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25 dicembre 2004 Natività di Nostro Signore |
Il 20 settembre 1801, nell'antico monastero di Santa Chiara, a Carignano, nel Piemonte (Italia), non lontano da Genova, alcuni operai ispezionano le tombe sotto il pavimento, nella speranza di trovarvi oggetti di valore o, quanto meno, piombo. In una bara, scoprono il corpo di una donna, assolutamente intatto. L'iscrizione rivela che si tratta di Virginia Centurione, moglie di Gaspare Bracelli, morta a 65 anni, il 15 dicembre 1651, vale a dire centocinquant'anni prima. Le autorità civili, piuttosto anticlericali (il Piemonte è all'epoca sotto il dominio di Napoleone) si sforza di temperare l'entusiasmo che la meravigliosa scoperta suscita fra la popolazione genovese. Il notaio Piaggio è incaricato di dimostrare scientificamente che la conservazione del corpo è dovuta ad un'imbalsamazione. Ma quando trova il cadavere morbido e flessibile, il Dottor Piaggio abbandona l'ispezione ed avverte le Suore di Bisagno che i resti mortali della loro fondatrice sono stati identificati. Quest'atto di sincerità, considerato dal governo come un tradimento, gli varrà di esser radiato dal collegio notarile. Non potendo più esercitare ormai la sua professione, egli accetta di vivere nella massima povertà e si adopera nella ricerca dei ricordi relativi alla defunta, in vista della di lei glorificazione.
Nata l'8 aprile 1587, Virginia Centurione appartiene alla ricca nobiltà genovese, tanto per parte di madre quanto per parte di padre. Quest'ultimo ha esercitato responsabilità nella battaglia di Lepanto (1571), poi alla Dieta di Ratisbona (1582); dopo aver coperto la carica di ambasciatore a Madrid nel 1599, diventa doge di Venezia per gli anni 1621 e 1622. Donna straordinaria per devozione, intelligenza e bellezza, Virginia desidera consacrarsi a Dio nella vita religiosa, ma, a quindici anni, la si obbliga a sposare un nobile diciannovenne, Gaspare Bracelli. Malgrado la nascita di due figlie, Lelia ed Isabella, il matrimonio è poco felice. Il marito pensa soltanto al gioco ed al piacere, al punto di divenire vittima della propria vita dissoluta. I medici lo mandano a curarsi ad Alessandria (Italia), in un clima migliore.
Il padre di Virginia consiglia allora alla figlia di separarsi dal marito, ma essa rifiuta e va a raggiungerlo. L'abnegazione della moglie tocca il cuore di Gaspare, che si converte e muore cristianamente, a ventiquattro anni, lasciando una vedova di vent'anni. Nonostante le insistenze della famiglia, Virginia rifiuta energicamente di risposarsi. Si occupa dell'educazione delle due figlie. Isabella avrà ventun figli, di cui dieci si consacreranno al servizio di Dio; essa finirà la vita quale monaca di clausura. Quanto a Lelia, essa morirà assai giovane e le sue due figliole si faranno suore.
Divertirsi, o salvare le anime?
L'intervento della Santissima Vergine Maria in favore dei poveri ci mostra che la sua funzione di «serva» del Signore non è ultimata. «Assunta in cielo, la Santa Vergine non ha deposto la sua missione di salvezza: con la sua molteplice intercessione, continua ad ottenerci i doni della salvezza eterna... La maternità di Maria si estende ora ai fratelli del Figlio suo, ancora pellegrini e posti in mezzo a pericoli ed affanni, fino a che essi giungano alla beata patria» (Vaticano II, Lumen gentium, 62). La Chiesa esprime la propria fede in questa verità invocando Maria con i titoli di Avvocata, Ausiliatrice, Soccorritrice, Mediatrice.
«Rimarrai con me»
Il patrimonio di Virginia non è tuttavia inesauribile: senza esitare, la nobildonna va a mendicare per le strade, i negozi ed i palazzi onde nutrire le sue protette. Nel 1633, quando sono più di duecento, prende in affitto da suo genero, il marito di Lelia, un altro palazzo che apparteneva un tempo a suo marito, in riva al torrente Bisagno: di qui, il nome di «Figlie di Bisagno» dato alle ragazze che vi abitano. Una terza casa, aperta in seguito a Carignano, diventerà, in un certo modo, la Casa Madre. La fondatrice vi possiede una cameretta ammobiliata con un vecchio armadio, un inginocchiatoio, due sgabelli, una scrivania e, a mo' di letto, due cavalletti che sostengono alcune assi.
Poichè il numero di ragazzine accolte si eleva a quasi cinquecento, Virginia non è in grado di amministrare da sola una simile comunità; il Senato della Repubblica di Genova nomina protettori particolarmente caritatevoli, prima tre, poi un quarto, Emanuele Brignole. All'epoca, imitando santa Caterina da Genova (1477-1510), Virginia comincia a mandare le ragazze più grandi a curare i malati all'ospedale Pammatone. Più tardi, quando ci sarà un'epidemia, nel 1656-1657, cinquantatré di esse moriranno, vittime della loro abnegazione.
Verso il 1644, Virginia redige per loro delle Costituzioni: esse osserveranno il Vangelo alla perfezione, e opereranno per la conversione dei peccatori attraverso la preghiera, la mortificazione e il servizio dei malati. Ammiratore entusiasta della fondatrice, Emanuele Brignole organizza la vita di lavoro, di studio, di educazione religiosa, di cure domestiche della casa. Vi si dedica con tanto zelo, che le «Suore di Nostra Signora del Rifugio sul Monte Calvario» vengono chiamate dal popolo le «Brignoline».
Ritiratasi nella casa di Carignano, Virginia Centurione lascia la terra per il Cielo il 15 dicembre 1651, e viene seppellita il giorno seguente nella chiesa del monastero di Santa Chiara. Quanto alle ragazze, esse continuarono il loro apostolato caritatevole in vari ospedali di Genova o in case di riposo per i poveri. All'inizio del terzo millennio, sono quasi 200 suore, suddivise in più di 30 case in Italia, in India, nell'Africa Centrale e nell'America latina.
La luce di un messaggio
Come la Beata Virginia Centurione, rivolgiamoci alla Santissima Vergine. Papa Giovanni Paolo II ci invita a rivolgerci a Maria attraverso la recita del Rosario. Già all'inizio del pontificato diceva: «La Chiesa ci propone una preghiera semplicissima, il Rosario, la corona, che si può scaglionare calmamente sul ritmo delle nostre giornate. Il Rosario, recitato lentamente e meditato in famiglia, in comunità, personalmente, vi farà entrare, a poco a poco, nei sentimenti di Cristo e della di lui Madre, evocando tutti gli eventi che costituiscono la chiave della nostra salvezza. Con Maria, aprirete l'anima allo Spirito Santo, perchè Egli ispiri tutti i grandi compiti che vi attendono» (6 maggio 1980).
Infatti, come i bambini imitano i genitori, ne assimilano il linguaggio sentendoli parlare, così coloro che recitano il Rosario e prendono seriamente e devotamente in considerazione le virtù di Gesù Cristo nei misteri della sua vita, diventano simili al divino Maestro, con l'aiuto della grazia e per intercessione della Santa Vergine. «Dalla recita del santo Rosario, praticata in modo da produrre tutto il suo effetto, scaturiranno, non solo per i singoli individui, ma per tutta la società cristiana, i più preziosi vantaggi», affermava Papa Leone XIII (Enciclica Lætitiæ sanctæ, 8 settembre 1893). Lo stesso Sovrano Pontefice chiariva i benefici che scaturiscono dalla meditazione dei misteri gaudiosi: «I grandi esempi di modestia e di umiltà, di pazienza nel lavoro, di benevolenza verso il prossimo, di un compimento perfetto dei piccoli doveri della vita privata e di tutte le virtù (della Sacra Famiglia di Nazareth) non possono esser meditati e non si possono fissare a poco a poco nella memoria, senza che, insensibilmente, non ne risulti una trasformazione salutare nei pensieri e nelle abitudini della vita».
Testimoniare le Beatitudini
Dei misteri dolorosi, Papa Leone XIII diceva: «Chiunque contemplerà frequentemente, non solo con gli occhi del corpo, ma con il pensiero e la meditazione, così grandi esempi di forza e di virtù (quali quelli di Gesù e di Maria durante la Passione) come non arderà dal desiderio di imitarli?... Ma quando parliamo di pazienza, non sentiamo affatto la vana ostentazione di un'anima temprata al dolore... bensì la pazienza che prende come modello colui che, in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla Croce, disprezzando l'ignominia (Eb. 12, 2)».
Quanto ai misteri gloriosi, aggiungeva: «Nei misteri gloriosi, apprendiamo che la morte non è una rovina che non lascia nulla dietro di sè, ma il passaggio da una vita ad un'altra, e che la via del cielo è aperta a tutti. Quando vi vediamo salire Gesù Cristo, ci ricordiamo la promessa di prepararvici un posto (Giov. 14, 2). Il santo Rosario ci fa ricordare che ci sarà un tempo in cui Dio asciugherà tutte le lacrime dei nostri occhi, in cui non ci saranno più lutti, nè gemiti, nè nessun dolore, in cui rimarremo sempre con il Signore, simili a Dio perchè lo vedremo quale Egli è; saremo inebriati dal torrente delle sue delizie, concittadini dei santi, e dunque della beata Vergine, nostra Madre... Come un'anima, che si nutre di simili pensieri, non si consolerebbe, pensando che una leggera tribolazione momentanea produce in noi un peso eterno di gloria (ved. 2 Cor. 4, 17)? In verità, lì soltanto è il segreto di unire, come si conviene, il tempo all'eternità, la città terrena alla città celeste, e di forgiare caratteri nobili».
In tal modo, attraverso la contemplazione dei misteri, il Rosario sviluppa in noi la fede. Papa Leone XIII scriveva: «Il Rosario offre un mezzo pratico per inculcare e far penetrare negli spiriti i principali dogmi della fede cristiana... Il cristiano è talmente preoccupato dai vari crucci della vita e tanto facilmente distratto dalle cose futili, che, se non viene avvertito sovente, dimentica a poco a poco le cose più importanti e necessarie, e capita che la sua fede languisca e addirittura si spenga... Il Rosario porta a contemplare ed a venerare successivamente i misteri principali della nostra religione... Per questo, si può affermare senza esagerazione che nelle persone, nelle famiglie e fra i popoli in cui la pratica del Rosario è rimasta in onore come un tempo, non c'è da temere che l'ignoranza e gli errori avvelenati distruggano la fede» (Enciclica Magnæ Dei Matris, 7 settembre 1892).
Rigenerare i popoli
Ma non basta esprimere le nostre domande attraverso il Rosario; è il caso di portarvi una grande attenzione, perchè Dio ascolta piuttosto la voce del cuore che quella della bocca. Pregare Dio con distrazioni «volontarie» sarebbe, infatti, una grande irriverenza. In verità, si può difficilmente recitare il Rosario senza avere qualche distrazione «involontaria»; è addirittura molto difficile dire una sola Avemaria senza che l'immaginazione ci distolga un po' dalla nostra attenzione: «Siccome non c'è preghiera più meritoria per l'anima e più gloriosa per Gesù e Maria del Rosario recitato bene, afferma san Luigi Maria, così non ce n'è una che sia più difficile da recitare bene e in cui sia più difficile perseverare, a causa particolarmente delle distrazioni che appaiono come naturalmente nella ripetizione tanto frequente della medesima preghiera» (Il segreto del Rosario). Notiamo che l'abitudine di guardare la ridda di immagini scaricate dalla televisione e dai mass media fa perdere molto tempo, moltiplica le distrazioni ed intralcia la recita del Rosario.
Senza vedere nè sentire nulla
Si può recitare il Rosario mentre si compie un lavoro manuale, perchè il lavoro manuale non è sempre contrario alla preghiera vocale. Se non si può trovare il tempo necessario per recitare il Rosario tutto in una volta, è possibile recitarne una posta qua ed una là, in modo che, nonostante tutte le occupazioni e le faccende, sia recitata, prima di andare a letto, almeno una corona completa. Ma la recita della corona in famiglia o con altri è ancora migliore.
La preghiera del Rosario richiede umiltà, fede e molta fiducia, secondo le parole di Gesù Cristo: Abbiate fede di ottenere da Dio tutto quello che domandate e vi sarà accordato (Marco 11, 24). Il più gran desiderio del Padre eterno nei nostri riguardi, è quello di darci le acque salutari della sua grazia e della sua misericordia. È essere graditi a Gesù Cristo il fatto di chiedergli grazie, e se non lo si fa, Egli se ne lamenta amorosamente: Finora non mi avete chiesto nulla... Chiedete e vi sarà dato; cercate, e troverete; bussate, e la porta vi sarà aperta (Giov. 16, 24 Matt. 7, 7). Inoltre, per incoraggiarci ancora di più a pregarLo, ha impegnato la sua parola affermando che il Padre eterno ci avrebbe concesso tutto quello che Gli avessimo chiesto nel suo nome (Giov. 16, 23).
Ma alla fiducia, aggiungiamo la perseveranza nella preghiera. Solo colui che persevera nel chiedere, nel cercare e nel bussare, riceverà, troverà e entrerà (ved. Matt. 24, 13). Non basta chiedere qualche grazia a Dio per un mese, un anno, dieci anni, vent'anni; non bisogna stancarsi, ma chiedere fino alla morte. Dio fa talvolta cercare e chiedere a lungo le grazie che vuol concedere, per aumentarle ancora di più, affinchè la persona che le riceverà ne abbia una grande stima e si guardi dal perderle dopo averle ricevute, perchè non si apprezza molto quel che si ottiene in un attimo e con poca spesa.
Chiediamo alla Beata Virginia Centurione di aiutarci a pregare la Santa Vergine per mezzo del Rosario, e ad abbandonarci a Dio, secondo la sua formula: «Rimettermi in tutto e per tutto nelle mani di Colui che mi ha creata, di Colui che mi aiuterà più di quanto io non possa pensare».