Lettera

Blason   Abbazia San Giuseppe di Clairval

F-21150 Flavigny-sur-Ozerain

Francia


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12 gennaio 2022
san Aelredo di Rievaulx, abate


Carissimo Amico dell’Abbazia di San Giuseppe,

La Cina esercitava una grande attrazione sul cuore di san Giovanni Bosco ; questi aveva del resto visto in sogno innalzarsi, da questo immenso paese fino al cielo, due grandi calici, uno pieno del sudore, l’altro del sangue dei suoi figli spirituali, i Salesiani. Il 25 febbraio 1930, due di loro, mons. Luigi Versiglia, primo vicario apostolico di Shiu Chow, e don Callisto Caravario, giovanissimo sacerdote, sono morti per la difesa della fede e della castità, realizzando così il sogno di don Bosco. « Sull’esempio di Cristo, hanno incarnato in modo perfetto l’ideale del pastore evangelico : pastore che è ad un tempo Agnello (cfr. Ap 7,17), che dà la vita per il gregge (Gv 10,11), espressione della misericordia e della tenerezza del Padre ; ma, allo stesso tempo, agnello che sta in mezzo al trono (Ap 7,17), leone vincitore (cfr. Ap 5,5), valoroso combattente per la causa della verità e della giustizia, difensore dei deboli e dei poveri, trionfatore sul male del peccato e della morte » (san Giovanni Paolo II, omelia della beatificazione, 15 maggio 1983).

« Vieni a trovarmi ! »

Luigi Versiglia è nato a Oliva Gessi, nei pressi di Pavia, in Lombardia, il 5 giugno 1873. È un bambino vivace, dotato per l’aritmetica, appassionato di cavalli. Giovanissimo, serve la Messa con tale devozione che la gente vede in lui un futuro sacerdote ; ma Luigi, che sogna di diventare veterinario, non ascolta. Nel settembre 1885, viene accolto presso l’Oratorio di Valdocco a Torino, da don Bosco, che lo tocca profondamente, al punto che finirà con il cambiare idea. Il 24 giugno 1887, giorno della festa di don Giovanni Bosco, viene incaricato di rivolgergli un discorsetto a nome degli allievi. Dopo l’omaggio, mentre bacia la mano del vecchio prete, quest’ultimo gli sussurra all’orecchio : « Vieni poi a trovarmi, ho qualcosa da dirti. » La malattia e la morte del santo impediscono questo colloquio, ma il ragazzo è conquistato. Nel 1888, commosso dalla cerimonia di consegna del crocifisso a sette missionari in partenza, Luigi decide di entrare nella Congregazione Salesiana, con la speranza di partire anche lui in missione. Dal mese di agosto, inizia il noviziato a Foglizzo. L’11 ottobre 1889, pronuncia i suoi voti. Dopo una laurea in filosofia presso l’Università Gregoriana di Roma, ritorna a Foglizzo, dove insegna la logica ai novizi. Il 21 dicembre 1895, viene ordinato prete con dispensa della Santa Sede a motivo della sua età, perché non ha ancora nemmeno ventitré anni.

Nel 1896, don Versiglia viene nominato direttore e maestro dei novizi della casa di Genzano, a Roma. Vi rimane nove anni. « Esigente nei nostri confronti, scrive un novizio, lo è molto di più con se stesso. Non risparmia le osservazioni, che fa a tempo e luogo opportuno, con grande carità ed equanimità. Lavoratore instancabile, è un pugno di ferro in guanto di velluto nei confronti di chi mostra una tendenza alla pigrizia. Indulgente con le menti ottuse, non risparmia né i suoi sforzi per dare loro aiuto, né i suoi incoraggiamenti. » Egli, tuttavia, aspira sempre alla vita missionaria e vi si prepara anche attraverso esercizi fisici. Nel 1905, don Versiglia vede finalmente realizzarsi il sogno della sua vita : viene scelto per guidare la prima spedizione salesiana in Cina. Arrivati a Macao, nel 1906, i religiosi iniziano aprendo un modesto orfanotrofio. Nel 1917, mons. de Guébriant, delle Missioni estere di Parigi, che governa la provincia di Canton come vicario apostolico, cede loro la regione del Leng Nam Tou. A partire dal 1920, questa verrà eretta a vicariato apostolico di Shiu Chow. Don Albera, superiore generale dei Salesiani, invia allora un calice a don Versiglia. Con premonizione, quest’ultimo dice al religioso che glielo consegna : « Don Bosco vide che quando in Cina un calice si fosse riempito di sangue, l’Opera Salesiana si sarebbe meravigliosamente diffusa in mezzo a questo popolo immenso. Tu mi porti il calice visto dal Padre : a me il riempirlo di sangue per l’adempimento della visione. »

« Il missionario che non sia unito a Dio è un canale che si stacca dalla sorgente, egli scrive. Il missionario che prega molto farà anche molto. Amare molto le anime : questo amore sarà maestro di tutte le industrie per far loro del bene. » Nominato vicario apostolico di Shiu Chow, il 4 maggio 1920, riceve l’ordinazione episcopale il 9 gennaio 1921. Gli anni seguenti sono segnati dal lavoro, dai viaggi, dalle fondazioni : mons. Versiglia compie prodigi su una terra ostile ai cattolici e mostra le sue capacità nell’organizzazione del vicariato. Sono sua continua preoccupazione la cura dei missionari, la formazione dei cristiani e la conversione degli infedeli. In quanto superiore, si adopera ad essere più padre e fratello che uomo di comando ; perciò i missionari e i cristiani lo amano e gli obbediscono volentieri. Egli fonda scuole elementari in quasi tutti i centri missionari del vicariato. Al suo arrivo, si contavano diciotto centri ; nel 1930, ce ne saranno cinquantacinque. Nel capoluogo, apre scuole per insegnanti e catechisti, una scuola professionale, un ricovero per anziani, un ambulatorio medico e un seminario minore. In dodici anni, avrà ordinato ventun sacerdoti.

Il mandato di Cristo

Constatando le obiezioni contemporanee contro la necessità delle missioni, papa san Giovanni Paolo II scriveva : « A causa dei cambiamenti moderni e del diffondersi di nuove idee teologiche, alcuni si chiedono : è ancora attuale la missione tra i non cristiani ? Non è forse sostituita dal dialogo inter-religioso ? Non è un suo obiettivo sufficiente la promozione umana ? Il rispetto della coscienza e della libertà non esclude ogni proposta di conversione ? Non ci si può salvare in qualsiasi religione ? Perché quindi la missione ?… Noi rispondiamo : la Chiesa non può sottrarsi al mandato esplicito di Cristo (Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura [Mc 16,15])… L’annunzio ha per oggetto il Cristo crocifisso, morto e risorto : in lui si compie la piena e autentica liberazione dal male, dal peccato e dalla morte ; in lui Dio dona la vita nuova, divina ed eterna. È questa la Buona Novella… che tutti i popoli hanno il diritto di conoscere » (Enciclica Redemptoris missio, 1990, nn. 4, 11, 44).

La fatica missionaria di mons.. Versiglia si svolge in un contesto politico agitato : la proclamazione della Repubblica Cinese a Nanchino il 10 ottobre 1911 aveva portato all’abdicazione, nell’anno successivo, dell’imperatore, un bambino di sette anni. Dopo la morte, nel 1916, del primo presidente della Repubblica, Yuan Shih-Kai, era iniziato un periodo di anarchia, al quale pose fine il generale Chiang Kai-shek riportando la vittoria (1927) sui “signori della guerra” che tiranneggiarono diverse regioni. Ma i nazionalisti di Chiang Kai-shek si scontrano con i comunisti di Mao Zedong. In questo caos, i missionari, qualificati come « diavoli bianchi », sono oggetto di violenze, soprattutto da parte dei soldati comunisti, per i quali la distruzione del cristianesimo è un dovere programmato. In una lettera del gennaio 1926, mons. Versiglia scrive : « Come vedete, siamo in pieno bolscevismo e non sappiamo dove questo ci porterà… Sappiamo bene che tutto è nelle mani del Signore e siamo pronti a compiere la sua santa Volontà, anche a costo della vita. » Scrive a uno dei suoi collaboratori : « Se il Signore desidera una vittima per il bene della Missione, eccomi pronto ! »

Fino in Cina

Nel 1922, mons. Versiglia era tornato a Torino per partecipare al capitolo generale della Congregazione Salesiana. Molti religiosi erano stati toccati da questo vescovo missionario : tra loro, il giovane Callisto Caravario gli si offrì generosamente : « Sì, Monsignore, vedrà : sarò di parola. La seguirò fino in Cina. » Callisto Caravario è nato a Cuorgnè, in provincia di Torino, l’8 giugno 1903. I suoi genitori hanno come unica ricchezza una fede profonda. Nel 1908, la famiglia si stabilisce a Torino. Callisto viene iscritto alla scuola pubblica. Nel periodo precedente la sua Comunione, segue, con alcuni compagni, un ritiro presso le Suore del Cenacolo. L’adolescente, di buona indole, si mostra obbediente, servizievole, temperante. Manifesta verso sua madre un tenero affetto ; quando vede tristezza sul suo viso, le prende le mani e le dice con tenerezza : « Coraggio, mamma, pregherò per te ! » Callisto frequenta l’Oratorio San Giuseppe tenuto dai Salesiani, poi, a partire dal 1913, i corsi del loro collegio San Giovanni Evangelista. All’Oratorio, si dedica al gioco, ma aiuta anche a mantenere la pulizia e l’ordine dei locali. Con i suoi compagni, si rivela un piccolo apostolo, sostenendo il loro buonumore e la loro devozione. Felice di servire la Messa, si alza presto, rischiando di aspettare a lungo alla porta del collegio, anche d’inverno. Sull’esempio di san Domenico Savio, manifesta un’angelica purezza di costumi, nutrita dalla Comunione frequente.

Nonostante l’opposizione di alcuni membri della sua famiglia, Callisto esprime chiaramente le sue aspirazioni alla vita religiosa. Sicuro della vocazione del ragazzo, il superiore del collegio s’incarica di trovare benefattori per finanziare la sua istruzione, perché i suoi genitori non ne hanno i mezzi. Nell’autunno del 1914, Callisto inizia lo studio del latino. Quattro anni dopo, appena quindicenne, chiede di entrare nella Congregazione Salesiana. Il 21 novembre 1918, indossa la veste talare e, nel settembre dell’anno successivo, pronuncia i suoi primi voti. A partire dal 1921, prosegue la sua formazione, prima al collegio San Giovanni Evangelista, poi tra gli apprendisti a Valdocco. Ma il suo grande desiderio rimane quello delle Missioni in Cina. In lui arde la fiamma dello zelo apostolico ed è pronto a sacrificare tutto per la diffusione del Regno di Dio tra i non cristiani. Nell’ottobre 1924, i suoi desideri vengono esauditi : il 7, s’imbarca per Hong-Kong. « Il Signore mi ha dato la forza di fare volentieri, anzi allegramente, il sacrificio di me stesso, scrive alla madre. Tu continua a pregare per me ! » Da Macao, l’11 dicembre, conferma : « Io per conto mio non mi sono per nulla pentito per aver lasciato l’Italia : anzi sono felice. Il sacrificio fu grande lo so ; ma il Signore aiuta ed aiuterà. So che la mia partenza ha fatto del bene a parecchi e continuerà a farne. »

Assegnato all’orfanotrofio San Giuseppe di Shanghai, don Caravario s’impegna con tenacia nello studio del cinese, del francese e dell’inglese. In breve tempo, riesce a farsi capire dai bambini che sono stati raccolti. La sua prima cura è l’insegnamento del catechismo per preparare al Battesimo i tanti bambini che lo chiedono. Ha a cuore le vocazioni indigene, sceglie tra i giovani quelli che danno segni di vocazione, li segue più da vicino, li educa alla devozione, alla purezza e all’allegria. Avrà la gioia di vedere due di loro entrare nella Congregazione Salesiana. La sua carità non è da meno verso i bisogni fisici degli allievi, la maggior parte dei quali vengono portati all’orfanotrofio non solo sporchi e vestiti di stracci, ma anche in uno stato di salute pietoso. Grazie alle sue cure, circa un centinaio di bambini saranno presto guariti nel corpo e nell’anima.

Un visitatore discreto

Nello stesso tempo, don Callisto prosegue lo studio della teologia. Poiché però l’avanzata delle truppe comuniste, nel 1926, costringe i Salesiani a lasciare Shanghai, viene inviato a Timor (isola dell’arcipelago indonesiano allora sotto la dominazione portoghese), dove arriva nell’aprile del 1927. Lì, due anni trascorsi tra i ragazzi della scuola di Dili rivelano le sue qualità di educatore. « Don Caravario fu per me, dirà don Rossetti, superiore della scuola, l’ideale del Salesiano : umile, obbediente, pio, attivo… Ecco, andavo dicendo tra me, il futuro superiore della Missione di Timor ! In pochi anni quest’isola potrà essere interamente cristiana grazie alla sua devozione e al suo zelo. Le sue visite al Santissimo Sacramento erano frequenti e prolungate. Ogni sera, dopo le preghiere, quando tutti si erano ritirati e pensava che nessun occhio indiscreto lo osservasse, scendeva lentamente, a piedi nudi, alla cappella ; inginocchiato sul piccolo gradino dell’altare, diritto, immobile, con il capo chino e le mani giunte, trascorreva una buona mezz’ora in adorazione. »

Nel gennaio 1929, don Callisto annuncia alla madre la sua imminente ordinazione sacerdotale : « Il Signore faccia di me un sacerdote secondo il suo Cuore ! » Lascia Timor nel marzo 1929. Il suo rammarico nel partire dall’isola è attenuato, testimonierà don Rossetti, dalla grande probabilità del martirio che gli offre la Cina : « Questa prova suprema di amore per Dio e per le anime era, si può dire, l’oggetto di conversazione quotidiano : un argomento che provocavo volentieri, rallegrandomi di vederlo infiammarsi e di sentirlo rispondere alle ragioni di chi non condivideva il suo entusiasmo. » In occasione del suo commiato, egli dichiara di tornare in Cina, « dove lo attende il martirio ». Il 18 giugno, viene ordinato sacerdote a Shiu Chow da mons. Versiglia. Quella stessa sera, scrive queste righe per la madre, la confidente del suo cuore di apostolo : « Mia carissima mamma, ti scrivo oggi con il cuore pieno di gioia. Stamattina sono stato ordinato sacerdote… Ringrazia con me il Signore di tutto cuore per questa grazia, veramente straordinaria… Il desiderio più grande del mio cuore è ormai esaudito. Domani salirò all’altare per celebrare la Prima Messa… Cosa ti devo dire, mia buona mamma ? Che tu ringrazi con me il Signore e Lo preghi che mi conceda di essere fedele alle solenni promesse fattegli. » Poi, sotto l’azione dello Spirito Santo, come se prevedesse ciò che lo attende, pone la domanda : « Sarà lungo o breve il mio sacerdozio ? Non lo so. L’importante è che io faccia bene e che, presentandomi al Signore, io possa dire di aver, con il suo aiuto, fatto fruttare le grazie che Egli mi ha dato. »

Conquistare la loro amicizia

All’inizio di luglio, don Caravario arriva a Lin Chow, il primo campo missionario affidatogli da mons. Versiglia. Accompagnato da un catechista cinese, visita ognuna delle famiglie cristiane. Né le difficoltà, né i pregiudizi gli impediscono di adattarsi agli usi e costumi locali. Si mostra contento di tutto, nasconde stanchezze e disagi e si tiene pronto a esercitare ovunque il suo ministero. Conquista ben presto l’amicizia degli allievi della scuola e instilla in loro la devozione verso la Santa Eucaristia. Diverse volte durante la giornata, studenti cristiani e pagani si recano nella cappella per visitare il Santissimo Sacramento. Tutti studiano con diligenza il catechismo. Il suo successore testimonierà : « Ho notato quanto fosse fiorente la missione in cui don Caravario aveva lavorato per sei mesi. La pratica era fervente, le scuole ben tenute, i catechisti ben preparati all’insegnamento della dottrina. Una missione pienamente efficace, ricca di promesse per il futuro. »

Nel febbraio 1930, don Caravario si reca a Shiu Chow presso mons. Versiglia, che deve accompagnare per la visita pastorale della sua missione di Lin Chow. Ora, nei territori della Cina meridionale, imperversa una guerriglia : pirati e rivoluzionari comunisti rendono pericolosi i viaggi. Mons. Versiglia decide di partire comunque : « Se aspettiamo che le vie siano sicure, dice, non si parte più. No no, guai se la paura prende il sopravvento ! Sarà quel che Dio vorrà. » Oltre al vescovo e al giovane sacerdote, il gruppo è composto da due ragazzi che tornano a casa per le vacanze, da due loro sorelle e da una giovane donna, Maria Thong, che ha l’intenzione di farsi suora in una comunità indigena fondata dal vescovo. Tutti hanno ritardato il viaggio per essere accompagnati dai missionari.

Il 24 febbraio, partono in treno per Ling Kong How. Il giorno successivo, continuano in barca sul fiume Pak-kong. A mezzogiorno, mentre recitano l’Angelus, un urlo selvaggio esplode improvvisamente dalla riva : una decina di uomini armati di fucili gridano : « Fermate la barca ! Sbarcate ! – Non è necessario, siamo della Missione. – Sbarcate comunque ! » Il barcaiolo si avvicina alla riva. Nella barca, sotto il tettuccio di riparo, le giovani donne, tremanti, pregano. « Sotto quale protezione viaggiate ? – Di nessuno, risponde il barcaiolo, mai nessuno l’ha imposta ai missionari. – Come multa, dovrete pagare cinquecento dollari. – Ma non abbiamo una somma simile ! » Due uomini si precipitano nella barca e vedono le donne : « Facciamo uscire le donne ! » Ma già il vescovo e il sacerdote fanno barriera con i loro corpi. I pirati si precipitano su di loro e, con bestemmie e imprecazioni, li colpiscono con il calcio dei fucili. Il vescovo cade a terra. Don Callisto si oppone agli aggressori, finché crolla a sua volta, mormorando : « Gesù… Maria ! » Le giovani donne resistono ancora. « Figlia, mormora mons.. Versiglia a Maria Thong, aumenta la tua fede ! » La lotta continua, ma le forze sono ormai impari. Non si tratta più di permesso di transito, né di tassa da pagare : i veri motivi di tanta violenza sono l’odio contro i missionari e la passione per le donne. L’indagine mostrerà che si trattava di un agguato ben preparato : l’obiettivo era la giovane candidata alla vita religiosa, che da diversi anni rifiutava di sposare un capo di briganti.

Morti contenti

I missionari vengono trascinati in un bosco vicino. Mons. Versiglia fa un ultimo tentativo, offrendo denaro, per strappare le giovani donne dalle grinfie dei pirati. Uno di loro esclama : « Bisogna distruggere la Chiesa cattolica ! » Le giovani donne tremano stringendo il crocifisso. Viene loro strappato : « Perché ami questo crocifisso ? Noi lo odiamo ! » Mons. Versiglia e don Caravario capiscono che è giunta l’ora di testimoniare Cristo anche con il dono della loro vita. Sereni, pregano ad alta voce e riescono a confessarsi vicendevolmente. Il vescovo cerca ancora di salvare il suo compagno : « Io sono vecchio, ammazzatemi pure ; ma lui è giovane : risparmiatelo ! » All’improvviso, rintronano nell’aria cinque colpi secchi di fucile : il sacrificio è consumato. « Sono cose inspiegabili, dicono allora gli assassini : ne abbiamo visti tanti, e tutti temevano la morte. Questi due, invece, sono morti contenti, e queste, alludendo alle ragazze, non desiderano altro che morire. » In lacrime, le ragazze devono seguire i loro aggressori ; viene ordinato ai due ragazzi di andarsene senza voltarsi indietro. Essi avvisano le autorità, che inviano drappelli di soldati. Il 2 marzo, questi raggiungono il nascondiglio dei banditi che, dopo una breve sparatoria, fuggono, lasciando libere le giovani, divenute preziose testimoni del martirio dei due missionari. Riconosciuti martiri, mons. Versiglia e don Caravario sono stati canonizzati il 1° ottobre 2000 da san Giovanni Paolo II.

« È sempre per la sua testimonianza di fede che il martire viene ucciso… Gli uccisori danno mostra di odiare la fede non solo quando la loro violenza si getta contro l’annuncio esplicito della fede…, ma anche quando tale violenza si scaglia contro le opere della carità verso il prossimo, opere che obiettivamente e realmente hanno nella fede la loro giustificazione e il loro motivo. Odiando ciò che sorge dalla fede, mostrano di odiare quella fede che ne è la sorgente. Questo è il caso dei due martiri Salesiani… Essi hanno dato la loro vita per la salvezza e l’integrità morale del prossimo. Si posero infatti a scudo e difesa della persona di tre giovani alunne della missione… Essi difesero a prezzo del loro sangue la scelta responsabile della castità, operata da quelle giovani, in pericolo di cadere nelle mani di chi non le avrebbe rispettate. Un’eroica testimonianza, dunque, a favore della castità, che ricorda ancora alla società di oggi il valore e il prezzo altissimi di questa virtù, la cui salvaguardia, connessa con il rispetto e la promozione della vita umana, ben merita che si metta a repentaglio la stessa vita, come possiamo vedere e ammirare in altri fulgidi esempi della storia cristiana » (san Giovanni Paolo II, ibid. omelia della beatificazione, 15 maggio 1983).

Che il Signore ci conceda, per intercessione dei due santi martiri, la grazia di meditare il loro esempio e di imitarli, secondo le diverse responsabilità e circostanze delle nostre vite !

Dom Antoine Marie osb

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