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14 settembre 2022 Esaltazione della Santa Croce |
Commossa fin dall’infanzia dalla triste condizione degli schiavi, madre Maria Maddalena della Croce (1810-1889), fondatrice delle Figlie di Maria, ha la convinzione di dover riunire in una stessa congregazione religiosa ex schiave con figlie della società libera : tutte sarebbero allora libere, della libertà dei figli di Dio. « Quest’opera, che sono chiamata a fondare, scriveva, fa orrore alle persone del mondo, e anche a quelle che si sono consacrate a Dio, perché si tratta di nulla di meno, per confondere l’orgoglio dei grandi e mostrare l’eccessiva carità di Cristo, di una comunione tra le persone bianche e quelle nere che formeranno questa comunità. »
Marie-Françoise-Aimée nasce il 2 giugno 1810 a Saint-André, nell’isola Borbone. Questa isola si trova a est del Madagascar, nell’oceano Indiano. Punto di scalo della Compagnia commerciale francese delle Indie orientali, diventa verso il 1710 una vera e propria colonia, poi passa sotto il controllo diretto del re di Francia negli anni sessanta del Settecento, prima di essere riassegnata all’industria della canna da zucchero, sotto Napoleone. Nel 1848, viene definitivamente ribattezzata isola della Réunion.
Ultima di una famiglia di quattro figli, Aimée è figlia di Gaëtan Pignolet de Fresnes e Marianne Notaise, vedova che ha già tre figli. Il signor Pignolet de Fresnes gestisce “Le Désert”, una tenuta agricola e industriale. Secondo un’usanza del tempo, la bambina viene affidata, fin dall’età di due anni, a una parente che non ha figli, sua madrina, la signora Mézières de Lépervanche che la riceve nella sua proprietà, a Sainte-Suzanne. La separazione dai suoi genitori fa profondamente soffrire Aimée. La madre adottiva evita di contrariarla, tanto più che è di salute cagionevole, e la bimba si comporta da bambina viziata : di indole vivace e suscettibile, non accetta il minimo rimprovero ; capricciosa, sceglie ella stessa i suoi vestiti di ogni giorno. Sa tuttavia mostrarsi generosa : dedica i suoi piccoli risparmi all’acquisto di fazzoletti che infila discretamente nel baule di una schiava originaria del Madagascar, anziana e cieca, che ne è sprovvista. All’età di otto anni, mostra un amore straordinario per Gesù crocifisso : il suo sguardo è attratto come una calamita verso di Lui e si concentra su Colui che « ha tanto sofferto per perdonarci », come scrive lei stessa. Un giorno, vede un padrone infierire su uno schiavo e lo ferma. « Non potevo sopportare di veder soffrire un essere infelice, scriverà nei suoi ricordi intimi ; i poveri schiavi avevano tutta la mia compassione. Avevo in orrore i padroni che erano duri e addirittura barbari nei loro confronti ; soffrivo orribilmente ogni volta che sapevo che venivano corretti oltre quanto richiesto dalla giustizia. »
Altre schiavitù
Ai nostri giorni, la schiavitù esiste ancora sotto altre forme. Nel suo messaggio per la 48a Giornata Mondiale della Pace, il 1° gennaio 2015, papa Francesco evocava le vittime della schiavitù contemporanea : « Non posso non pensare a quanti, minori e adulti, sono fatti oggetto di traffico e di mercimonio per l’espianto di organi, per essere arruolati come soldati, per l’accattonaggio… Penso infine a tutti coloro che vengono rapiti e tenuti in cattività da gruppi terroristici, asserviti ai loro scopi come combattenti o, soprattutto per quanto riguarda le ragazze e le donne, come schiave sessuali. Tanti di loro spariscono, alcuni vengono venduti più volte, seviziati, mutilati, o uccisi. » Il Papa ricordava la causa profonda della schiavitù : « Oggi come ieri, alla radice della schiavitù si trova una concezione della persona umana che ammette la possibilità di trattarla come un oggetto. Quando il peccato corrompe il cuore dell’uomo e lo allontana dal suo Creatore e dai suoi simili, questi ultimi non sono più percepiti come esseri di pari dignità, come fratelli e sorelle in umanità, ma vengono visti come oggetti. La persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio, con la forza, l’inganno o la costrizione fisica o psicologica viene privata della libertà, mercificata, ridotta a proprietà di qualcuno ; viene trattata come un mezzo e non come un fine. »
Nel 1817, Aimée riceve il sacramento della Cresima. Segue allora le lezioni di catechismo a Saint-André e può far visita alla sua famiglia. In occasione della sua prima Comunione, il 18 maggio 1823, riconosce : « Come ero felice ! Credevo ingenuamente che questa felicità sarebbe stata eterna ! » A vent’anni viene colpita da una strana malattia : soffre di orribili emicranie e di un prurito insopportabile su tutto il corpo. Nessun rimedio riesce a darle sollievo, ma è quasi felice di soffrire qualche cosa per Dio, e osserva che la sofferenza la attira verso di Lui. Al termine di questa dolorosa prova, è più incline alla pietà.
Infermiera e catechista
Rovinato dalla crisi dello zucchero degli anni 1828-1829, suo zio si trasferisce a Saint-André. Aimée, che vive ancora a casa sua, fa allora della chiesa la sua seconda dimora. Alla morte della madre adottiva, nel 1837, ritorna dai suoi genitori, ma la sua salute peggiora nuovamente. Prende la decisione di accettare il suo stato come penitenza, si unisce alla confraternita del Sacro Cuore di Gesù e inizia un apostolato presso gli schiavi, sulla cui salute veglia facendosi infermiera, mentre si prende cura della loro anima con lezioni di catechismo. La sua bontà è ben presto nota e, dopo gli schiavi della tenuta “Le Désert”, quelli delle altre tenute vicine vengono, di sera, ad approfittare delle sue istruzioni. Per dedicarsi meglio al servizio di Dio, trasforma la sua stanza in oratorio e condivide la camera con la sorella. Ma il loro padre, la cui pratica si limita a una certa devozione verso la Santa Vergine, teme che la casa diventi un convento. Rovinato anche lui, indebolito psicologicamente, soffre ben presto di una malattia polmonare. Preoccupata per la sua salute, Aimée prega per ottenergli una morte cristiana. Quando lui finalmente accetta di chiedere perdono a Dio per le sue colpe, di fare la comunione e di indossare lo scapolare della Madonna del Carmelo, Aimée capisce che le sue preghiere sono state esaudite. Dopo la morte del padre, veste abitualmente abiti neri, come segno della sua rottura con il mondo.
La sua vocazione le appare più chiara : servire Dio attraverso gli esseri più abbandonati, specialmente gli infermi, gli anziani e i lebbrosi. Quella parte che il mondo rifiuta, Aimée la considera sua sorte. Confida il suo disegno a padre Frédéric Levavasseur, della Società del Sacro Cuore di Maria. Questo religioso le propone una rigida regola di vita e la incoraggia a proseguire il suo apostolato nel mondo per lasciar maturare il suo progetto : fondare una nuova congregazione, aperta a tutte le ragazze, indipendentemente dalla loro condizione sociale, « perché, lei scrive, davanti a Dio tutti gli uomini sono uguali ; dopo la morte ridiventiamo tutti polvere e, nell’ora del giudizio finale, tutti saranno valutati allo stesso modo. » Confida la sua idea alla sorella Marie-Anne, che le confessa di nutrire lo stesso intento. Dai loro scambi di idee emerge rapidamente il pensiero di fondare una congregazione dedicata a Maria. Nulla però potrà realizzarsi prima dell’abolizione della schiavitù nelle colonie francesi, che sarà decretata il 20 dicembre 1848.
La scelta di un luogo per la fondazione spetta a padre Levavasseur. A partire dal 1849, iniziano i lavori di costruzione di un convento su un terreno che viene loro concesso a La Rivière-des-Pluies. Il 15 aprile. Aimée s’installa in questo convento. Gli schiavi la supplicano, in lacrime, di non abbandonarli. Le appare allora chiaramente che la sua missione svolta a Saint-André ha dato i suoi frutti. Il convento che la ospita è costituito da capanne costruite con un impasto di argilla e paglia, ricoperte di paglia. I mobili sono di una semplicità estrema : per letti, delle stuoie posate per terra, qualche panca e qualche sedia per sedersi, due tavoli, due o tre letti pieghevoli per i malati. « Rinuncio a tutto fino alla mia morte, scrive Aimée, rinuncio alla mia famiglia, agli schiavi affrancati che avevo convertiti. La mia vita deve d’ora in poi essere una vita di rinuncia. » Questa rinuncia costituisce l’atto fondante delle Figlie di Maria.
Sfidare un pregiudizio
Accogliendo ragazze nere, un tempo schiave, e ragazze bianche, Aimée sfida il pregiudizio di colore che incancrenisce la società reunionese. Inizia senza un soldo : sono molti, quindi, coloro che non credono nella sua possibilità di riuscita. Senza contraddirla in faccia, viene considerata come un’esaltata, una pazza, e tutti predicono il suo fallimento. I primi anni della congregazione si svolgono in questo clima di ostilità. « Poiché la nostra opera è quella di Dio, scrive, essa procederà a dispetto di tutto ; per quanto ci sarà chi si leverà contro di essa, sarà Gesù a mostrarvisi in tutto ciò che si fa, per mettere ognuno al suo posto. » Ella sottolinea l’importanza della fiducia in Dio : « Senza la fiducia in Dio, molti sarebbero vinti dallo scoraggiamento. Ve lo dico con mia vergogna, sento che più di una volta sarei caduta in un profondo scoraggiamento… Gesù, Maria, Giuseppe mi sostengono. Guardo la croce e la scongiuro di aiutarmi ad attraversare questa vita così dura e dolorosa. » Padre Levavasseur le dà senza indugio l’abito religioso. Il 19 maggio 1849, lei pronuncia i suoi voti e riceve il nome di madre Maria Maddalena della Croce. Non senza riluttanza e timore, accetta l’incarico di superiora delle prime dodici postulanti, di cui otto ex schiave. Nel 1852, Marie-Anne, sua sorella di sangue, che fino ad allora era trattenuta presso la loro madre, si unisce alla comunità e prende il nome di madre Maria Teresa di Gesù.
Madre Maria Maddalena scriverà nel 1858 : « Mio Dio, come sei mirabile in quello che fai ; tu chiami a te, per fondare un’opera, l’essere più debole, più miserabile, meno capace, colei che ti ha offeso più degli altri… In una parola, tu prendi per te tutto ciò che il mondo avrebbe rifiutato cento volte. » Ella prova l’estremo desiderio di compiere solo la volontà del suo divin Maestro e di cercare solo Lui. « Mi sembra che l’amore che ho per Lui sia grande e forte come Gesù stesso, che non siano né il timore dell’inferno, né il desiderio del Cielo che mi fanno amare Gesù ; Lo amo per puro amore. » Considera la sofferenza come il cemento del suo attaccamento a Gesù, come la via più sicura per andare in Cielo. Ai piedi del Calvario e del tabernacolo, trova conforto e riprende le forze.
Poste tra i peccatori e l’inferno
Le Figlie di Maria desiderano conquistare un gran numero di anime a Dio, attraverso le loro preghiere e la loro vita di povertà, di penitenza e di lavoro. « Sì, scrive la fondatrice, come soffro pensando ai poveri peccatori ! Che cosa non darei per salvare le loro anime ! Quando penso a tutti quelli che ho lasciati nel mondo e che vivono come se dovessero trascorrere l’eternità sulla terra ! Trascorrere tutta una vita nel peccato, senza volersi sottomettere alla volontà divina, evitando di pensare alla morte che verrà a bussare alla loro porta nel momento in cui meno ci penseranno !… Grazia, Signore, per queste povere anime ! Oh ! Darei volentieri la mia vita per strapparle all’inferno ! Misericordia, Signore ! Ponete tra loro e l’inferno le povere Figlie di Maria, affinché per loro intercessione la loro cara Madre salvi quelle anime che ti sono costate così care ! »
« La morte, ricorda il Catechismo della Chiesa cattolica, pone fine alla vita dell’uomo come tempo aperto all’accoglienza o al rifiuto della grazia divina apparsa in Cristo (cfr. 2Tm 1,9-10)… La parabola del povero Lazzaro (cfr. Lc 16,22) e la parola detta da Cristo in croce al buon ladrone (cfr. Lc 23,43) così come altri testi del Nuovo Testamento parlano di una sorte ultima dell’anima che può essere diversa per le une e per le altre. Ogni uomo fin dal momento della sua morte riceve nella sua anima immortale la retribuzione eterna, in un giudizio particolare che mette la sua vita in rapporto a Cristo, per cui o passerà attraverso una purificazione, o entrerà immediatamente nella beatitudine del cielo, oppure si dannerà immediatamente per sempre » (CCC, nn. 1021-1022). Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, dice Gesù ; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Qual vantaggio infatti avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima ? (Mt 16,25-26).
All’indomani dell’abolizione della schiavitù, molti ex schiavi sono in difficoltà : anziani e malati, privi di cure, bambini senza scuola, giovani portatori di handicap rinchiusi all’interno delle case. La prima azione di madre Maria Maddalena è quella di assicurare, presso il convento stesso, le cure di una bambina disabile. Con le sue Figlie, lavora anche negli ospedali privati di Sainte-Suzanne e di Saint-Gilles-les-Hauts. Ma la sua compassione e sollecitudine si rivolgono soprattutto ai lebbrosi : « Il lebbroso è l’essere più infelice che esista », scrive. Non appena è riconosciuto affetto da questa malattia, viene ripudiato dalla sua famiglia. Deve essere confinato, bisogna che fugga ben lontano dal mondo, perché suscita solo orrore in tutti quelli che lo vedono… I lebbrosi devono essere il pane delle Figlie di Maria. Nel 1856, insedia alcune delle sue Figlie nel lebbrosario di Saint-Bernard. Di lì, scrive a quelle che risiedono a La Rivière-des-Pluies : « Ho attraversato questa lunga camerata dove cinquanta lebbrosi ci salutavano con un’espressione di contentezza, senza che io abbia provato altro sentimento che quello di gioia e di felicità… Che cosa posso dirvi di questi poveri esseri, se non che si possono trarre molti argomenti di profonda meditazione considerandoli. »
Far amare San Giuseppe
Nel 1859, la comunità lascia il suo convento di argilla e paglia per stabilirsi a Saint-Denis, la capitale, in un edificio in pietra, che viene chiamato “La Providence”. Madre Maria Maddalena ha una fiducia illimitata nella divina Provvidenza : « Non mi preoccupo mai del giorno dopo, dichiara, so che Dio mi darà il necessario, non abbiamo bisogno di niente di più… Quando, nella più piccola necessità, ho avuto ricorso a Gesù e Maria, e dopo vedo che sono stata esaudita, bisognerebbe essere molto insensata per bussare dovunque tranne che alla porta di questi Cuori divini. Amo mille volte di più un pezzo di pane donato dalla Provvidenza che le vivande più squisite che io dovessi ai capricci degli uomini. Oggi, voi siete nelle loro grazie, vi portano alle stelle, e domani, se sono contrariati, non pensano più a voi. » E si rallegra di avere san Giuseppe come economo : « Mi sembra che la tenerezza che ho per questo grande santo sia un dono che mi ha fatto Gesù, mi sembra che san Giuseppe sia mio, che ci sia qualche cosa che mi unisce a questo buon Padre che non posso esprimere, ma che fa sì che io non possa fare a meno di lui perché Gesù lo vuole. Vorrei che tutti lo amassero… Quando ho bisogno di qualche cosa per la comunità, gli scrivo un bigliettino, oppure, inginocchiandomi ai suoi piedi, gli parlo delle mie esigenze, gli elenco quello che desidero, poi me ne vado, ben certa che verrò esaudita. »
In occasione del 150° anniversario della dichiarazione, da parte del beato papa Pio IX, di san Giuseppe quale Patrono della Chiesa universale, papa Francesco ha voluto condividere alcune riflessioni su questa figura eccezionale : « Tutti possono trovare in san Giuseppe l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà. San Giuseppe ci ricorda che tutti coloro che stanno apparentemente nascosti o in “seconda linea” hanno un protagonismo senza pari nella storia della salvezza… La grandezza di san Giuseppe consiste nel fatto che egli fu lo sposo di Maria e il padre adottivo di Gesù. In quanto tale, si pose al servizio dell’intero disegno salvifico… Per questo suo ruolo nella storia della salvezza, san Giuseppe è un padre che è stato sempre amato dal popolo cristiano… Tanti santi e sante furono suoi appassionati devoti, tra i quali Teresa d’Avila, che lo adottò come avvocato e intercessore, raccomandandosi molto a lui e ricevendo tutte le grazie che gli chiedeva ; incoraggiata dalla propria esperienza, la Santa persuadeva gli altri ad essergli devoti… La fiducia del popolo in san Giuseppe è riassunta nell’espressione Ite ad Ioseph, che fa riferimento al tempo di carestia in Egitto quando la gente chiedeva il pane al faraone ed egli rispondeva : Andate da Giuseppe ; fate quello che vi dirà (Gen 41,55). Si trattava di Giuseppe figlio di Giacobbe, che fu venduto per invidia dai fratelli (cfr Gen 37) » (Lettera apostolica Patris Corde, n° 1).
Madre Maria Maddalena invia delle suore nei luoghi in cui la miseria è maggiore. Ben presto avrà fondato diciassette comunità alla Réunion. Viene anche in aiuto ai poveri dei paesi limitrofi : l’isola Mauritius, il Madagascar, le Seychelles, ma anche l’Africa. Il progetto alle Seychelles non potrà realizzarsi durante la sua vita ; invece, dal 1860, le Figlie di Maria sono presenti in Africa. L’invio delle giovani suore lontano, in certi paesi in cui i musulmani sono la maggioranza, è sentito dalla Madre come una pesante responsabilità : « Ho sofferto di più nel veder partire le mie consorelle per l’Africa che quando ho chiuso gli occhi a quelle che sono morte », confessa… Ma, in compenso, « non dimentichiamo, continua, che solo poco tempo fa l’isola Borbone prelevava schiavi dall’Africa. Da un certo punto di vista era abbastanza un motivo per rallegrarsi il vedere le ragazze i cui genitori erano venuti come schiavi a Borbone ripartire per curare ed educare i loro fratelli. Esse effettuavano un ritorno alle origini che non era banale. Dio voleva che fosse così, sia Egli lodato per questo ! » Sua sorella, madre Maria Teresa di Gesù, contrarrà la febbre mentre si trova in visita presso le comunità dell’Africa. La sua morte, il primo venerdì del mese di aprile del 1868, è « il sacrificio più terribile e più completo che Dio potesse impormi, dirà madre Maria Maddalena… D’ora in poi, dovevo appoggiarmi solo più sulla mia croce ed è ai suoi piedi che dovevo riversare tutte le amarezze del mio cuore… Dio ha voluto che fossi sola in mezzo alle mie sofferenze, per insegnarmi che devo aggrapparmi a Lui solo. »
La fondatrice raccomanda alle sue figlie la pratica assidua delle virtù di povertà, di obbedienza, di umiltà e di carità. « Credo che Dio ricompenserà ampiamente quelle che faranno di tutto per mantenere la pace nella congregazione. Sarà solo a costo di tanti sacrifici, ma che importa, se possiamo operare per la gloria di Dio e aiutare le nostre sorelle a santificarsi ! Bisogna compiere la volontà di Dio là dove Egli vuole e come Lui vuole. Abbiamo bisogno di sapere che cosa vuole Dio, perché sta tutto lì ; ogni giorno ci insegna che la vita è un susseguirsi di dolori che bisogna saper soffrire nella calma e nella pace, per cercare di meritare il Cielo a qualunque prezzo. Questo riposo del Cielo sarà così dolce dopo il terribile combattimento della terra ! »
Date, ve lo ricambierò
A partire dal 1873, la salute di madre Maria Maddalena è minata dalla malaria. Il 16 gennaio 1882, Dio richiama a sé padre Levavasseur, suo padre spirituale, cofondatore della sua opera. Nel 1887, la colpisce un’altra prova : le comunità dell’isola Mauritius si separano dalla congregazione. Nel gennaio 1889, sul suo letto di agonia, la Madre ripete instancabilmente alle sue Figlie : « Carità per i poveri, per i bambini, per gli orfani, per gli anziani… Date, date, Figlie mie, vi prometto di farvelo ricambiare al centuplo quando sarò lassù. » Si spegne pacificamente il 27 gennaio. Nel 2007, papa Benedetto XVI ha riconosciuto l’eroicità delle virtù di madre Maria Maddalena della Croce. Oggi, la congregazione delle Figlie di Maria conta più di trecento suore distribuite in una cinquantina di comunità. Esercitano il loro apostolato alla Réunion, sull’isola Mauritius, sull’isola Rodrigues, in Madagascar, alle Seychelles e in Africa.
La venerabile madre Maria Maddalena della Croce ci aiuti a mettere in pratica il comandamento nuovo che Gesù ci ha lasciato : amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato ! (Gv 13,34)