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5 giugno 2001 Mese del Sacro Cuore |
Una cinquantina d'anni prima, il 20 settembre 1870, un esercito di 60 000 piemontesi, comandati dal re di Sardegna Vittorio Emanuele II, penetrava in Roma, capitale della cristianità, e privava il Beato Pio IX della sovranità temporale di cui avevano beneficiato i vescovi di Roma dall'epoca di Carlomagno in poi. In quell'ora critica, il Papa e l'universo cattolico erano angosciati, non sapendo come, in tali circostanze, la Chiesa sarebbe potuta rimanere libera da intralci politici. Volendo affidare l'avvenire della Chiesa alla misericordia divina, Pio IX la pose sotto la protezione speciale di san Giuseppe, che dichiarò «Patrono della Chiesa Cattolica».
San Giuseppe è «un protettore di qualità». Infatti, «Giuseppe è stato il custode, l'economo, l'educatore, il capo della famiglia in cui il Figlio di Dio ha voluto vivere sulla terra. È stato, insomma, il protettore di Gesù. E la Chiesa, nella sua saggezza, ha concluso: se è stato il protettore del corpo, della vita fisica e storica di Cristo, in Cielo Giuseppe sarà certamente il protettore del Corpo mistico di Cristo, vale a dire della Chiesa» (Paolo VI, 19 marzo 1968). Il patrocinio di san Giuseppe, afferma Papa Giovanni Paolo II, «deve essere invocato, ed è sempre necessario alla Chiesa, non solo per difenderla dai pericoli che rinascono senza posa, ma anche e soprattutto per sostenerla nei suoi raddoppiati sforzi di evangelizzazione del mondo e di nuova evangelizzazione dei paesi e delle nazioni in cui la religione e la vita cristiana erano un tempo più che mai fiorenti e sono ora messe a dura prova» (Esortazione Apostolica Redemptoris Custos, 15 agosto 1989, n. 29).
Di primo acchito, san Giuseppe si presenta come un personaggio assolutamente scialbo. «Visto allo specchio della narrazione evangelica, diceva Papa Paolo VI, Giuseppe ci appare sotto l'aspetto più saliente di un'estrema umiltà: un modesto e povero lavoratore, oscuro, che non presenta nulla di singolare, che non lascia, nel Vangelo stesso, alcun accento della sua voce. Questo non riferisce nessuna sua parola e si limita a parlare del suo atteggiamento, della sua condotta, di quel che ha fatto, e tutto ciò in una silenziosa discrezione ed in una perfetta obbedienza» (19 marzo 1965).
Ai nostri piedi
Nel corso della storia, numerosi santi si sono rivolti a san Giuseppe per cantarne le lodi, implorare la sua protezione ed imitare le sue virtù. Per esempio, suor Maria Repetto, suora «brignolina», che Papa Giovanni Paolo II ha beatificato il 4 ottobre 1981, aveva una fiducia illimitata in san Giuseppe. Figlia di un notaio, Maria Repetto è la maggiore di una famiglia di undici figli. Nata il 31 ottobre 1807 a Voltaggio, a nord-ovest di Genova (Italia), viene battezzata il giorno stesso. I genitori Repetto trasmettono ai loro figli una fede profonda e l'amore per i poveri. Quattro delle loro figlie si faranno suore ed un figlio sarà ordinato sacerdote. Il 7 maggio 1829, Maria si presenta alla Casa delle Figlie di Nostra Signora del Rifugio (dette «Brignoline»), a Bisagno (vicino a Genova), per impegnarsi nella vita religiosa. Il 15 agosto 1829 veste l'abito e, due anni dopo, pronuncia i voti.
Suor Maria osserva la regola delle Brignoline con una fedeltà eccezionale, umile e semplice, calma ed edificante. È addetta inizialmente al cucito: il laboratorio di cucito permette alle Suore di assicurare la vita materiale della Casa. Vi si ricamano, con fili di seta o d'oro, tovaglie, camicie o ricche vesti vendute a gente facoltosa, che se le strappa, talmente il lavoro è perfetto. L'ottima qualità di tale lavoro nasce dall'amore che le suore vi portano, imitando san Giuseppe. «Una delle espressioni dell'amore nella vita della Famiglia di Nazareth, scrive Papa Giovanni Paolo II, è il lavoro. Il testo evangelico precisa attraverso quale tipo di lavoro Giuseppe cercava di assicurare la sussistenza della sua Famiglia: quello di falegname... L'ubbidienza di Gesù nella casa di Nazareth è così intesa come una partecipazione al lavoro di Giuseppe. Colui che era chiamato il «figlio del falegname» aveva appreso il lavoro del padre putativo» (Redemptoris custos, nn. 22-23). Gesù imparava da san Giuseppe a lavorare perfettamente: «Nella crescita umana di Gesù in saggezza, in grandezza e in grazia, una virtù ebbe una parte importante: la coscienza professionale» (ibid.).
Patrono dei diplomatici
Il Beato Giovanni XXIII, l'eroicità delle cui virtù è stata riconosciuta da Papa Giovanni Paolo II il 20 dicembre 1999, considerava anch'egli san Giuseppe come un modello per i diplomatici. Quando fu nominato Visitatore apostolico in Bulgaria, Monsignor Roncalli, il futuro Giovanni XXIII, diceva al cadinale Gasparri che aveva scelto la festa di san Giuseppe per ricevere la consacrazione episcopale «perchè questo santo deve essere, sembra, il miglior maestro e patrono dei diplomatici della Santa Sede. Ah! davvero, disse il Cardinale, non mi aspettavo questa risposta. Eppure, creda, Eminenza: saper obbedire, saper tacere, parlare quando si deve, con misura e riserva, è il compito di un diplomatico della Santa Sede, ed è quello di san Giuseppe. Ed ecco che, per ubbidienza, si mette immediatamente in viaggio alla volta di Betlemme; cerca un rifugio, poi veglia presso la grotta; otto giorni dopo la nascita di Gesù, compie il rito ebraico, che consacrava l'appartenenza dei neonati al popolo eletto; ecco che poi riceve con onore i Magi, splendidi ambasciatori dell'Oriente; eccolo quindi sulle vie dell'Egitto, poi di ritorno a Nazareth, sempre obbediente e silenzioso; di volta in volta, presenta e nasconde Gesù, lo difende e lo nutre. Per quanto lo riguarda, è sempre discreto e rimane nell'ombra dei misteri del Signore, sui quali, in ogni circostanza, un angelo proiettava una nota leggera e passeggera di luce celeste».
A modo suo, suor Maria Repetto imita l'esempio di san Giuseppe. Riceve la gente con gentilezza ed affabilità, e non lascia mai andarsene nessuno senza una parola buona, un consiglio o una raccomandazione spirituale. Si mostra di una grande semplicità, affabile, ma riservata nelle parole. Una specie di attrazione emana dal suo comportamento, che invita alla fiducia ed al rispetto. Per quanto la sua pazienza sia angelica, essa non le è tuttavia naturale. Ripete essa medesima: «Bisogna avanzare controcorrente», grazie alla preghiera ed al sacrificio. Malgrado le scortesie, i tormenti ed i dispiaceri, si applica a conservare il sorriso. Tutti i giorni, dieci o venti persone suonano, ma l'ultima la trova gentile quanto la prima.
«San Giuseppe si è commosso!»
Un altro giorno, è una moglie che raccomanda suo marito diventato cieco. La suora le consiglia di pregare san Giuseppe, poi va nella sua stanza e gira verso il muro il quadro che raffigura il santo, dicendo: «Prova un po' anche tu quel che significa essere nel buio». Il giorno seguente, la donna torna ed annuncia che, improvvisamente, il marito ha ricuperato la vista. Subito suor Maria corre nella sua stanza e rigira il quadro, dicendo con semplicità: «Grazie, san Giuseppe!» Il suo modo di fare, che può stupire, denota una libertà del tutto filiale nei riguardi del grande santo.
Per esercitare il suo apostolato, suor Maria conserva a portata di mano medaglie di san Giuseppe, che distribuisce generosamente. Dà spesso anche «Giuseppini»: immagini di san Giuseppe, su stoffa o carta, di un centimetro e mezzo di lato. Dopo una delicata operazione, la cui piaga non si rimargina, una donna va a chiedere preghiere. «Applichi un Giuseppino sulla parte malata, risponde suor Maria. Pregherò san Giuseppe e la guarirà». La preghiera è ben presto esaudita: la piaga smette di suppurare e la cicatrice si forma. Numerose altre guarigioni vengono ottenute allo stesso modo.
«Il senso religioso del popolo cristiano, insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica, in ogni tempo, ha trovato la sua espressione nelle varie forme di pietà che circondano la vita sacramentale della Chiesa, quali la venerazione delle reliquie, le visite ai santuari, i pellegrinaggi, le processioni, la «via crucis», il rosario, le medaglie, ecc. Queste espressioni sono un prolungamento della vita liturgica della Chiesa, ma non la sostituiscono» (nn. 1674-1675). Attraverso l'uso delle medaglie, i fedeli si pongono sotto la protezione dei santi raffigurati; sono portati ad affidarsi ad essi, e la preghiera che rivolgono loro può ottenere numerose grazie.
Avaro egoismo o previdente carità?
Suor Maria imita Cristo povero. Non indossa mai vesti nuove, ma si serve di quelle usate delle altre suore, dopo averle adattate e raccomodate: «È un lusso, dice, portare qualcosa di nuovo, quando basta qualcosa di vecchio». Manifesta il suo amore per la povertà anche attraverso l'attenzione che presta agli indigenti che si rivolgono a lei. Non si videro mai tanti poveri mendicare presso la Casa delle Brignoline, che al momento in cui suor Repetto fu addetta alla porteria. Non potendo distribuire loro grandi cose, dà quel che ha: pane, un po' di cibo, vestiti, qualche soldo. Nel refettorio, mette un tronco che porta l'iscrizione: «Per i poveri di suor Repetto», e le altre Suore l'aiutano così a sovvenire alle necessità degli infelici. Mendica per essi anche presso la Superiora, gli amministratori e le persone agiate che si recano al convento. Riceve con una mano e distribuisce con l'altra.
Al primo udirmi...
«L'adesione caratteristica di san Giuseppe alla volontà di Dio è l'esempio su cui dobbiamo meditare oggi, diceva Papa Paolo VI il 19 marzo 1968... Vediamo in san Giuseppe una docilità stupefacente, un'eccezionale prontezza d'obbedienza e d'esecuzione. Non discute, non esita, non fa valere diritti o aspirazioni... Giuseppe accetta il proprio destino perchè gli è stato detto: Non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perchè colui che in lei è concepito è opera dello Spirito Santo. E Giuseppe obbedisce. Più tardi, gli sarà ingiunto: bisogna partire, perchè il neonato Salvatore è in pericolo. Ed affronta un lungo viaggio attraverso i deserti bruciati dal sole, senza risorse nè conoscenze, esiliato in un paese straniero e pagano; sempre fedele e pronto alla voce del Signore che, in seguito, gli ordinerà di riprendere la via del ritorno. Appena tornato a Nazareth, ricomincia la vita abituale di artigiano», alternando lavoro e preghiera.
Anche suor Maria, oltre al suo lavoro di portinaia, si dedica alla preghiera. Sempre raccolta, non smette di intrattenersi con Dio, perfino lungo i corridoi della Casa. Senza la minima ostentazione, ma in un soffio d'amore, pronuncia i nomi di Gesù e di Maria. Medita
assiduamente la Passione e compie quotidianamente la «via crucis». Per pregare bene, si affida a san Giuseppe, poichè «il celeste protettore favorisce, in modo sorprendente, l'avanzamento spirituale delle anime che si raccomandano a lui», afferma santa Teresa d'Avila (Libro della mia vita, cap. 6). La riformatrice dell'ordine delle Carmelitane scrive altresì: «Conoscendo per lunga esperienza lo stupefacente credito di san Giuseppe presso Dio, vorrei convincere tutti di onorarlo con un culto particolare. Finora, ho sempre visto le persone che hanno avuto per lui une devozione vera e sostenuta dalle opere, progredire nella virtù... Mi accontento quindi di scongiurare, per amor di Dio, coloro che non mi credessero, di provare; vedranno per esperienza quanto sia vantaggioso raccomandarsi al glorioso patriarca, ed onorarlo con un culto particolare. Soprattutto le persone dedite alla preghiera dovranno sempre amarlo con tenerezza filiale... Che colui che non trova nessuno per insegnargli a pregare, scelga quest'ammirevole santo quale maestro: non avrà da temere di perdersi sotto la di lui guida» (ibid.).
Incomparabile maestro di preghiera, san Giuseppe è anche «custode delle vergini» e protettore della castità coniugale. Scelto da Dio per diventare lo sposo di Maria, è stato dotato di una purezza che brilla più del sole. Così la Santissima Vergine si è affidata a lui in perfetta sicurezza, come al custode della sua verginità. Del pari, suor Maria affida la propria consacrazione verginale alla potente protezione di san Giuseppe. Lo prega con zelo anche per la conversione dei peccatori. Il bene delle anime le sta a cuore in primissimo luogo. Quando le si raccomandano malati, risponde: «La prima grazia da richiedere è la salvezza dell'anima». Per rendere più efficace la sua preghiera, vi aggiunge la penitenza. Il Buon Dio si compiace di rivelare a quest'anima semplice ed umile certi eventi futuri. Una famiglia è da un anno senza notizie di un tal Bartolomeo. La madre di questi manda la figlia da suor Maria. Essa si reca allora in chiesa a pregare davanti al quadro che raffigura san Giuseppe, poi torna con l'aria gioiosa: «Lei mi chiede notizie di suo fratello: è già a Genova e la aspetta». Un giorno, suor Emanuela le chiede quando la loro fondatrice, Virginia Centurione, sarà collocata sugli altari. Suor Maria assicura: «Una delle sue figlie sarà onorata prima di lei», non sapendo che designava così se stessa, altrimenti non avrebbe detto nulla. Virginia Centurione fu infatti beatificata nel 1985, quattro anni dopo Maria Repetto.
Non ancora!
Il 5 gennaio 1890, suor Maria è presa da una leggera convulsione. Poco dopo, apre gli occhi, li alza, tende le braccia e mormora sorridendo: «Regina cæli, lætare, alleluia (Regina del Cielo, rallegrati, alleluia!)». Finalmente, rende l'anima: anima che è in Cielo, nell'Amore infinito della Trinità. Il 4 ottobre 1981, Papa Giovanni Paolo II la proclama beata e, in tale occasone, dice: «Più ancora della porta del convento, ha mantenuto aperto il suo cuore a tutti, per dare sempre e dare tutto a Dio ed ai poveri, nella serenità e nella gioia».
Seguendo l'esempio della beata Maria Repetto, ricorriamo a san Giuseppe per tutte le nostre necessità, temporali e spirituali, ed applichiamoci ad imitare le sue virtù. Il Beato Giovanni XXIII affermava, il 19 marzo 1961: «Chiunque voglia salvarsi, essere al sicuro nella casa del Padre e conservare i doni preziosi della natura e della grazia ricevuti da Dio, deve semplicemente conformarsi al perpetuo insegnamento del Vangelo e della Chiesa, di cui l'umile vita di san Giuseppe ci offre un esemplio molto attraente». È la grazia che noi Le auguriamo.