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14 settembre 2013 Esaltazione della Santa Croce |
Nel pomeriggio del 29 gennaio 1920, a Cernusco sul Naviglio, vicino a Milano, due suore della congregazione delle Marcelline, accompagnate dal loro cappellano, assistono allesumazione di tre religiose defunte, allo scopo di trasferire i loro resti nel cimitero del convento. La scena non promette nulla di allegro, e tuttavia... Il tempo ha fatto la sua opera sui corpi delle prime due suore disseppellite; ma quando il becchino arriva alla bara della terza, suor Maria Anna Sala, la trova così pesante da pensare che la spoglia mortale non sia decomposta. In effetti, allapertura del feretro, appare, sotto il sudario rimasto bianco come la neve, il corpo intatto, dal viso fresco e roseo. Il cappellano, che non ha conosciuto suor Sala, ne conclude: «Era una suora giovane. Non doveva avere più di trentanni.» Ora, alla sua morte, suor Anna Maria aveva sessantadue anni, ed era sepolta da ventinove anni!
Informata del fatto, la superiora generale delle suore Marcelline consegna nelle mani del Signore questa scoperta insolita. Qualche giorno dopo, suor Gulfi è colpita da emorragie così gravi che si prospetta per lei un intervento chirurgico. La Madre generale chiede alla malata di invocare per tre giorni il Sacro Cuore di Gesù perché, per lintercessione di suor Maria Anna Sala, venga evitata loperazione. Tre giorni dopo, suor Gulfi è fuori pericolo. Immediatamente, si raccolgono testimonianze e documenti su suor Maria Anna. Molti si ricordano di lei, della sua vita semplicissima, e delle sue virtù praticate con umiltà nelle necessità quotidiane del suo ufficio. Un gran numero di persone avevano proclamato, alla sua morte, che era una santa, in particolare le sue consorelle e le sue ex allieve. Nel maggio 1931, ha quindi inizio a Milano il processo che sfocerà nella beatificazione della suora il 26 ottobre 1980. In questa occasione, il beato papa Giovanni Paolo II metterà in evidenza tre insegnamenti tratti dalla sua vita e dal suo esempio: «La necessità della formazione e del possesso di un buon carattere fermo, sensibile, equilibrato; il valore santificante dellimpegno nel dovere assegnato dallobbedienza e limportanza essenziale dellopera pedagogica.»
Maria Anna Sala è nata e ha ricevuto il battesimo il 21 aprile 1829, a Brivio, nellItalia Settentrionale. La sua famiglia, che vive in condizioni economiche agiate, è fedele alle tradizioni cristiane in quella Lombardia allora provincia dellAustria. Maria Anna è la quinta di otto figli. Suo padre, un uomo molto credente, lavora nel commercio del legname. Con lesempio della loro vita autenticamente cristiana, i genitori Sala orientano i loro figli verso Dio, vegliando nello stesso tempo su di loro con una saggia previdenza. Maria Anna conosce uninfanzia felice, e compie i suoi primi studi a casa. La ragazzina è molto dotata, con una mente vivace ed equilibrata. Alletà di tredici anni, viene inviata nel collegio istituito lanno precedente a Vimercate dalle Suore Marcelline. La Congregazione delle Marcelline è stata fondata nel 1838 dal direttore spirituale del seminario maggiore di Milano, don Biraghi, e da madre Marina Videmari, anchella milanese. Lobiettivo principale di questo Istituto è di educare delle ragazze alla luce della fede cristiana, permettendo loro di seguire un serio programma di studi senza per questo trascurare le attività domestiche. La nuova famiglia religiosa si è posta sotto il patrocinio della sorella di santAmbrogio, santa Marcellina, che aveva ricevuto a Roma, nel 353, dalle mani di papa Liberio, il velo delle vergini consacrate. Fin dal suo ingresso nel collegio, Maria Anna è tra le prime della classe; studia con diligenza fino al punto di dimenticare a volte di andare in refettorio allora dei pasti.
Una dote preziosa
Lardore nel lavoro, in sé, è una dote, perché «lozio è nemico dellanima» (Regola di san Benedetto, cap. 48). Il lavoro occupa un posto importante nel piano di Dio sulluomo: fin dal principio, Dio ha voluto associare questultimo allopera della sua creazione e affidargli la missione di sottomettere la terra e di governarla con santità e giustizia, affinché il nome stesso di Dio sia glorificato dalluniverso intero. Il lavoro permette di assicurare il proprio sostentamento e quello della propria famiglia; è anche loccasione per associarsi ad altri esseri umani e per rendere servizio. Attraverso il dovere di stato compiuto con cura e coscienza professionale, ognuno contribuisce allo sviluppo della propria nazione e della società. La Chiesa «esorta i cristiani... a sforzarsi di compiere fedelmente i propri doveri terreni, facendosi guidare dallo spirito del Vangelo. Il cristiano che trascura i suoi impegni temporali, trascura i suoi doveri verso il prossimo, anzi verso Dio stesso, e mette in pericolo la propria salvezza eterna» (Vaticano II, Gaudium et spes, 43). Certe persone non possono svolgere un lavoro professionale a causa della malattia, della disoccupazione o delletà. Viene quindi suggerito loro di offrire la propria condizione e le proprie sofferenze a Dio, in unione alla Passione di Gesù, il che può procurare loro una grande fecondità spirituale per la salvezza delle anime.
Papa san Pio X ha esposto, in una bellissima preghiera a san Giuseppe, in che modo un cristiano può santificare il proprio lavoro: «Glorioso san Giuseppe, modello di tutti i lavoratori, ottenetemi la grazia di lavorare con spirito di penitenza per lespiazione dei miei numerosi peccati; di lavorare con coscienza, mettendo il culto del dovere al di sopra delle mie inclinazioni; di lavorare con riconoscenza e gioia, considerando come un onore di impiegare e far fruttare, mediante il lavoro, i doni ricevuti da Dio; di lavorare con ordine, pace, moderazione e pazienza, senza mai retrocedere davanti alla stanchezza e alle difficoltà; di lavorare specialmente con purezza di intenzione e distacco da me stesso, avendo sempre davanti agli occhi la morte e il conto che dovrò rendere del tempo perso, dei talenti inutilizzati, del bene omesso, del vano compiacimento nel successo, così funesto allopera di Dio. Tutto per Gesù, tutto per Maria, tutto a vostra imitazione, o patriarca Giuseppe! Questo sarà il mio motto per tutta la vita e al momento della morte. Così sia.»
Presenza necessaria
Il 16 novembre 1846, Maria Anna consegue labilita- zione allinsegnamento elementare. Sentendo chiaramente la chiamata di Cristo, desidera entrare immediatamente presso le religiose che lhanno formata; ma il giorno stesso, un cugino viene a prenderla per ricondurla a Brivio. Il cattivo stato di salute di sua madre, le molteplici esigenze di una famiglia numerosa, le difficoltà economiche dovute a una truffa di cui è stato vittima suo padre esigono la presenza serena e premurosa di Maria Anna a casa. Sua madre la stima molto e suo padre attinge nel suo cuore la forza del perdono cristiano e il coraggio necessario per riprendere in mano le sue attività. La dedizione assidua della ragazza allopera è comunicativa, ma suo padre protesta quando lei fa lelemosina a un povero: «In questo momento, dice, bisogna pensare a noi! È meglio soccorrere un bisognoso, gli risponde Maria Anna; Dio penserà a noi.» Oltre alla cura della sua famiglia, Maria Anna trova il tempo di fare lezione ai bambini e di insegnare loro il catechismo. Con una delle sue sorelle, si reca volentieri alloratorio San Leonardo, piccolo santuario nei pressi del paese, dove si venera una Madonna. Molti vanno a deporvi i loro dolori personali; ricevono in cambio il conforto arrecato dalla speranza cristiana e, talvolta, grandi favori. Essendosi ammalata la loro madre, le due ragazze vi pregano la Vergine in modo particolare per lei. Come lo ricorda un quadretto votivo della famiglia Sala, la malata si sente allora guarita, con la certezza di aver visto, accanto a sé, la Vergine che la benediva.
Due anni dopo, la situazione familiare è notevolmente migliorata, e Maria Anna può entrare nel convento delle Marcelline in compagnia delle sue ultime due sorelle, Genoveffa e Lucia, ammesse come collegiali. Dopo il tempo di formazione, pronuncia i voti perpetui, il 13 settembre 1852. La sua vita si svolge ormai secondo le esigenze di una Congregazione insegnante. Diverse scuole delle Marcelline beneficeranno del suo fecondo apostolato: quelle di Cernusco, della via Amedei a Milano, di Genova, di Chambéry in Savoia (durante le vacanze autunnali) e, infine, quella di Quadronno a Milano, collegio che, a quellepoca, è anche la casa madre. Nonostante la sua viva e ricca sensibilità, suor Sala accoglierà sempre con animo docile questi cambiamenti che non la lasceranno indifferente. Dapprima insegnante di francese e di musica nelle classi elementari, riceve, nel 1868, lincarico di vicesuperiora della Congregazione. Parte poi per Genova. I genitori delle allieve sono conquistati dalla sua bontà. Le relazioni che suor Maria Anna intrattiene con le ragazze sono caratterizzate da grande franchezza e molta lealtà. Vuole la verità in tutto e per tutti.
Subito
Il suo perfetto spirito di obbedienza si manifesta attra- verso la totale dipendenza di cui fa prova nei confronti delle sue superiore, e anche delle sue consorelle. «Si sarebbe detto che avesse fatto voto di obbedire a tutte le consorelle», afferma un testimone. La sua generosa disponibilità nei confronti delle allieve o di chiunque si rivolga a lei è proverbiale. «Vengo subito»: questo è il motto di tutta la sua vita irrevocabilmente offerta al servizio degli altri. Questo «Vengo subito » le fa a volte interrompere le occupazioni più importanti. Il costante desiderio di servire non le permette neppure di prolungare i suoi tempri di incontro intimo con il Signore, momenti pur così ardentemente desiderati dalla sua anima innamorata di contemplazione. Questo motto esprime la sua risposta damore a Dio in un grandissimo spirito di umiltà e di povertà.
Nel 1878, suor Maria Anna Sala ritorna a Milano, dove, pur proseguendo i suoi compiti educativi, è al tempo stesso assistente generale della superiora, incaricata della cancelleria ed economa della Congregazione. Questo cambiamento le costa: «Carissima superiora Caterina, scrive alla superiora del Collegio di Genova il 1° novembre 1878, ho ricevuto ieri lannunzio della mia nuova destinazione; quale effetto abbia esso prodotto sullanimo mio non so esprimerlo, tanto sono confusa. Basta, è il Signore che vuole così e il Signore mi aiuterà. E quella santa indifferenza di cui parlammo? Oh! quanto mi manca per acquistarla! Ho vergogna di me stessa trovando che, mentre mi credevo pronta ad ogni sacrificio, allatto pratico la natura si risente ancora sì al vivo... E le care alunne? Le maggiori poi? Oh! Se sapesse quanto ne sento il distacco! Io non conoscevo di amarle tanto...» Tuttavia, conserva la sua profonda pace interiore.
La fondatrice, già anziana, la utilizza anche come segretaria, al punto che viene chiamata ben presto il bastone della vecchiaia della Madre. Questultima la consulta spesso e le affida i compiti delicati. La considera una santa; e, nella sua convinzione che bisogna mettere i santi alla prova, non la risparmia molto, la tratta senza complimenti e la umilia. La fa anche soffrire per la vivacità del suo temperamento difficile. Suor Maria Anna sopporta per tredici anni tutti gli sbalzi dumore della fondatrice. Nonostante tutto, le rimane profondamente legata dai vincoli del rispetto e dellaffetto. Per lei, diventare santa è una questione di verità, di fedeltà, di coerenza con i suoi impegni di battezzata e di consacrata. Vi si dedica con molta semplicità; lascesi che simpone è discreta, non attira lattenzione, ma la esercita a praticare con perseveranza le virtù più ordinarie.
Dolcezza e bontà difficili
Suor Maria Anna si mostra anche dolce e buona nei confronti delle sue allieve. A quellepoca, però, caratterizzata in Italia dallanticlericalismo delle classi agiate, le ragazze si comportano a volte in modo altezzoso, insubordinato, senza sopportare la minima contrarietà o osservazione. Sotto lispirazione dello Spirito Santo, suor Maria Anna capisce che la soluzione per esercitare una reale influenza positiva sulle sue allieve è quella di imporsi con una cultura vasta e sicura; non cessa quindi di dedicarsi a uno studio personale intenso, e acquisisce una conoscenza molto approfondita della letteratura italiana, ma anche delle letterature straniere, delle scienze profane (fisica, chimica, botanica, medicina), e delle scienze sacre (teologia, filosofia, Sacra Scrittura). Si interessa di arte, in particolare di musica, e di metodi pedagogici. Si perfeziona anche nel latino e nel greco, e parla perfettamente il francese e linglese.
Si adatta alle diverse intelligenze, incoraggiando le migliori, aiutando le meno dotate, che chiama i suoi gioielli. Per sette anni, si occupa in modo particolare di una bambina ritardata. Il suo metodo pedagogico cerca di armonizzare il Vangelo e la cultura, la fede e la vita. In effetti, le persone consacrate che si dedicano alleducazione dei bambini sono chiamate a immettere nellorizzonte educativo la testimonianza radicale dei beni del Regno, proposti ad ogni uomo nellattesa dellincontro definitivo col Signore della storia», come faceva notare il beato papa Giovanni Paolo II (Esortazione apostolica Vita consecrata, 25 marzo 1996).
Nellinsegnare storia, per esempio, suor Maria Anna mostra che il potere di Napoleone ha cominciato a declinare quando lImperatore ha attaccato il Papa. Commentando il Paradiso di Dante, accende nei cuori lamore e il desiderio del Cielo. Spiegando lIliade, mostra che lidea di Dio non è mancata in nessun popolo.
Mette in pratica linsegnamento di san Francesco di Sales: «Se ami realmente Dio, parlerai molto naturalmente di Lui con i tuoi vicini e amici, non facendo dei sermoni, ma con lo spirito di dolcezza, di carità e di umiltà, distillando quanto potrai il miele delizioso delle cose divine, goccia a goccia, ora nellorecchio delluno, ora nellorecchio dellaltro, pregando Dio nel segreto della tua anima di far scendere questa santa rugiada fin nel cuore di quelli che ti ascoltano. Soprattutto, occorre svolgere questo compito angelico con dolcezza e soavità; non con il tono della correzione, ma procedendo per modo di ispirazione; perché è una cosa meravigliosa quanto la soavità e lamabilità di una buona parola abbiano la forza di un invito efficace per attirare i cuori» (Introduzione alla vita devota, parte 3, cap. 26).
Una pietà che si adatta
Il compito di suor Maria Anna è spesso ingrato, ma non si scoraggia. Nel 1869, dà a una delle sue sorelle, diventata anchella Marcellina, questi consigli: «Non credere fatica gettata quella che non ti dà subito frutto; abbi pazienza, e, collaiuto di Dio, potrai guadagnar molto lavorando nella sua vigna. Se poi talvolta troviamo che il nostro ufficio supera le nostre forze, guardiamoci bene dallo sgomentarci, che anzi allora abbiamo motivo e direi quasi diritto daspettarci maggior aiuto dal Signore.» Non trasmette solo un sapere intellettuale, pur così utile, alle sue allieve, ma inculca in loro anche la saggezza e lamore di Dio. Per lei, tutto avviene alla presenza di Dio, molto semplicemente, e, con il suo esempio finisce per far amare questa pietà: «Una pietà soda e verace, dice, è un gran tesoro in ogni età ed in ogni condizione della vita, sa adattarsi alle esigenze di famiglia e di società e rendersi amabile a tutti.» Al processo di beatificazione, unallieva dichiarerà: «Nelleducazione delle alunne, suor Maria Anna aveva come unico scopo di formare delle vere cristiane, le quali dovessero poi formare cristianamente le proprie famiglie, diffondendo il Regno di Dio.»
Suor Maria Anna desidera assomigliare a Gesù crocifisso, senza cercare per questo le penitenze straordinarie. «Non cè bisogno, dice, di flagellarsi. Ma se, ogni giorno, prendiamo in pace la croce che Dio ci manda, possiamo essere certe della nostra salvezza. Anche le più piccole pene che sopportiamo sono di grande merito... I dispiaceri, metteteli nella cassa di risparmio del buon Dio, e li troverete nellaltra vita (trasformati in gioie)... . Il legno della Croce serve mirabilmente ad accendere e alimentare il sacro fuoco della divina carità.». Scrive alla sua sorella religiosa Genoveffa: «Facciamoci coraggio, o mia buona Genoveffa, a servire il Signore meglio che possiamo, anche quando Egli richiede qualche sacrifizio; se pur meritano un tale nome quelle piccole difficoltà che possiamo incontrare nellesercizio della virtù. Diffatti: che cosa è mai quello che possiamo soffrire noi, a fronte di quello che Gesù, nostro amatissimo Sposo, ha sofferto per nostro amore? E non dobbiamo anzi rallegrarci nel Signore e ringraziarlo quando ci manda qualche buona occasione per provargli il nostro amore e la nostra fedeltà? Oh! diamoci al Signore in tutto e per tutto, ed Egli ci aiuterà a farci sante» (lettera del 16 ottobre 1874). Ella consiglia ancora: «Ogni giorno un passo nella via del bene e della virtù, di quella soda virtù... che si nutre e si rinforza di quei piccoli sacrifici che si richiedono però tanto sovente anche nelle più felici condizioni della vita e nella età più ridente.»
Suor Maria Anna ha sempre il Signore con sé. Le sue allieve se ne accorgono, sia durante le ore di lezione, nelle quali la loro attenzione e il loro cuore sono conquistati dalle sue spiegazioni sempre così avvincenti, che quando si trovano accanto a lei in cappella per la preghiera comunitaria, o quando la vedono passare sollecita nei corridoi, presa da mille incombenze, ma soprattutto di sera, quando, nella penombra del dormitorio, la osservano, inginocchiata accanto al suo letto, raccolta in un ultimo intimo colloquio con Gesù crocifisso.
Circa otto anni prima della fine della sua vita terrena, mentre suor Maria Anna vive nel collegio di Quadronno, a Milano, si manifestano i primi sintomi del male che la porterà alla morte: un tumore maligno alla gola, facilmente osservabile dal rigonfiamento del collo. Suor Maria Anna indossa una sciarpetta nera per nasconderlo quando diventa troppo evidente. E, allorché i dolori acuti la costringono a interrompere le sue lezioni, un dolce sorriso illumina ancora il suo volto sereno. Prende labitudine di ridere del suo male soprannominando la deformazione del suo collo: «Il mio vezzo di perle». Sopporta di tanto in tanto una vera e propria tortura che le strappa delle lacrime: «Scusate, dice allora, ho dato il cattivo esempio. Sarò più attenta... Il male mi avrà fatto guadagnare qualche cosa per il Paradiso. Lassù pregherò per tutte. Come sarà bello, il Paradiso!»
Trasfigurata
Nellottobre del 1891, suor Maria Anna è costretta a interrompere il suo lavoro. La malattia ha avuto il sopravvento sulla sua resistenza fisica e morale. I giorni seguenti sono contrassegnati da sofferenze estreme. Infine, il 24 novembre, mentre nella cappella si cantano le litanie della Beata Vergine Maria, e suor Maria Anna, tutta fiduciosa in Dio, ripete con le labbra che si spengono: «Pregate per me», allinvocazione Regina delle Vergini, rende dolcemente lanima a Dio. Sul suo letto di morte, sembra trasfigurata da una nuova bellezza; persino le tracce del cancro che lha condotta alla morte sono scomparse.
Lesempio molto semplice di suor Maria Anna Sala ci ricorda che siamo tutti chiamati alla santità: «È dunque evidente per tutti, che tutti coloro che credono nel Cristo, di qualsiasi stato o rango, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità e che tale santità promuove nella stessa società terrena un tenore di vita più umano. Per raggiungere questa perfezione i fedeli usino le forze ricevute secondo la misura con cui Cristo volle donarle, affinché, seguendo lesempio di lui e diventati conformi alla sua immagine, in tutto obbedienti alla volontà del Padre, con piena generosità si consacrino alla gloria di Dio e al servizio del prossimo. Così la santità del popolo di Dio crescerà in frutti abbondanti, come è splendidamente dimostrato nella storia della Chiesa dalla vita di tanti santi» (Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 40).
Percorrere la via dellumiltà e della fiducia in Dio che può tutto, questo è il messaggio che ci trasmette con la sua vita intera la beata Maria Anna Sala.