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24 gennaio 2019 san Francesco di Sales, Vescovo e Dottore |
In certi momenti della sua vita, santa Emilia de Rodat ha molto temuto la morte, ma nei suoi ultimi giorni ogni paura scompare. Dice tuttavia al suo confessore : « Ah ! Padre, vada a dire alle persone del mondo che non pensano al loro ultimo istante, che non s’impara a morire in due giorni. » Nella sua Regola, san Benedetto già sottolineava quanto sia importante usare bene il tempo, in vista della nostra salvezza eterna : « Finché c’è tempo e, dimorando in questo corpo, abbiamo la possibilità di compiere alla luce di questa vita ciò che ci è prescritto, dobbiamo correre e agire in un modo che ci sia utile per l’eternità » (Prologo). Santa Emilia poteva rallegrarsi di aver utilizzato il suo tempo al servizio del Signore.
« Devi ridere ! »
Émilie Rodat è nata nel 1787 nel castello di Druelle, non lontano da Rodez, in una famiglia di solida impostazione cristiana dove ci s’impegna nel dovere di stato, compiuto generosamente e soprannaturalmente. Per alleviare il compito della signora de Rodat, Emilia viene inviata dalla nonna, a Villefranche-de-Rouergue. Anche una delle sue zie, religiosa visitandina, vive lì, ritirata in casa della madre. Presso di loro, la bambina riceve un’educazione seria e apprende l’amore per i poveri, ai quali le piace fare l’elemosina. « Quando ero ancora molto piccola, scriverà Emilia nella sua autobiografia, avevo il difetto di tenere il broncio ; andavo a rannicchiarmi nel vano di una finestra ; allora la nonna mi diceva : “… Guardami, devi ridere !”… e persisteva finché io non sorridevo… Ero una piagnucolona ; lei si adoperò con dolcezza a correggermi da questo difetto e me lo fece confessare, il che mi costò molto. » A undici anni, fa la sua prima Comunione : « Non potei vivere questo atto con una grande preparazione, a causa della situazione malaugurata dell’epoca, ammetterà, ma vi mettevo l’innocenza… Dico questo perché le persone scrupolose non credano che tutto sia perduto, quando una bambina si avvicina ancora con leggerezza al momento della sua prima Comunione. Se è innocente, Dio s’introdurrà e agirà Egli stesso nel suo cuore, come ha fatto con me. S’impadronì di tutte le facoltà della mia anima e mi sentii immediatamente attratta al santo esercizio dell’orazione. Dio la faceva Egli stesso in me. »
Tuttavia, da adolescente, Emilia abbandona la preghiera e si lascia inebriare dal mondo. Le piace farsi bella e passa molto tempo davanti allo specchio. Un giorno, una cameriera le dice con una franchezza molto schietta : « Avrà un bel guardarsi, signorina, non sarà mai più che un sacco di terra ! » Nel 1803, sua nonna si ritira presso la signora de Saint-Cyr, dove vivono diverse suore che erano state costrette a lasciare il loro convento all’epoca della rivoluzione. Rimanda quindi Emilia a Druelle. L’anno seguente, la ragazzina riceve la grazia di una luce improvvisa che le invade l’anima : « Ero così penetrata da Dio, dirà, che sarei rimasta sempre con Lui, specialmente in chiesa ; lì, la Sua presenza mi assorbiva a tal punto che non vedevo né sentivo ciò che accadeva intorno a me. » Da quel momento, va a Messa ogni mattina, si mette a visitare i poveri, per i quali prepara marmellate e altri dolci, frequenta tuguri e casolari e arriva al punto di occuparsi di una lebbrosa. Dopo diciotto mesi, Emilia raggiunge la nonna e la zia presso la signora de Saint-Cyr. Padre Marty, cappellano della casa, la incoraggia alla preghiera, le dà il gusto dei salmi, che lei impara a memoria, e la sostiene nei suoi sforzi di rinuncia e di vita povera. Emilia si familiarizza con gli scritti di san Francesco di Sales. Ben presto, alla ragazza viene chiesto di preparare i bambini alla prima Comunione, poi di insegnare la geografia e altre materie. Le sue istruzioni sono chiare e vivaci ; appassiona il suo giovane uditorio.
Emilia prega spesso il suo angelo custode e gli attribuisce una protezione speciale in occasione di un pericolo grave e imminente : « Stavo andando in cantina, racconterà, carica di bottiglie ; vi scendevamo attraverso una botola. La credevo chiusa ed era aperta. Andai avanti e, quando il pavimento scomparve sotto i miei passi, stavo per cadere, con le bottiglie in mano, ma sentii qualcuno afferrarmi alla vita e trattenermi. Pensai subito a ringraziare il mio buon Angelo. Le persone accorsero, nella casa, credendo che fossi precipitata nella cantina. Le rassicurai raccontando loro quello che mi era successo. »
Fin dal IV secolo,, san Basilio affermava : « Ogni fedele ha al proprio fianco un angelo come protettore e pastore, per condurlo alla vita (eterna) » (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n° 336).
Triplo fallimento
In occasione di riunioni di famiglia o di amici, Emilia ha incontrato dei giovani che non l’hanno lasciata indifferente, ma le circostanze non hanno mai permesso di approfondire la relazione. Ormai, conduce una vita povera e austera ; il suo confessore l’autorizza a emettere voti privati. Le viene rimproverato di essere più seria che allegra : lei fa quindi degli sforzi per mostrarsi più gioiosa e legge un trattato sulla gioia. Padre Marty la esorta anche a moderare il suo desiderio di raccoglimento e a parlare di più con gli altri. Emilia ha intenzione di entrare presso le Suore della Carità di Nevers, che gestiscono l’ospedale di Figeac. Vi si reca nel 1809 : « Appena fui entrata in quella casa, scriverà, il buon Dio ritirò la sua presenza sensibile, tutto scomparve. Fitte tenebre mi riempirono l’anima. Non sapevo che cosa ne sarebbe stato di me. Vedevo mancanze in tutta la mia vita… Lasciai quella casa un mese dopo ; mi ci costrinsero le sofferenze interiori. » Si rivolge allora verso le Dame dell’Adorazione Perpetua di Picpus, a Cahors. Ma il cappellano della casa discerne rapidamente che la sua vocazione, ben reale, non è per Picpus. Senza scoraggiarsi, Emilia fa allora una prova presso le Suore della Misericordia di Moissac. Di nuovo, si ritrova immersa nelle tenebre ; desidera perseverare, ma la superiora non la tiene. Queste prove senza successo le causano non poche umiliazioni. Eppure lei non è né capricciosa né instabile e sa mettere al servizio della volontà divina una vera tenacia. Del resto, non ha fatto nulla senza il consiglio del suo direttore e di persone sagge. Riprende quindi l’istruzione della gioventù presso la signora de Saint-Cyr, e la visita ai malati.
Un giorno del maggio 1815, incontra delle donne che si lamentano dell’abbandono in cui si trovano le loro figlie in età scolastica. « Prima della rivoluzione, le spiegano, le Orsoline insegnavano gratuitamente ; noi stesse abbiamo avuto la fortuna di essere istruite da loro. » Emilia chiede alla signora de Saint-Cyr il permesso di accogliere nella sua stanzetta delle ragazzine povere per istruirle. Padre Marty approva questo progetto e indica perfino a Emilia tre ragazze che possono aiutarla. Esse si riuniscono da allora ogni giorno per recitare il Piccolo Ufficio della Santa Vergine e altre preghiere. Temono, tuttavia, che la loro opera possa nuocere a quella della signora de Saint-Cyr ; ma, con un disinteresse totale, quest’ultima approva e favorisce la loro iniziativa. Altre persone, invece, pur devote, si abbandonano a riflessioni agrodolci su Emilia e le sue compagne. Inoltre, le famiglie delle ragazze rifiutano il loro consenso ; tacciano d’imprudenza la nuova fondazione inaugurata da giovani inesperte e guidata da una di loro che finora non è stata in grado di stabilirsi da nessuna parte. Ad eccezione di padre Marty, il clero di Villefranche condivide la riprovazione generale. Ben presto, tuttavia, occorre trovare un’abitazione più spaziosa della stanza di Emilia. Viene preso in affitto un locale, scomodo ma sufficiente. L’installazione avviene il 30 aprile 1816. Vengono sistemati alcuni letti presi in prestito e dei mobili poveri, poi le giovani insegnanti prendono un abito uniforme. Al di fuori degli orari di lezione, nella casa si mantiene il silenzio. Ben presto si presentano trenta allieve, oltre a un’orfana che sarà pensionante. Emilia le cede il suo letto e dorme per terra su un pagliericcio. Alcune elemosine in natura, provenienti specialmente dai poveri, permettono di continuare. Commosso dalla buona volontà della nascente comunità, il vescovo permette di custodire il Santissimo Sacramento nella casa. Le sorelle considerano Gesù-Eucaristia come la loro grande ricchezza.
Il 25 marzo 1996, nell’esortazione apostolica Vita consecrata, san Giovanni Paolo scriveva : « Un’esperienza singolare della luce che promana dal Verbo incarnato fanno certamente i chiamati alla vita consacrata. La professione dei consigli evangelici, infatti, li pone quale segno e profezia per la comunità dei fratelli e per il mondo. Non possono perciò non trovare in essi particolare risonanza le parole estatiche di Pietro : Signore, è bello per noi stare qui ! (Mt 17, 4)… “Come è bello restare con Te, dedicarci a Te, concentrare in modo esclusivo la nostra esistenza su di Te !”. In effetti, chi ha ricevuto la grazia di questa speciale comunione di amore con Cristo si sente come rapito dal suo fulgore : Egli è il più bello tra i figli dell’uomo » (Sal 45/44, 3), l’Incomparabile »(n° 15).
Come un temporale
Nel 1817, la comunità può stabilirsi di nuovo nella casa della signora de Saint-Cyr che si è appena liberata perché le sue occupanti non sono riuscite a formare una comunità unita sotto una stessa Regola. Il numero delle bambine, ma anche delle novizie, aumenta. Il 29 giugno 1819, si trasloca ancora una volta per occupare un ex convento di Cordiglieri. Si abbatte allora sulla casa la malattia. Muoiono diverse suore ; molte bambine e postulanti vengono ritirate dai loro genitori. Ma, a poco a poco, la salute si ristabilisce. A partire dal mese di agosto del 1820, « all’improvviso, come un temporale », Emilia si trova immersa in una fitta oscurità : « Tentazioni contro la fede, per cui si sente come distrutta, dirà al suo confessore. Contro la speranza : tutto sembra provare all’anima che è perduta e abbandonata da Dio. Contro la carità : Dio le sembra come un nemico… Quando a questa triplice tentazione si aggiunge la percezione di una lontananza dalla sacra umanità di Gesù Cristo, l’afflizione diventa più viva : l’anima non ha più alcuna risorsa, alcun appoggio… » Padre Marty cerca di confortarla, ma la prova durerà trentadue anni, per scomparire completamente solo due mesi prima della sua morte. Anche la priora del carmelo di Figeac scrive a Emilia per sostenerla e illuminarla riguardo all’amore di Dio che non la abbandona. Per di più, la salute di Emilia è compromessa : i medici diagnosticano un polipo nasale. Una prima operazione non riesce : bisogna ricominciare altre due volte con poco successo. Si invoca allora san Giuseppe, ma la guarigione non sarà mai completa.
Via ordinaria
Nel novembre del 1823, padre Marty scriverà alla sua figlia spirituale : « Lo stato doloroso in cui vi trovate non deve né sorprendervi né allarmarvi. Dio, nella sua misericordia molto più che nella sua giustizia, vi sottopone a questa prova per avvertirvi, per istruirvi, per rendervi migliore… È una tendenza frequente e diremmo quasi una tentazione per le anime ferventi, immaginare che, se la dolcezza dell’amare Dio subisce un eclissi, questo non possa essere altro che una punizione. Che il Signore voglia, con questo, permettere di espiare piccole mancanze, è possibile. Ma si deve ricorrere qui a una spiegazione di più vasta portata, più consolante : la regola generale del comportamento ordinario delle anime comporta questa scomparsa. Se Dio ricompensasse sempre e ripagasse, una per una, ogni fedeltà con un salario di dolcezza, facilmente l’anima diventerebbe egoista ; non servirebbe più così puramente Dio per Dio ; lo servirebbe con il pensiero recondito che Egli la gratificherà con un compenso interiore. Dio ama il metallo puro. Per vedere se lo si serve unicamente per Lui solo, generalmente, dopo un periodo di dolcezza, sopprime la dolcezza. È qui che si trova la linea di distinzione tra le anime. Molte, la maggior parte, sono ben d’accordo nel seguire il Maestro fino al Tabor ; quando la collina della Beatitudine si trasforma in collina dell’angoscia, e il Tabor diventa Getsemani, la maggioranza abbandona la partita… Voi, mia cara Madre, siete nella via ordinaria per la quale Dio guida le anime che vuole forzare ad appartenere interamente a Lui. “Sappiate, vi dice san Francesco di Sales, che ho visto poche persone progredire senza questa prova. »
Nel 1819, Adèle de Trenquelléon, fondatrice del ramo femminile dei Marianisti, è entrata in contatto con Emilia. Arrivano a prendere in considerazione la fusione delle loro opere in una sola. La signora de Trenquelléon diventerebbe la superiora dell’intero istituto ed Emilia manterrebbe solo la direzione di Villefranche, il che soddisfa la sua umiltà. Ma quando, nel 1822, Emilia propone alle sue consorelle di realizzare questa unione, esse la rifiutano e preferiscono che i due istituti rimangano separati. A partire da quel giorno, le suore conferiscono alla loro fondatrice il titolo di Madre. Umilmente, Emilia si conforma al loro parere. Il loro istituto è dapprima conosciuto sotto il nome di Suore di San Giuseppe ; per evitare la confusione con altre opere, le religiose decidono allora di porsi sotto il patrocinio della Sacra Famiglia. La spiritualità di madre Emilia si fonda sulla conoscenza di Gesù. Lei s’impegna nel ricorrere al suo Cuore. Nel piccolo regolamento della comunità, si può leggere : « Per ottenere la grazia di conoscere Gesù povero e umiliato, noi praticheremo queste care virtù del suo Cuore divino, la povertà e l’umiltà, vivendo distaccate da tutto : ognuna di noi volendo con tutto il cuore essere considerata come l’ultima, amando le occupazioni più umili e i posti più scomodi. » La fondatrice non impone mortificazioni esteriori né austerità incompatibili con la missione di insegnanti ; ma desidera che l’amore induca le sorelle ad adempiere con diligenza e gioia al loro dovere di stato, senza ricerca di sé né lamentele.
Nominato vicario generale nel 1823, padre Marty risiede ormai a Rodez. È ancora il superiore della congregazione, ma la sua lontananza priva la Madre di preziosi consigli e le consorelle di una direzione intelligente e sicura. Partendo da Villefranche, egli lascia la fondatrice in uno stato di salute precario aggravato da lunghe insonnie e ulcere gastriche ; inoltre, l’udito della madre è diminuito e un difetto di linguaggio ne ostacola l’espressione. Parla tuttavia alla sua comunità con entusiasmo, chiarezza e calore oratorio. All’inizio della fondazione, madre Emilia ha dato alle sue compagne solo un modesto regolamento, ma ora occorre stabilire vere e proprie Regole. Padre Marty si dedica alla loro stesura ispirandosi alla Regola di sant’Agostino, prima della sua morte, nel novembre del 1835.
Una particolarità
Tuttavia, l’esperienza fa emergere una particolarità che sembra possa infrangere l’unità della congregazione. Questa comprende suore di clausura che si dedicano all’insegnamento, così come altre suore, non di clausura, che hanno un ministero di carità in città nei confronti dei poveri, degli ammalati, dei prigionieri e, in seguito, delle donne perdute, o che vanno, in piccoli gruppi, a fare scuola nei villaggi. È saggio voler far vivere in uno stesso istituto suore di clausura e suore non di clausura ? In effetti, gli spiriti si dividono. Madre Emilia, che non sa come risolvere questa difficoltà, si scoraggia. La sua stima per la vita in clausura la induce a prendere in considerazione la soppressione delle suore non di clausura. Ma il vescovo di Rodez, che tiene molto alle scuole, interviene presso di lei e la Madre riprende coraggio. Decide di dare alle suore non di clausura una formazione idonea alla loro missione e istituisce per loro un noviziato separato.
Il 1° settembre 1846 saranno promulgate delle costituzioni che adatteranno la Regola alla realtà vissuta : alcune suore conducono una vita di clausura, altre sono impegnate nella cura dei malati e dei poveri, altre ancora nell’insegnamento ai bambini in scuole esterne. Tuttavia, queste costituzioni procureranno alla fondatrice molte sofferenze, in quanto daranno meno spazio, nell’amministrazione dell’aspetto temporale, all’abbandono totale alla Provvidenza. Madre Emilia confiderà a una consorella : « Per tutto il tempo in cui abbiamo contato sulla Divina Provvidenza e in cui abbiamo assistito abbondantemente i poveri, non ci è mancato nulla ; ma dal momento in cui le abbiamo sostituito mezzi umani, manchiamo di tutto. »
Madre Emilia coltiva una profonda devozione alla Santa Vergine e, soprattutto dopo il 1846, alla Madonna di La Salette. Due giorni prima della sua morte, confiderà : « Ho avuto molta consolazione nel pensare ai pastori di La Salette : la Santissima Vergine piangeva quando è apparsa loro ; e io ho fiducia, quando la vedrò, di trovarla molto gioiosa ! » Sabato 19 settembre 1846, in effetti, su una montagna vicina al villaggio di La Salette, nel Delfinato, due pastorelli avevano visto apparire, in una luce risplendente, la Vergine Maria, in lacrime, che aveva rivelato loro la causa delle sue pene : l’empietà degli uomini, e in particolare il lavoro domenicale e le bestemmie.
Cementare l’unione
Nel 1850, la Madre redige un testamento spirituale : « Mie carissime sorelle, ciò che desidero più ardentemente, scrive, è che ascoltiate spesso nel profondo del vostro cuore queste parole del nostro dolce Salvatore : Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia (Mt, 5, 7). L’attenta meditazione di queste divine parole vi renderà facile l’osservanza dell’articolo 86 delle nostre Costituzioni (che vi consiglio di leggere sovente e anche di imparare a memoria). [“Poiché lo spirito dell’istituto è quello di imitare in tutto la Sacra Famiglia, le sorelle devono impegnarsi a vivere insieme nell’unione più perfetta. Quelle di clausura come quelle non di clausura sono membra di uno stesso corpo ; devono cogliere con sollecitudine l’opportunità di cementare la loro intima unione con servizi reciproci ; avere le une per le altre una continua premura ; evitare con cura tutto ciò che potrebbe alterare questa tenerezza fraterna”]. La fedeltà con cui osserverete questo articolo vi otterrà grazie molto abbondanti per adempiere a tutti i vostri doveri e farvi sentire che il giogo del Signore è dolce e il suo carico leggero.
Vi prego di ricordare che l’unico pensiero che ha portato alla fondazione della Congregazione della Sacra Famiglia è stato quello di fornire un’educazione cristiana alle ragazze povere : per cui le classi a pagamento sono considerate come un elemento accessorio e non come l’obiettivo principale… [Le mie compagne ed io] ci siamo messe con fiducia sotto le ali della Provvidenza. Amavamo ripetere queste parole del nostro buon Maestro : Cercate innanzitutto il regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta (Mt 6, 33)… Facciamo, mie carissime sorelle, tutto ciò che dipenderà da noi per meritare di sentire dal nostro divino Sposo queste parole consolanti : Venite, benedetti del Padre mio,… perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi (Mt 25, 34-36). Pensate spesso a queste mirabili parole e la carità abbonderà nei vostri cuori. »
La Madre dedica le sue ultime energie a suscitare intorno a sé lo slancio missionario per l’evangelizzazione delle terre lontane : « Bisogna che la nostra carità attraversi i mari », dichiara. Nel mese di luglio del 1852, l’abbandono spirituale in cui era immersa da più di trent’anni scompare improvvisamente e cede il posto a una pace profonda ; presentendo la sua fine prossima, la Madre affida alla sua assistente il governo della congregazione. Madre Emilia si spegne il 19 settembre ; il giorno e l’ora della sua morte coincidono con il giorno e l’ora dell’apparizione di La Salette. La congregazione conta allora trentasei case. Oggi, essa è presente in dodici paesi su quattro continenti.
In occasione del capitolo generale della congregazione nel 1968, il ramo delle suore di clausura è stato soppresso ; sono state istituite delle case dedite più specificatamente alla preghiera, in modo che le suore possano andarvi per ricaricarsi spiritualmente. Viene loro raccomandato di creare e favorire l’unione con Dio in tutta la loro vita apostolica.
In occasione della canonizzazione di madre Emilia, il 23 aprile 1950, papa Pio XII esprimeva questo voto : “Possano tutti i cristiani camminare sulle orme di questa anima gioiosa e coraggiosa. E poiché la società domestica è come una “scuola di vita pubblica” (Cicerone), se i bambini, le madri, i padri di famiglia imiteranno Gesù, Maria e il suo casto sposo, allora, senza dubbio, la società umana potrà essere completamente guarita, e verranno tempi migliori e più felici. Che santa Emilia de Rodat chieda questo al Cielo e ce lo ottenga dal Divin Redentore ! »