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6 luglio 2022 santa Maria Goretti, vergine e martire |
Un bambino gioca sulle rive del Danubio, al confine tra Bulgaria e Romania. Il fiume, lungo quasi 3000 km, in questo punto è vicino alla sua foce. Improvvisamente, il bambino scivola e cade in acqua. La corrente tumultuosa lo porta via e minaccia di inghiottirlo ; la madre, sconvolta, lo perde di vista. Invocando la Madonna con l’energia della disperazione, promette di consacrarle suo figlio, se Lei lo salva. Ben presto il bambino emerge dall’acqua e riesce a raggiungere la riva. Sua madre lo stringe tra le braccia ; non dimenticherà la sua promessa : Vincenzo apparterrà a Gesù, per mezzo di Maria.
In fienili o cantine
Vincent Bossilkov è nato il 16 novembre 1900 a Belene, nel nord della Bulgaria. La popolazione di questo paese è in grande maggioranza di confessione greco-ortodossa (cristiani orientali che non riconoscono l’autorità del Romano Pontefice). Tuttavia, la famiglia Bossilkov fa parte della piccola minoranza cattolica, costituita da contadini della valle del Danubio evangelizzati da missionari veneziani a partire dal XVI secolo.°I genitori di Vincenzo, Luigi e Beatrice, sono agricoltori. Ragazzo coraggioso e laborioso, Vincenzo, che ha ricevuto la Cresima nel 1909, confida ben presto ai genitori il suo desiderio di diventare prete ; sua madre vi vede una conseguenza della donazione del figlio a Maria. Due anni dopo, lo accompagna al seminario minore della diocesi di Nicopoli. Questa antichissima diocesi era stata ristabilita da papa Innocenzo X, nel 1644, dopo lunghi secoli di interruzione. Ma, nel 1688, i turchi l’avevano quasi annientata massacrando quindici dei suoi venticinque sacerdoti, mentre gli altri si erano rifugiati in Ungheria. Nel 1782, alcuni religiosi passionisti (Ordine fondato da san Paolo della Croce, 1694-1775) tornano nei villaggi rimasti cattolici. Sebbene di rito latino, celebrano la Messa secondo il rito orientale, più familiare alla popolazione. Considerati con sospetto dall’autorità politica (il paese è ancora sotto l’Impero ottomano), esercitano il loro apostolato nella massima discrezione. I sacerdoti celebrano la Messa in fienili, in cantine scavate a questo scopo o in case private, spesso di notte. Essere cattolico significa dover affrontare l’ostilità generale. Tuttavia, nel 1878, la Bulgaria divenne indipendente e lo “zar” Ferdinando instaura la tolleranza religiosa.
Dieci vescovi passionisti si sono succeduti a Nicopoli dal 1804, quando Vincenzo entra, all’età di undici anni, nel seminario minore dei Passionisti ; farà in seguito il suo ingresso nel noviziato, dove prenderà il nome di Eugenio del Sacro Cuore. I preti passionisti gli sono ben noti, perché da tempo prestano il servizio parrocchiale a Belene. Vincenzo Bossilkov supera i suoi compagni per la sua vitalità, le sue doti intellettuali, ma anche il suo carattere faceto. A poco a poco, la sua vocazione si rafforza. Il vescovo di Nicopoli, mons. Damiano van Theelen (1877-1946), residente a Ruse, la città più importante della Bulgaria settentrionale, gli dimostra un affetto speciale, e predice volentieri che questo bambino sarà un giorno il suo successore. Nel 1914, Vincenzo viene inviato dai suoi superiori in Belgio e poi in Olanda, per garantirgli studi migliori. Per dieci anni, il giovane non vedrà più né il suo paese né la sua famiglia, sacrificio accettato da tutti con generosità. Presso il convento passionista di Kortrijk, viene edificato da un Fratello malato di cancro che vive santamente questa prova e che la Chiesa proclamerà beato : fratel Isidoro De Loor (1881-1916). Durante l’occupazione del Belgio da parte della Germania, frate Eugenio si rifugia nel convento olandese di Mook, dove porta a termine i suoi studi classici e si rivela molto dotato per le lingue. Due signorine olandesi, Johanna e Lamberta Roelofs, decidono di aiutarlo : lo accolgono per le vacanze nella loro casa e gli finanziano gli studi. Fratel Eugenio conserverà per loro un grande affetto.
Egli emette i suoi voti religiosi il 29 aprile 1920 : quel giorno promette di « fare del crocifisso il centro della sua vita ». Nel 1923, inizia a studiare teologia e, l’anno successivo, torna in Bulgaria, a Ruse. Vi è ordinato prete nel 1926. I suoi superiori lo inviano allora a Roma dove consegue une licenza in teologia ; di ritorno in Bulgaria, prepara una tesi di dottorato in teologia che terminerà a Roma nel 1932, sul tema “l’unione della Bulgaria con la Chiesa romana nella prima metà del XIII secolo. » La questione dell’unità dei cristiani diventa per lui fondamentale, ed egli patisce ormai come una ferita la divisione dei cristiani orientali. In quel periodo (1925-1935), il delegato apostolico della Santa Sede in Bulgaria, mons. Angelo Roncalli, futuro papa Giovanni XXIII, si adopera per promuovere un dialogo tra ortodossi e cattolici. Anche Eugenio Bossilkov accoglie con grande carità gli ortodossi che si rivolgono a lui, senza tuttavia omettere di confessare con chiarezza che l’unità non si può realizzare al di fuori della comunione con il vescovo di Roma. Nel 1938, contribuisce alla conversione al cattolicesimo del superiore di un monastero ortodosso.
Un appello dello Spirito Santo
«L’unità, “che Cristo ha donato alla sua Chiesa fin dall’inizio, […] noi crediamo che sussista, senza possibilità di essere perduta, nella Chiesa cattolica e speriamo che crescerà ogni giorno di più sino alla fine dei secoli”. Cristo fa sempre alla sua Chiesa il dono dell’unità, ma la Chiesa deve sempre pregare e impegnarsi per custodire, rafforzare e perfezionare l’unità che Cristo vuole per lei. Per questo Gesù stesso ha pregato nell’ora della sua passione e non cessa di pregare il Padre per l’unità dei suoi discepoli :…Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato (Gv 17,21). Il desiderio di ritrovare l’unità di tutti i cristiani è un dono di Cristo e un appello dello Spirito Santo » (CCC, n. 820). Tuttavia, « “quelli… che credono in Cristo e hanno ricevuto debitamente il Battesimo sono costituiti in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa cattolica”. Con le Chiese ortodosse, questa comunione è così profonda che “le manca ben poco per raggiungere la pienezza che autorizzi una celebrazione comune della Eucaristia del Signore” » (CCC, n. 838).
Desideroso di azione apostolica, padre Bossilkov ottiene dal suo vescovo la cura della parrocchia di Bardarski Gheran, nella pianura danubiana. Lì, porta a termine la costruzione della chiesa e fa sorgere un centro parrocchiale spazioso e moderno, organizza diverse attività religiose, culturali e sportive e svolge le funzioni di cappellano di religiose. La sua predilezione va alla pastorale dei giovani, che si adopera prima di tutto a catechizzare. Scrive tuttavia nel 1938 : « La situazione religiosa in Bulgaria non è rosea. La massoneria cerca di opprimere i cattolici. I missionari stranieri non hanno più il diritto di predicare. Io sono bulgaro, contro di me non possono fare nulla ; ma mi tengono d’occhio e mi accusano di essermi occidentalizzato. Non mi sono lasciato impressionare. »
Nel 1941 la Bulgaria viene occupata dalla Germania. Padre Bossilkov riesce a salvare un grandissimo numero di ebrei minacciati di deportazione dai nazisti. Alla fine del 1944, i sovietici entrano in Bulgaria come vincitori. Stalin istituisce, nel 1946, una “repubblica popolare”, vale a dire una dittatura comunista. Il 2 luglio, padre Eugenio, ormai sorvegliato dalle autorità, scrive, in una lettera pastorale : « Cristo non ha promesso agli uomini il paradiso in terra ; quelli che lo promettono – comandano oggi in Bulgaria – faranno della terra un inferno. Non posso tacere e parlo, per questo mi hanno convocato due volte alla polizia. Ma fino ad ora, l’anguilla è sgusciata tra le loro mani. » Il 6 agosto dello stesso anno, muore il vescovo di Nicopoli, mons. Damiano van Theelen ; una settimana dopo, la Santa Sede nomina Eugenio Bossilkov amministratore apostolico della diocesi (cioè sostituto temporaneo). La situazione è critica : la gioventù è pervertita da un’educazione atea e immorale, alcuni preti vengono eliminati fisicamente o screditati da campagne diffamatorie. L’amministratore organizza subito una missione popolare straordinaria per ricordare ai fedeli i punti fondamentali della dottrina cattolica e per rafforzarli affinché resistano alla propaganda atea. I missionari non temono di ingaggiare dibattiti pubblici contro i “dottrinari” del partito e, grazie alla loro cultura, alla forza delle loro argomentazioni e alla loro fede, prendono facilmente il sopravvento. Spesso i comunisti cercano di cavarsela con insulti e bestemmie ; in mancanza di meglio, si ritirano gridando : « Dolu Bog ! » (« Abbasso Dio ! »).
La garanzia di uno splendido futuro
Il 26 luglio 1947, papa Pio XII nomina Eugenio Bossilkov vescovo di Nicopoli. Quest’ultimo sceglie come motto “Giustizia e carità”. Di questa nomina sono contenti anche gli ortodossi ; mons. Bossilkov è il primo vescovo di Nicopoli di nazionalità bulgara dal XVII ° secolo. La sua diocesi copre la metà settentrionale della Bulgaria, con 25 000 fedeli, 31 sacerdoti, 123 suore, 25 chiese, tre collegi e un seminario. Egli ne inizia subito la visita. In tutti i villaggi cattolici, viene accolto con entusiasmo e spesso portato in trionfo dai fedeli, orgogliosi del loro vescovo, prelato colto, poliglotta, nel quale s’incarna la loro fede. Si dice di lui che sia il miglior oratore della Bulgaria. Tuttavia, alcuni sacerdoti, spaventati dalla sua audacia apostolica, rendono noto di non essere candidati al martirio. Il vescovo cerca di incoraggiarli : « Con la Santa Vergine, tutto è possibile. » In una lettera pastorale del 1948, affronta la propaganda atea che tenta di distruggere nelle menti delle persone le basi razionali della fede cattolica (l’apologetica). In quello stesso anno, il governo adotta misure volte alla distruzione della Chiesa romana in Bulgaria : abolizione dei giorni festivi e delle manifestazioni religiose al di fuori delle chiese, confisca dei beni ecclesiastici. I collegi, frequentati da seimila giovani, vengono chiusi, come anche gli ospedali, orfanotrofi, dispensari appartenenti alla Chiesa. Nel 1949, i sacerdoti stranieri si vedono proibire, per decreto, qualsiasi ministero in Bulgaria. Invitato a controfirmare questo decreto, mons. Bossilkov si rifiuta di farlo. Sa cosa lo aspetta : « Le tracce del nostro sangue sparso, dichiara, saranno la garanzia di uno splendido futuro per la Chiesa di Bulgaria. Il chicco di grano deve morire. »
Il vescovo, che si alza alle 4.30, prega fino alle 8 prima di mettersi al lavoro. « La preghiera, afferma, è la lingua materna dell’anima. Ci sono molte cose che non siamo capaci di fare, ma è sempre possibile pregare. » E, parlando dei piccoli sacrifici : « Io santifico le mie giornate ingoiando i biscotti di ogni tipo che il Signore mi dà, siano essi dolci o amari ; tutto questo viene da una mano amorevole che rende ogni cosa dolce e gustosa. » Egli formula così la sua risoluzione quotidiana : « Voglio essere sempre buono, voglio portare gioia e recare conforto a tutti. » Per questo, si affida in primo luogo alla celebrazione quotidiana della Santa Messa, nella quale si offre al Padre celeste in unione con il suo divin Figlio, Sacerdote e Vittima. Come ogni religioso passionista, mons. Bossilkov ha una devozione tutta speciale per la Vergine Addolorata. Vescovo di grande rettitudine, si attira la stima e l’ammirazione anche dei suoi persecutori. Un funzionario di Stato affermerà di essersi trovato davanti a un uomo di una fede straordinaria : « Non ho mai sentito nessuno parlare contro Eugenio, nemmeno tra i dirigenti del comitato (comunista) dei culti. »
Liberi in Cristo
Nel 1948, mons.. Bossilkov viene autorizzato a recarsi a Roma per incontrarvi papa Pio XII ; s’intrattiene a lungo con lui. Nei suoi spostamenti, però, viene « scortato » da quattro poliziotti bulgari. A chi gli sconsiglia di tornare nella sua diocesi risponde : « Io sono il pastore del mio gregge ; non posso abbandonarlo. » Dopo aver pregato a lungo davanti all’icona della Madonna nella basilica di Santa Maria Maggiore, confida a un confratello passionista : « Ho chiesto la grazia del martirio. » In Occidente, il vescovo è contento di respirare l’aria della libertà, ma aggiunge : « Noi, in Bulgaria, siamo liberi in Cristo. » Tornato a Ruse, afferma : « Noi non abbiamo paura ; per quanto mi riguarda, mi preparo al peggio senza esitazione. » E, riprendendo un versetto di Isaia, aggiunge : Per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo (Is 62,1).
La strategia religiosa di Stalin nell’Europa orientale consiste nel fondare Chiese nazionali separate da Roma e dirette da prelati asserviti al regime comunista. Personalità influenti del governo promettono a mons. Bossilkov molti privilegi se accetta di diventare il capo di una “Chiesa nazionale popolare” separata dal Papa ; il passo successivo, è prevedibile, sarà l’annessione forzata di questa chiesa scismatica alla Chiesa ortodossa maggioritaria nel Paese, e controllata dal potere. Il vescovo rifiuta nettamente e prescrive in tutte le parrocchie preghiere speciali per il Papa.
Nello stesso periodo (1946), in Croazia, il beato mons. Stepinac veniva invitato dal governo comunista a fondare una Chiesa nazionale. Il suo rifiuto gli valse una pesante condanna. Il 7 ottobre 1998, quattro giorni dopo averlo beatificato, papa Giovanni Paolo II diceva di lui : « La causa della persecuzione e del processo-farsa contro di lui fu il fermo rifiuto da lui opposto alle insistenze del regime perché si separasse dal Papa e dalla Sede Apostolica e si mettesse a capo di una “Chiesa nazionale croata”. Egli preferì restare fedele al Successore di Pietro. Per questo fu calunniato e poi condannato ». « Le Chiese particolari sono pienamente cattoliche per la comunione con una di loro : la Chiesa di Roma, “che presiede alla carità” », insegna il Catechismo. « “È sempre stato necessario che ogni Chiesa, cioè i fedeli di ogni luogo, si volgesse alla Chiesa romana in forza del suo sacro primato” (Sant’Ireneo). “Infatti, dalla discesa del Verbo Incarnato verso di noi, tutte le Chiese cristiane sparse in ogni luogo hanno ritenuto e ritengono la grande Chiesa che è qui [a Roma] come unica base e fondamento perché, secondo le promesse del Salvatore, le porte degli inferi non hanno mai prevalso su di essa” (San Massimo il Confessore) » (CCC, n. 834).
Un trattamento senza pietà
Nel 1949, le relazioni diplomatiche della Bulgaria con la Santa Sede vengono interrotte. Minaccioso, il ministro degli Interni dichiara : « Conosciamo tutti gli avversari del governo popolare e tratteremo senza pietà coloro che ci ostacolino. Né Dio né i loro capi imperialisti potranno aiutarli. » Il 1° marzo dello stesso anno, il vescovo di Nicopoli può, per l’ultima volta, riunire i suoi confratelli passionisti e un gran numero di fedeli per un triduo a Oresch, durante il quale parla con totale libertà apostolica. Poco dopo, gli ultimi dodici sacerdoti stranieri vengono costretti a lasciare il paese. Il vescovo raccomanda loro di dire, a Roma e ovunque, che i cattolici bulgari rimarranno fedeli a Dio e alla Chiesa. A causa della censura della posta, mons. Bossilkov inizia a usare un linguaggio cifrato. Scrive ai suoi corrispondenti esteri : « Non potete immaginare l’inferno che stiamo subendo qui. » Nel 1952, quando gli viene proposto ancora una volta di diventare capo di una Chiesa scismatica, egli riafferma la sua fedeltà al Papa. Il 16 luglio, sette agenti di polizia hanno fatto irruzione nella sua casa mentre egli è presente e la perquisiscono alla ricerca di armi e radiotrasmittenti. Non trovando nulla, si accontentano di una cartolina ricevuta dall’Olanda per accusare il vescovo di collusione con una potenza nemica e arrestarlo. Lo stesso giorno, una vasta retata della polizia si conclude con la reclusione, in un tetro e freddo carcere, di quaranta sacerdoti e alcuni religiosi e laici.
Il 29 settembre inizia un processo pubblico. Gli amici e i parenti dell’imputato che sono riusciti a infilarsi nella sala provano spavento quando lo vedono entrare, emaciato e irriconoscibile : da due mesi, è costretto a dormire per terra ; ogni notte si ripetono privazioni di cibo e torture allo scopo di fargli confessare delitti immaginari. Nonostante questo terribile “lavaggio del cervello”, mons. Bossilkov rimane irremovibile. Un testimone oculare ricorda che « dominava tutti con le sue risposte e metteva in imbarazzo i suoi giudici. » I suoi famigliari vengono autorizzati a vederlo per dieci minuti ; ne approfitta per dire : « Sono pronto a tutto per rimanere fedele a Cristo. Pregate che io sia degno della grazia del martirio. Dite a tutti che non ho rinnegato né la Chiesa né il Papa. » Il 3 ottobre, viene proclamata la sentenza stabilita da lunga data : il vescovo di Nicopoli e tre sacerdoti della congregazione degli Assunzionisti vengono condannati a morte e alla confisca dei loro beni per « spionaggio per conto del Vaticano e attività sovversive contro lo Stato ». Mons. Bossilkov accoglie con serenità questa terribile notizia ; sul suo volto appare un sorriso. Un dirigente comunista presente al processo si ricorderà : « Noi, bulgari, avevamo chiesto a Mosca che non ci fosse condanna a morte, ma Stalin aveva dato ordini precisi e non c’era niente da fare. »
« Non ho tradito né la Chiesa né il Papa ! »
Durante un ultimo colloquio con la nipote, suor Gabriella, e un’altra suora, il vescovo cerca di consolarle : « Mi sento sostenuto dalla grazia di Dio. Muoio volentieri per la fede. Mi dispiace che rimaniate sole, ma la Santa Vergine non vi abbandonerà. Se avessi voluto, avrei potuto vivere con tutte le comodità desiderabili. Dite a tutti che non ho tradito né la Chiesa né il Papa. » In attesa della loro esecuzione, i condannati vivono in isolamento, ciascuno in una minuscola cella, legati da una catena che va dai piedi al collo. Mons. Bossilkov riceve ogni settimana un cestino di viveri inviato dalle suore. Al ritorno, il cestino è “firmato” da un minuscolo bigliettino contrassegnato con « +Eug ». Il 18 novembre, il cestino ritorna pieno. Con una stretta al cuore, suor Gabriella capisce che il vescovo è stato giustiziato. Grazie a un poliziotto compassionevole, riuscirà a recuperare gli abiti macchiati di sangue e gli oggetti personali del martire ; il funzionario la informerà ufficiosamente che il vescovo è stato fucilato l’11 novembre 1952 alle 23.30, insieme con gli altri tre sacerdoti condannati. Queste informazioni verranno confermate a papa san Paolo VI, nel 1975, durante un incontro con il leader comunista bulgaro Jivkov.
Il 15 marzo 1998, a Roma, alla presenza di suor Gabriella, Eugenio Bossilkov viene proclamato beato da papa san Giovanni Paolo II. Il vescovo di Nicopoli aveva annunciato « uno splendido avvenire » per la Chiesa cattolica bulgara ; questa predizione ha iniziato ad avverarsi a partire dal 1989, anno del crollo del comunismo nell’Europa dell’Est. La Chiesa cattolica esce allora dalle catacombe e ricostituisce le sue strutture visibili con due diocesi latine (Sofia e Nicopoli), e una “eparchia” (diocesi) per i greco-cattolici. Nel 2002, durante un viaggio in Bulgaria, il santo Papa beatificherà gli altri tre sacerdoti martiri : i padri Kamen Vitchev, Pavel Djidjov e Josaphat Chichkov. Questo Paese conta oggi circa 50 000 fedeli con un clero autoctono. Papa Francesco vi si è recato nel maggio 2019.
Durante l’omelia della beatificazione di mons. Eugenio Bossilkov, Giovanni Paolo II poteva dire : « Questo vescovo e martire, che durante tutta la sua esistenza si sforzò di essere immagine fedele del Buon Pastore, lo divenne in un modo del tutto speciale al momento della morte, quando unì il suo sangue a quello dell’Agnello immolato per la salvezza del mondo. Quale esempio luminoso per noi tutti, chiamati a testimoniare fedeltà a Cristo e al suo Vangelo ! Quale grande incoraggiamento per quanti patiscono ancor oggi ingiustizie e vessazioni a causa della loro fede ! Possa l’esempio di questo martire, che oggi contempliamo nella gloria dei Beati, infondere fiducia e ardore a tutti i cristiani ! »