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10 Novembro 2000 San Leone Magno, Papa |
Il Santo Padre pronunciava queste parole al termine del centenario della nascita di Santa Maria Goretti. Essa nacque il 16 ottobre 1890 a Corinaldo, provincia d'Ancona (Italia), in una famiglia povera di beni terrestri, ma ricca di fede e di virtù: ogni giorno, preghiere in comune e rosario; la domenica, Messa e santa Comunione. Maria è la terza dei sette figli di Luigi Goretti e di Assunta Carlini. Fin dal giorno dopo la nascita, viene battezzata e consacrata alla Santa Vergine. Il sacramento della Cresima le sarà dato all'età di sei anni.
Dopo la nascita del quarto figlio, Luigi Goretti, troppo povero per sostentarsi nel suo paese d'origine, emigra con la famiglia verso le vaste pianure, ancora malsane a quell'epoca, della campagna romana. Si stabilisce a Le Ferrriere di Conca, al servizio del Conte Mazzoleni. Lì, Maria non tarda a rivelare un'intelligenza ed un giudizio precoce. Non le si potrà mai rimproverare un capriccio, una disubbidienza o una bugia. È veramente l'angelo della famiglia.
In capo ad un anno di lavoro spossante, Luigi è colpito da una malattia che lo porta via in dieci giorni. Un lungo calvario comincia per Assunta ed i suoi figli. Maria piange spesso la morte del padre ed approfitta della minima occasione per inginocchiarsi davanti al cancello del cimitero: il suo papà è forse in Purgatorio, e siccome non ha i mezzi per far dire Messe per il riposo della sua anima, si sforza di supplire con preghiere. Non bisognerebbe pensare che questa bambina pratichi la bontà naturalmente. I suoi progressi stupefacenti sono il frutto della preghiera. Sua madre dirà che il rosario le era diventato in un certo modo necessario, e, infatti, essa lo porta sempre avvolto intorno al polso. Attinge dalla contemplazione del crocifisso un intenso amore per Dio ed un profondo orrore per il peccato.
«Voglio Gesù»
Il fatto di aver ricevuto il Pane degli Angeli aumenta in Maria l'amore per la purezza, e le fa prendere la risoluzione di conservare a qualsiasi prezzo quest'angelica virtù. Un giorno, dopo aver sentito uno scambio di parole disoneste fra un ragazzo ed una delle sue compagne, dice indignata a sua madre: «Mamma, come parla male quella ragazza! Fa' ben attenzione a non partecipare mai a simili conversazioni. Non posso neanche pensarci, mamma; piuttosto che farlo, preferirei...» e la parola «morire» le rimane sulle labbra. Un mese dopo, la voce del suo sangue finirà la frase...
Entrando al servizio del Conte Mazzoleni, Luigi Goretti si è associato con Giovanni Serenelli e suo figlio Alessandro. Le due famiglie hanno appartamenti separati, ma una cucina in comune. Luigi non ha tardato a rimpiangere la sua unione con Giovanni Serenelli, persona talmente diversa dai suoi, bevitore e senza ritegno nelle parole. Dopo la sua morte, Assunta ed i suoi figli sono caduti sotto il giogo dispotico dei Serenelli. Maria, che ha capito la situazione, si sforza di sostenere sua madre: «Coraggio, mamma, non aver paura, stiamo diventando grandi. Basta che Nostro Signore ci dia la salute. La Provvidenza ci aiuterà. Lotteremo, lotteremo!»
Sempre nei campi, dopo la morte di suo marito, la Signora Goretti non ha il tempo di occuparsi nè della casa, nè dell'istruzione religiosa dei più piccoli. Maria si occupa di tutto, per quel tanto che può. Non si siede a tavola se non dopo aver servito tutti e prende per sè solo i resti. La sua disponibilità si estende anche ai Serenelli. Dal canto suo, Giovanni, la cui moglie è deceduta all'ospedale psichiatrico d'Ancona, si occupa ben poco del figlio Alessandro, solido marcantonio di diciannove anni, sboccato, vizioso, che si diverte a tappezzare la sua stanza di immagini oscene ed a leggere libri cattivi. Sul letto di morte, Luigi Goretti ha presentito il pericolo che rappresenta per i suoi figli la compagnia dei Serenelli, ed ha ripetuto senza posa alla moglie: «Assunta, torna a Corinaldo!» Purtroppo, Assunta è piena di debiti e vincolata da un contratto di affitto di fondo rustico.
Un giglio immacolato
Il 5 luglio, si battono le fave sull'aia, ad una quarantina di metri dalla casa d'abitazione. Alessandro conduce un carro tirato da buoi e lo fa girare e rigirare sulle fave stese sul suolo. Verso le tre del pomeriggio, mentre Maria è sola in casa, Alessandro domanda: «Assunta, le dispiacerebbe guidare per un istante i buoi al posto mio?» Senza nessun sospetto, la donna accetta. Maria, seduta sulla soglia della cucina, rammenda una camicia che Alessandro le ha dato dopo la colazione, sorvegliando nello stesso tempo la sorellina, Teresina, che dorme accanto a lei.
«Maria! grida Alessandro Cosa vuoi? Voglio che tu mi segua. Perchè? Seguimi! Dimmi quel che vuoi, altrimenti non ti seguo». Davanti a tanta resistenza, il ragazzo la prende violentemente per un braccio e la trascina nella cucina, di cui sbarra la porta. La bambina grida, ma la sua voce non giunge all'esterno. Non riuscendo a far cedere la sua vittima, Alessandro la imbavaglia e brandisce un pugnale. Maria trema ma non cede. Furente, il ragazzo prova a strapparle con violenza i vestiti. Maria si libera dal bavaglio e grida: «Non farlo... È un peccato... Andrai all'inferno». Poco preoccupato del giudizio di Dio, il disgraziato alza l'arma: «Se non vuoi, ti ammazzo». Davanti alla sua resistenza, la trafigge di colpi. La bambina grida: «Dio mio! Mamma!» e cade a terra. Credendola morta, l'assassino butta il coltello ed apre la porta per fuggire, quando la sente gemere ancora. Torna sui suoi passi, raccoglie l'arma e la trafigge di nuovo da parte a parte, poi sale nella sua stanza e vi si barrica.
Maria ha ricevuto quattordici ferite gravi; è svenuta. Ritornando in sè, chiama il Signor Serenelli: «Giovanni! Alessandro mi ha ammazzata... Venga...» Quasi contemporaneamente, Teresina, svegliata dal rumore, lancia un grido stridente, che la Signora Goretti sente. Spaventata, dice al giovane figlio Mariano: «Va' subito a cercare Maria; dille che Teresina la chiama». In quel momento, Giovanni sale per le scale e, vedendo l'orribile spettacolo che si presenta ai suoi occhi, esclama: «Assunta e anche tu Mario, venite!» Mario Cimarelli, un operaio della fattoria, sale i gradini a quattro a quattro. La mamma arriva a sua volta: «Mamma! geme Maria Che cosa è successo? È Alessandro che mi ha voluto del male!» Si chiamano il medico ed i carabinieri, che arrivano appena in tempo per impedire che i vicini, sovreccitati, mettano a morte Alessandro seduta stante.
Non una goccia d'acqua!
Maria è divorata dalla sete: «Mamma, dammi una goccia d'acqua. Mia povera Maria, il dottore non vuole, ti farebbe ancora più male». Stupita, Maria continua: «È mai possibile che non possa avere una goccia d'acqua!» Lancia uno sguardo a Gesù sulla Croce che, anche lui, aveva detto: «Ho sete!» e si rassegna. Il cappellano dell'ospedale la assiste paternamente. Al momento di darle la Santa Comunione, la interroga: «Maria, perdoni di tutto cuore al tuo assassino?» Essa reprime una repulsione istintiva, poi risponde: «Sì, gli perdono per amore di Gesù... e voglio che venga anche lui con me in Paradiso... Lo voglio accanto a me... Che Dio gli perdoni, perchè io gli ho già perdonato...» È con questi sentimenti, quelli di Cristo stesso sul Calvario, che riceve l'Eucaristia e l'Estrema Unzione, serena, tranquilla, umile nell'eroismo della sua vittoria. La fine si avvicina. La si sente chiamare: «Papà». Finalmente, dopo un ultimo appello a Maria, entra nella gioia immensa del Paradiso. È il 6 luglio 1902, sono le tre del pomeriggio.
«Perdete il vostro tempo, Monsignore»
Una notte, Maria gli appare in sogno, vestita di bianco, nei giardini fioriti del Paradiso. Sconvolto, Alessandro scrive a Monsignor Blandini: «Rimpiango tanto più il mio crimine, che sono conscio di aver tolto la vita ad una povera ragazza innocente che, fino all'ultimo momento, ha voluto salvare il suo onore, sacrificandosi, piuttosto che cedere alla mia volontà criminale. Domando pubblicamente perdono a Dio ed alla povera famiglia, per il grande crimine commesso. Voglio sperare che otterrò anch'io il perdono, come tanti altri su questa terra». Il suo pentimento sincero e la buona condotta in prigione gli valgono di essere liberato quattro anni prima del termine della pena. Trova allora un posto di giardiniere in un convento di cappuccini e vi si mostra esemplare. È ammesso al Terz'Ordine di San Francesco.
Grazie alle sue buone disposizioni, Alessandro è chiamato a testimoniare al Processo di Beatificazione di Maria. È qualcosa di molto delicato e di molto penoso per lui. Ma confessa: «Devo riparare e fare tutto quel che posso per la sua glorificazione. Il male è tutto dalla mia parte. Mi sono lasciato andare alla passione brutale. Essa è una santa. Una vera martire. È una fra le prime in Paradiso, dopo quel che ha dovuto soffrire per causa mia».
A Natale del 1937, si reca a Corinaldo, dove Assunta Goretti si è ritirata con i suoi figli, unicamente per riparare e chiedere il perdono alla madre della vittima. Non appena davanti a lei, chiede piangendo: «Assunta, mi perdona? Maria ti ha perdonato, non potrei perdonare anch'io?» balbetta questa. Nel giorno di Natale, gli abitanti di Corinaldo non sono poco stupiti e commossi di veder avvicinarsi alla Tavola Eucaristica, l'uno accanto all'altra, Alessandro e Assunta.
«Guardatela!»
La totale osservanza dei comandamenti è un frutto dell'amore. «L'amore di Dio e l'amore del prossimo sono inseparabili dall'osservanza dei comandamenti dell'Alleanza», ricordava il Papa nella sua Enciclica Veritatis splendor (6 agosto 1993, n. 76). Da questo sappiamo che conosciamo Dio, dice San Giovanni: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice di conoscerlo, ma non osserva i suoi comandamenti, è un bugiardo, e in lui non c'è verità... L'amore di Dio consiste nell'osservare i suoi comandamenti (1 Giov. 2, 3-4; 5, 3). È sempre possibile osservare i comandamenti, con il soccorso della grazia divina. «Dio non comanda cose impossibili, ma comandando, ti invita a fare quel che puoi e a domandare quel che non puoi e ti aiuta a potere. I suoi comandamenti non sono gravosi (1 Giov. 5, 3), il suo giogo è soave ed il suo fardello leggero (ved. Matt. 11, 30)» (Concilio di Trento, VIª sessione, cap. 11). La virtù della speranza viene offerta senza posa all'uomo. È nella Croce di Gesù, nel dono dello Spirito Santo e nei sacramenti (specialmente quelli della Penitenza e dell'Eucaristia) che egli trova la forza di essere fedele al suo Creatore, anche nelle più gravi difficoltà (ved. Veritatis splendor, 103).
La realtà e la potenza del soccorso divino si manifestano in un modo particolarmente tangibile nei martiri. Elevandoli agli onori degli altari, «la Chiesa ha canonizzato la loro testimonianza e dichiarato vero il loro giudizio, secondo cui l'amore di Dio implica obbligatoriamente il rispetto dei comandamenti, anche nelle circostanze più gravi, ed il rifiuto di trasgredirli, anche nell'intenzione di salvare la propria vita» (Veritatis splendor, 91). Certamente, poche persone sono chiamate a subire il martirio del sangue. Ma, «di fronte alle numerose difficoltà che la fedeltà all'ordine morale può far affrontare, anche nelle circostanze più ordinarie, ogni cristiano è chiamato, con la grazia di Dio implorata nella preghiera, ad un impegno talvolta eroico, sostenuto dalla virtù della forza attraverso cui come insegna San Gregorio Magno può arrivare fino ad «amare le difficoltà di questo mondo in vista delle ricompense eterne»» (Id., 93).
Così, il Papa non teme di dire ai giovani: «Non abbiate paura di andare controcorrente, di respingere gli idoli del mondo». E spiega: «Con il peccato, ci si distoglie da Dio, nostro unico bene, e si sceglie di schierarsi dalla parte degli «idoli» che ci conducono alla morte ed alla condanna eterna, all'inferno». Maria Goretti «ci incoraggia a sperimentare la gioia dei poveri che sanno rinunciare a tutto, pur di non perdere l'unica cosa necessaria: l'amicizia di Dio... Cari giovani, ascoltate la voce di Cristo che chiama anche voi sulla strada angusta della santità» (29 settembre 1991).
Santa Maria Goretti ci ricorda che la «strada angusta della santità» passa attraverso la fedeltà alla virtù della castità. Ai nostri giorni, la castità è spesso schernita e disprezzata. Il Cardinale López Trujillo scrive: «Per certi, che si trovano negli ambienti in cui si offende e si discredita la castità, vivere castamente può esigere una lotta dura, talvolta eroica. Ad ogni modo, con la grazia di Cristo, che nasce dal suo amore di Sposo per la Chiesa, tutti possono vivere in modo casto, anche se si trovano in condizioni poco favorevoli» (Verità e significato della sessualità umana, Consiglio Pontificio per la Famiglia, 8 dicembre 1995, n. 19).
Un lungo e lento martirio
Per creare un clima favorevole alla castità, è importante praticare la modestia ed il pudore nel parlare, nell'agire e nel vestirsi. Attraverso queste virtù, la persona viene rispettata ed amata per se stessa, invece di esser guardata e trattata come oggetto di piacere. Così, i genitori veglieranno a che certe mode non violino la soglia di casa, in particolare attraverso un cattivo uso dei mass media. I bambini e gli adolescenti saranno incoraggiati a stimare ed a praticare la padronanza di sè ed il ritegno, a vivere con ordine, a fare sacrifici personali con uno spirito d'amore per Dio e di generosità per gli altri, senza soffocare i sentimenti e le inclinazioni, ma canalizzandoli verso una vita virtuosa (Ved. Consiglio Pontificio per la Famiglia, id., nn. 56-58). Seguendo l'esempio di Santa Maria Goretti, i giovani scopriranno «il valore della verità che libera l'uomo dalla schiavitù delle realtà materiali», e potranno «assaporare il gusto della bellezza autentica e del bene che vince il male» (Giovanni Paolo II, id.).
Santa Maria Goretti, ottienici da Dio, attraverso l'intercessione della Santissima Vergine e di San Giuseppe, la forza soprannaturale che ti ha fatto preferire la morte al peccato, affinchè seguiamo le tue tracce luminose con gioia, con energia e con ardore!