Lettera

Blason   Abbazia San Giuseppe di Clairval

F-21150 Flavigny-sur-Ozerain

Francia


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19 ottobre 2022
san Paolo della Croce, Sacerdote


Carissimo Amico dell’Abbazia di San Giuseppe,

La Compagnia di Gesù (Gesuiti), sciolta nel 1773 da papa Clemente XIV, è stata restaurata nel secolo successivo da Pio VII nel 1814. Pio XI riterrà che padre Giuseppe Pignatelli abbia avuto in questa rinascita tanta importanza quanta ne ha avuta sant’Ignazio nella nascita della Compagnia. Questo gesuita, canonizzato nel 1954, si è adoperato per unire e rendere visibile la continuità, meritando così il titolo di “anello d’oro” tra la vecchia e la nuova Compagnia di Gesù. Le sue spoglie mortali hanno ricevuto l’onore di riposare nella cripta che ospita le tombe dei Superiori generali della Compagnia, nella Chiesa del Gesù a Roma.

José (Giuseppe) Pignatelli nasce nel dicembre 1737 a Saragozza, in Aragona (Spagna). La sua famiglia appartiene alla grande nobiltà, sia dalla parte del padre, Antonio Pignatelli, italiano residente in Spagna, sia dalla parte della madre, spagnola, Francesca Moncayo-Fernández de Heredia. All’età di quattro anni, Giuseppe perde la madre, poi il padre tre anni dopo. Dei suoi numerosi fratelli e sorelle, solo sei raggiungono l’età adulta ; ci saranno quattro sacerdoti tra di loro. Fin dalla sua infanzia, Giuseppe impara l’italiano come lo spagnolo. Bambino modesto e sereno, di un’obbedienza sorridente, viene mandato con due suoi fratelli a Napoli, presso la sorella maggiore che vi si è sposata. Poco dopo, Nicola, il fratello maggiore divenuto capofamiglia, decide di metterli in pensione a Saragozza ; vi seguono le lezioni presso i gesuiti della città. Fin dalla sua giovinezza, Giuseppe prende l’abitudine di fare frequenti visite al Santissimo Sacramento e s’impegna a controllare i propri impulsi affettivi : partecipa in particolare ai giochi dei compagni più per compiacerli che per gusto personale. Di intelligenza vivace, esercita un indiscutibile ascendente su di loro.

« Ridete, ridete !… »

Le sue origini e il favore della sua famiglia presso il re di Spagna lo destinano a una posizione elevata. Ben presto, però, Giuseppe sente la chiamata di Dio e, dopo diversi mesi di preghiera, si decide a entrare nella Compagnia di Gesù. Informati di questa scelta, i suoi parenti non mancano di presentargli diverse obiezioni e affermano che la sua salute delicata è un ostacolo a questo progetto. Ma egli mostra loro la sua gioia di abbracciare una carriera in cui dovrà soffrire per Dio e forse avrà l’occasione di versare il suo sangue per la salvezza delle anime e la difesa della Chiesa. Giuseppe entra quindi nel noviziato dei gesuiti di Tarragona l’8 maggio 1753 ; ha quindici anni. Durante questo primo periodo di formazione, viene inviato, secondo l’uso, a servire i malati in ospedale per un mese. La prima sera, ne ritorna tardi per essere rimasto troppo a lungo presso un malato coperto di piaghe. Un giorno, si trova in mezzo a un gruppo di giovani nobili in visita presso la casa che, quando lo riconoscono, lo prendono in giro : « Ridete, ridete, dice loro, ma quando avrete finito mi dovrete tutti una moneta per i miei poveri. Non è giusto che io vi faccia ridere per niente ! » Fa anche il catechismo ai detenuti del vicino carcere. Tra le prove del noviziato, Giuseppe compie, con due compagni, un pellegrinaggio di un mese alla Madonna di Montserrat, mendicando il suo pane. Nominato capo del gruppo, sacrifica se stesso perché gli altri abbiano il meglio di tutto.

Nel maggio 1755, dopo aver emesso i voti temporanei, viene inviato al collegio di Manresa per completare la sua formazione elementare (1755-1757). I suoi risultati sono notevoli. Riesce non solo a leggere gli autori greci, ma anche ad esprimersi in questa lingua. Tiene anche lezioni allo juniorato e impara il catalano per fare un po’ di ministero nelle strade. Sempre pronto a render servizio, sostituisce volentieri i suoi confratelli quando hanno un impedimento. I suoi studi di filosofia (1757-1759) si svolgono a Calatayud. Qui, sia il rettore che il professore di filosofia si mostrano pieni di prevenzioni nei suoi confronti e criticano tutto ciò che fa e dice ; lo considerano un religioso e uno studente mediocre. Lui si rivolge alla Santa Vergine e chiede umilmente la grazia di diventare migliore. Questa prova dura tre anni. Giuseppe non si scoraggia, ma s’impegna nell’umiltà e nell’abnegazione. Alla fine del ciclo di studi, è lui ad essere scelto per sostenere la prova pubblica : si rivela allora agli occhi di tutti come un soggetto brillante. I quattro anni successivi trascorrono a Saragozza per lo studio della teologia. La sua memoria stupefacente gli permette, tra l’altro, di apprendere molte lingue antiche e moderne : ebraico, caldeo e siriaco, francese, inglese e tedesco.

Un fecondo rapporto epistolare

Il rapporto epistolare che intrattiene con alcuni sacerdoti della Compagnia di Gesù partiti in missione lontana induce Giuseppe a offrirsi egli stesso a padre Ricci, Preposto generale, per andare a raggiungerli. Ma il suo desiderio non viene esaudito. Il suo ritmo di lavoro, però, lo esaurisce e contrae la tubercolosi. I suoi superiori lo costringono allora a riposare. Nonostante le cure di medici competenti, la sua salute non si ristabilirà mai del tutto. Viene tuttavia ordinato prete alla fine dell’Avvento del 1762. I suoi superiori vorrebbero metterlo a riposo completo, ma lui non può sopportare di sentirsi inutile. Dietro sua insistente richiesta, gli viene affidata una delle classi inferiori del collegio di Saragozza, poi l’insegnamento delle discipline umanistiche. Il suo atteggiamento generale, fatto di serietà, dignità e calore umano, porta i bambini a capire che sono amati, che la sua dedizione mira a fare loro del bene. Dopo poche settimane li ha conquistati ; un suo cenno, per esempio, basta a fermare ogni eccessiva esuberanza infantile. Per attuare correttamente i metodi educativi della Compagnia, egli consulta e ascolta volentieri le persone più anziane di lui. Il programma di materie umanistiche comprende soprattutto lo studio degli autori classici : da un paragrafo, un fatto, un atteggiamento, anche un incidente di classe, egli trae, con un’arte tutta particolare, un insegnamento morale e religioso. Le sue lezioni rimangono spesso dei punti di riferimento per tutta la vita dei suoi allievi.

Essendosi sufficientemente ristabilita la sua salute, il giovane sacerdote cerca nel servizio pastorale un santo diversivo al lavoro dell’insegnamento. Catechizza i bambini di strada e visita malati e carcerati, sempre con un’attenzione e una carità in cui traspare l’amore di Cristo per le anime. Nel confessionale, la sua bontà e la sua dottrina gli attirano una folla di penitenti. Viene anche incaricato di preparare i condannati a morte alla loro esecuzione, un ministero molto delicato. A forza di dolcezza, conquista a Cristo i cuori di questi sventurati ; a volte ottiene che vengano graziati. Nel 1766, si diffonde nel paese una grave carestia. Il malcontento dilaga, in particolare nella città di Saragozza, dove sono affluiti i contadini dei dintorni ; sta per scoppiare una rivolta. Alcune persone malevole desiderano addossarne la responsabilità ai gesuiti ; ma il giorno dell’insurrezione, padre Pignatelli va incontro alla folla e riesce a placarla.

Tuttavia, una tempesta straordinaria si sta preparando contro la Compagnia di Gesù. Contro di essa si sono coalizzate tutte le forze dell’Illuminismo (il “secolo dei lumi” – il XVIII) i filosofi razionalisti, i giansenisti, i gallicani e i regaliani (sostenitori della supremazia del potere regio) nonché le società segrete hanno deciso di ottenerne la soppressione da parte dei principi al potere. Hanno collocato molto abilmente dei ministri scelti per questo presso i deboli re di Spagna, Portogallo e Francia. Con determinazione, papa Clemente XIII resiste alle vessazioni dei loro governi, ma ben presto questi decretano l’interdizione della Compagnia nei loro rispettivi paesi : nel 1759, il Portogallo espelle i gesuiti, seguito nel 1764 dalla Francia. Nel 1767 viene promulgato l’editto di espulsione sia dalla Spagna che dai possedimenti spagnoli, adducendo come sola spiegazione ufficiale gravissimi motivi che il monarca « custodisce nel suo cuore regale » (è stato persuaso che i gesuiti lo considerano un figlio illegittimo). Vengono inviati ordini a tutti i governatori di provincia. Vengono così espulsi seicento gesuiti della Spagna e del Nuovo Mondo. Viene loro assegnata un modesta pensione alimentare, a condizione che non venga sollevata da parte loro nessuna protesta contro l’atto regio.

Restare con i suoi confratelli

Padre Pignatelli risiede allora a Saragozza. Il rettore della casa, confidando nella protezione del re, in un primo momento rifiuta di credere a questa notizia. Una mattina, però, compare la truppa armata e i membri della comunità vengono convocati in refettorio. Per la sua origine nobile, padre Giuseppe potrebbe far valere le sue relazioni di famiglia, evitare le pene dell’esilio e rimanere in Spagna : sceglie di restare con i suoi confratelli gesuiti. Vengono fatti salire sui carri che servono di solito per trasportare i criminali. Gli allievi, ammassati all’uscita della città, esprimono i loro sentimenti di gratitudine ai loro insegnanti. I soldati si sforzano di contenere la folla indignata ; i Padri intervengono per calmarla. Il viaggio fino a Tarragona è talmente faticoso che padre Pignatelli soffre di abbondanti sbocchi di sangue. Alcuni membri della sua famiglia, che abitano lì, lo supplicano di lasciare il convoglio, ma egli rifiuta, per la consolazione dei suoi confratelli. Al porto di Salou, i religiosi vengono imbarcati su tredici navi. Padre Giuseppe ottiene dal capitano del convoglio il permesso di passare da una nave all’altra per poter incoraggiare i suoi confratelli.

La città di Genova accetta di accoglierli in Corsica, isola che è allora sotto il suo controllo. I gesuiti vengono fatti sbarcare ad Ajaccio, poi trasferiti a Bonifacio, sulla punta meridionale dell’isola, dove rimangono per un anno. Padre Giuseppe trova alloggi adatti per tutti, ma essi si trovano in grande indigenza. Giungono però loro degli aiuti, in particolare dall’Italia. Padre Ricci invia loro da Roma vasi sacri e paramenti liturgici. Ogni apostolato è loro proibito, ma il fervore e la devozione degli esiliati impressionano le popolazioni locali. Padre Giuseppe organizza lezioni con i tanti insegnanti presenti e anche gare teologiche. Nel 1768, la Corsica viene ceduta da Genova alla Francia e una numerosa guarnigione francese sbarca a Bonifacio. Poche settimane dopo, tutti i religiosi lasciano l’isola per Genova e poi per Ferrara, negli Stati della Chiesa, città il cui legato pontificio, mons. Pignatelli, è un parente stretto di padre Giuseppe. Vengono raggiunti lì dagli esiliati del Messico. Il Padre riunisce i suoi confratelli secondo le loro case di origine, sotto i loro rispettivi superiori. Ben presto riprendono gli studi per i giovani. Ancora una volta, la sua famiglia esorta il Padre a lasciare la Compagnia di Gesù prima che essa venga sciolta e a tornare in Spagna, dove gli vengono promessi grandi privilegi. Ma, lungi dal cedere, egli ottiene dai suoi superiori di pronunciare i suoi voti perpetui (1771).

Il Papa assillato

Nel 1773, assillato dalle corti reali d’Europa, papa Clemente XIV sopprime la Compagnia di Gesù, senza giudizio né condanna, con il breve Dominus ac Redemptor. Alcuni testimoni hanno affermato che nel firmare questo documento il Papa aveva detto : « Questa soppressione mi condurrà alla tomba » ; in effetti, muore l’anno successivo. Pio VI, suo successore, ritiene di non poter ristabilire un istituto che il suo predecessore immediato ha soppresso. Al culmine della prova, padre Ricci consacra il suo Ordine al Sacro Cuore. Raccomanda ai confratelli la preghiera, la pazienza e il perdono, poi muore due anni dopo lo scioglimento. A questa sofferenza si aggiunge, per padre Giuseppe, il dolore di vedere suo fratello, Nicola, che era diventato anche lui gesuita, riprendere una vita secolare e principesca. Nel 1779, egli diventa direttore spirituale della nipote, sposata con il duca di Villahermosa. La sua grande cultura gli permette di organizzare incontri letterari per le famiglie nobili bolognesi ; molti ritornano alla fede. Ma la sua missione più importante è preparare la restaurazione della Compagnia di Gesù.

La sua prima preoccupazione è di sostenere lo spirito religioso tra i suoi confratelli gesuiti dispersi. Si mostra pieno del « coraggio creativo » di cui parlerà papa Francesco a proposito di san Giuseppe, sposo di Maria : « Davanti a una difficoltà ci si può fermare e abbandonare il campo, oppure ingegnarsi in qualche modo. Sono a volte proprio le difficoltà che tirano fuori da ciascuno di noi risorse che nemmeno pensavamo di avere. Molte volte, leggendo i “Vangeli dell’infanzia”, ci viene da domandarci perché Dio non sia intervenuto in maniera diretta e chiara. Ma Dio interviene per mezzo di eventi e persone. Giuseppe è l’uomo mediante il quale Dio si prende cura degli inizi della storia della redenzione. Egli è il vero “miracolo” con cui Dio salva il Bambino e sua madre. Il Cielo interviene fidandosi del coraggio creativo di quest’uomo, che giungendo a Betlemme e non trovando un alloggio dove Maria possa partorire, sistema una stalla e la riassetta, affinché diventi quanto più possibile un luogo accogliente per il Figlio di Dio che viene nel mondo (cfr. Lc 2,6-7). Davanti all’incombente pericolo di Erode, che vuole uccidere il Bambino, ancora una volta in sogno Giuseppe viene allertato per difendere il Bambino e nel cuore della notte organizza la fuga in Egitto (cfr. Mt 2,13-14). A una lettura superficiale di questi racconti, si ha sempre l’impressione che il mondo sia in balia dei forti e dei potenti, ma la “buona notizia” del Vangelo sta nel far vedere come, nonostante la prepotenza e la violenza dei dominatori terreni, Dio trovi sempre il modo per realizzare il suo piano di salvezza. Anche la nostra vita a volte sembra in balia dei poteri forti, ma il Vangelo ci dice che ciò che conta, Dio riesce sempre a salvarlo, a condizione che usiamo lo stesso coraggio creativo del carpentiere di Nazaret, il quale sa trasformare un problema in un’opportunità anteponendo sempre la fiducia nella Provvidenza » (Lettera Patris Corde, 8 dicembre 2020).

Atteggiamenti paradossali

Paradossalmente, due sovrani non cattolici hanno rifiutato di mettere in atto nei loro Stati il breve di papa Clemente XIV : il protestante Federico II di Prussia per il territorio della cattolica Slesia, recentemente annessa al suo regno, e l’imperatrice ortodossa Caterina di Russia, per la Russia Bianca (Bielorussia ), nella stessa situazione. Caterina di Russia ha addirittura ottenuto dal Papa, pochi mesi prima della morte di quest’ultimo, un nuovo breve che permette di mantenere lo statu quo per i gesuiti di Russia. Pio VI conferma tale autorizzazione e Giuseppe Pignatelli, davanti al quale il Papa ha formalmente riconosciuto la legittimità dei gesuiti di Russia, si mette in contatto con la provincia della Russia Bianca, alla quale intende aggregarsi. Ma un problema di salute gli impedisce di realizzare questo progetto.

Molti ex gesuiti si sono riuniti nel ducato di Parma a motivo della calorosa accoglienza riservata loro dal duca Ferdinando I. Questi sacerdoti, divenuti secolari, si occupano di vari ministeri con grande beneficio delle anime. Il Duca arriva a rimpiangere la scomparsa del loro Ordine. Notando anche la disorganizzazione dell’educazione dei bambini dopo la chiusura dei collegi dei gesuiti, fa appello alla loro dedizione e li mette a capo dell’istruzione nel suo ducato. Poi, per garantire quest’opera nel tempo, si adopera per restaurare la Compagnia. A tal fine, si rivolge, nel 1793, tramite l’imperatrice Caterina, al superiore dei gesuiti di Russia, per chiedergli di riconoscere come suoi figli gli “ex gesuiti” del suo ducato. Il superiore gli invia dei Padri. Nel 1797, padre Giuseppe rinnova in privato la sua professione religiosa nelle mani di uno di loro. Due anni dopo, a Colorno, in provincia di Parma, viene fondato un noviziato e padre Pignatelli riceve l’incarico di maestro dei novizi. Sotto la sua direzione, i novizi vengono formati alle virtù e alla vita interiore seguendo da vicino il direttorio e lo spirito della Compagnia. Alcuni ex gesuiti si uniscono a loro. Padre Giuseppe immerge nuovamente, con grande dolcezza, gli uni e gli altri nello spirito degli Esercizi Spirituali, impegnandosi prima di tutto a restaurare lo spirito della Compagnia nei cuori.

L’anima della spiritualità dei gesuiti e il principio della loro unità risiedono nel libro degli Esercizi spirituali, in cui sant’Ignazio ha riassunto il proprio itinerario di conversione, dalla ricerca della gloria mondana al servizio totale di Dio. Dalla meditazione del Principio e Fondamento deriva il rilievo dato al fine ultimo : la salvezza eterna, compimento o accettazione della volontà di Dio, indifferenza per tutto ciò che non è questo obiettivo ultimo. Le meditazioni del Regno di Cristo e degli Stendardi suscitano l’amore appassionato per il Verbo fatto carne, la volontà di distinguersi nel suo servizio con l’essere poveri e umiliati come lui.

Padre Giuseppe apre la strada a questo ideale pagando di persona in tutti i campi : i ricordi toccanti lasciati dai suoi novizi lo evocano con una scopa in mano per fare i lavori di casa, o una bisaccia in spalla per mendicare di porta in porta. Egli infatti si preoccupa di provvedere alle esigenze materiali, essendo allora l’istituto molto sprovvisto di risorse, e fonda a Colorno un ospedale dove novizi e professori possono, sul suo esempio, dedicarsi ai malati. La sua fiducia in Dio lo ha sostenuto nelle sue prove. Soccorre senza risparmio tantissimi poveri, al punto che il denaro sembra moltiplicarsi nelle sue mani. « Alcuni, dice un giorno a un Padre, vorrebbero vedermi ridurre gli aiuti che do ai poveri e impegnarmi a mettere da parte del denaro per i nostri propri bisogni… Però vedo che Dio mi dona nella stessa misura in cui io dono agli altri. » In compenso, le vane prodigalità del fratello Nicola sono per lui una croce particolarmente dolorosa.

Paziente artefice di una restaurazione

Papa Pio VI, in esilio a Valence (Francia), muore nel 1799. Con il breve Catholicæ fidei (7 marzo 1801), il suo successore Pio VII suggella ufficialmente il riconoscimento della Compagnia di Gesù in Russia (circa duecento membri). Questo atto innesca un’ondata di richieste di affiliazione ai gesuiti russi, da parte di gruppi di ex gesuiti in Europa e negli Stati Uniti. Padre Giuseppe mira però al riconoscimento e alla restaurazione canonica della Compagnia come tale. Nel 1803, viene nominato Provinciale per l’Italia dal superiore generale di Russia. Rinunciando al suo desiderio di recarsi in Russia per mettersi al servizio dei poveri abitanti delle campagne, accetta questo incarico per obbedienza. Recatosi a Napoli, si adopera con grande prudenza per ottenere il consenso del re Ferdinando IV che, colpito dagli eventi della Rivoluzione francese, chiede al Papa di autorizzare il ritorno dei gesuiti a Napoli. Il 30 luglio 1804, la Compagnia di Gesù viene ripristinata nel Regno di Napoli e di Sicilia. Il Santo Padre, tuttavia, raccomanda la massima cautela : nessun abito distintivo, nessuna proclamazione pubblica… Questi provvedimenti, in effetti, vengono adottati in un contesto politico particolarmente difficile a causa delle campagne di Napoleone I in Italia, che costringono i padri gesuiti a molti cambiamenti di residenza (Parma, Napoli, Roma…). Nel 1807, padre Pignatelli ottiene anche la restaurazione della Compagnia in Sardegna.

Fin dalla sua giovinezza, il Padre soffre di una tubercolosi cronica. I suoi numerosi incarichi gli hanno raramente permesso di risparmiarsi. Nei primi giorni di ottobre del 1811, un nuovo sbocco di sangue è seguito da una profonda stanchezza. Il 2 novembre, approfittando di una remissione della malattia, può celebrare un’ultima Messa e andare a visitare i poveri. Al suo ritorno, deve mettersi a letto e non si alzerà più. Muore a Roma l’11 novembre, dopo aver predetto ai confratelli la prossima restaurazione della Compagnia di Gesù. In effetti, il 7 agosto 1814, papa Pio VII, uscendo dalla sua prigionia napoleonica, durante la quale ha a lungo meditato sulle cause dei disastri della Chiesa e della società, ristabilisce ufficialmente la Compagnia. Recatosi alla Chiesa del Gesù, dove lo attendono, curvi per l’età e le fatiche sostenute, un centinaio di ex gesuiti, fa leggere la Bolla di Restaurazione Sollicitudo omnium Ecclesiarum (La sollecitudine per tutte le Chiese ). 

Chiediamo a san Giuseppe Pignatelli la perseveranza nel servizio del Signore, ne bel mezzo delle tante battaglie che il mondo contemporaneo suscita per i fedeli di Cristo e della sua Chiesa.

Dom Antoine Marie osb

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