la moralità, anzi la santità della vita cristiana ha derivato amplissima meditazione, ed energie senza pari » (28 aprile 1971). Lo stesso Papa farà notare : « Dei novissimi pochi parlano e poco. Il Concilio, però, ci ricorda le solenni verità escatologiche che ci riguardano, compresa quella terribile di un possibile eterno castigo, che chiamiamo l’inferno, sul quale Cristo non usò reticenze (cfr. Mt 22,13 ; 25,41… Costituzione Lumen Gentium, 48) ». (8 settembre, 1971). Colpiti dall’eloquenza semplice e forte di padre Federico, molti fedeli chiedono di confessare i loro peccati. Per ascoltarli, lo accompagna una “schiera” di preti ; quanto agli incredibili favori ricevuti dalle persone che ricorrono alla sua preghiera, il Padre li attribuisce all’intercessione della Madonna del Capo e alle reliquie che ha portato dalla Terra Santa.
Tragitti fecondi
Da vero francescano, padre Federico pratica la più rigorosa povertà che, non solo esclude il superfluo, ma concede con parsimonia il necessario. Come questuante, grosse somme passano nelle sue mani ; ma il suo abbigliamento, il suo nutrimento, i suoi mobili, tutto, in lui, mostra il più grande distacco. Missionario itinerante, s’impone un ritmo di vita che avrebbe esaurito saluti molto più robuste della sua. L’urgenza di evangelizzare le anime per salvarle dalla perdizione è per lui una cosa evidente. Echeggiano nel suo cuore le parole di san Paolo : Guai a me se non annuncio il Vangelo !… L’amore di Cristo ci spinge (1Cor 9,16 ; 2Cor 5,14). Quindi non si lascia sfuggire le occasioni di predicare a Sainte-Anne de Beaupré e all’Oratorio di San Giuseppe, opera del santo Fratel Andrea a Montréal. Approfitta dei tragitti in battello sul San Lorenzo (ventiquattro ore da Trois-Rivières a Montréal, e trentasei ore da Trois-Rivières a Beaupré in prossimità di Québec) per predicare ai passeggeri. Un testimone l’ha sentito parlare, quattro ore di fila, senza che nessuno mostrasse stanchezza. Padre Federico fonda anche tre Vie crucis per sviluppare questa devozione in Canada.
Il Venerdì Santo del 2005, qualche giorno prima della morte di san Giovanni Paolo II, il cardinale Ratzinger predicava la Via crucis. Nell’introduzione, così spiegava il significato di questa devozione : « La preghiera della Via crucis si può intendere come una via che porta alla comunione profonda, spirituale con Gesù, senza la quale la comunione sacramentale rimarrebbe vuota… A questa visione si contrappone una comprensione puramente sentimentale della Via crucis, del cui pericolo il Signore avverte le donne di Gerusalemme che piangono su di lui. Il semplice sentimento non basta ; la Via crucis dovrebbe essere una scuola di fede, di quella fede che, per sua natura, opera per mezzo della carità (Gal 5,6). Questo però non significa che debba essere escluso il sentimento… La Via crucis ci mostra un Dio che condivide, egli stesso, le sofferenze degli uomini, il cui amore non rimane impassibile e distante, ma scende in mezzo a noi, fino alla morte sulla Croce. Il Dio che condivide le nostre sofferenze, il Dio fattosi uomo per portare la nostra croce, vuole trasformare il nostro cuore di pietra e chiamarci a condividere le sofferenze altrui, vuole darci un “cuore di carne” che non resti impassibile di fronte alle sofferenze altrui, ma si lasci toccare e ci conduca all’amore che risana e aiuta…
Con questo ci spiega anche quel che significa la frase che Egli pronuncia in san Matteo : Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua (Mt 16,24). Con tutte queste parole egli stesso offre l’interpretazione della Via crucis, ci insegna come dobbiamo pregarla e seguirla : la Via crucis è la via del perdere noi stessi, cioè la via dell’amore vero. Su questa via egli ci ha preceduto. » Il Venerdì Santo del 2013, papa Francesco faceva notare che la Via crucis ci aiuta a deciderci per (o contro) Gesù : « La Croce è anche giudizio : Dio ci giudica amandoci… Se accolgo il suo amore sono salvato, se lo rifiuto sono condannato, non da Lui, ma da me stesso, perché Dio non condanna, Lui solo ama e salva » (29 marzo 2013).
Venditore a domicilio
Padre Federico utilizza tutti i mezzi di comunicazione a sua disposizione perché l’opinione pubblica stessa sia toccata dalla Buona Novella. Fino alla fine della sua vita, fa anche, instancabilmente, del “porta a porta” per ottenere doni, vendere libri di devozione e soprattutto portare alle anime la buona parola. A settantadue anni, trascorre ancora un mese intero in questa “vendita a domicilio”, al ritmo di dodici ore al giorno. Di notte, sottrae spesso tempo al sonno di cui ha pur tanto bisogno, per dedicarsi all’apostolato della scrittura. Pubblica, in uno stile semplice e popolare, innumerevoli articoli di giornale, più di trenta libri e opuscoli, in particolare una vita di Nostro Signore Gesù Cristo e una vita di San Francesco che diventeranno a quell’epoca dei best seller in Canada. Ma il suo libro preferito è “Le ciel, séjour des élus”1.
Benché sappia trarre in inganno con il suo brio e la sua resistenza eccezionale, padre Federico rimane di salute fragile. Confida a un amico stretto i suoi continui dolori di stomaco, che gli impediscono quasi di nutrirsi. Il suo riposo è il lavoro apostolico : termina sempre una missione parrocchiale in una forma migliore di quella in cui l’ha iniziata. Nel 1916 tuttavia, subisce un crollo durante un pellegrinaggio ; gli viene diagnosticato allora un cancro avanzato allo stomaco. Nel periodo di cinquanta giorni del suo ricovero a Montréal, assalito da tentazioni di disperazione e da altre vessazioni diaboliche, viene confortato dal sacramento dell’Estrema Unzione che, come spiega il Catechismo della Chiesa Cattolica, « fortifica contro le tentazioni del maligno, cioè contro la tentazione di scoraggiamento e di angoscia di fronte alla morte » (CCC 1520). Padre Federico spira il 4 agosto 1916 ; la sua tomba si trova a Trois-Rivières, nella chiesa dei francescani. San Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato il 25 settembre 1988.
Chiediamo a questo ardente apostolo della Croce di aiutarci a cogliere la verità di queste parole di papa Francesco, il 26 luglio 2013 : « Che cosa ha lasciato la Croce in coloro che l’hanno vista e in coloro che l’hanno toccata ? Che cosa lascia la Croce in ciascuno di noi ? Vedete : lascia un bene che nessuno può darci : la certezza dell’amore fedele di Dio per noi ! »