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30 settembre 1998 San Girolamo |
Ai giorni nostri, la virtù di fede è molto spesso misconosciuta, ridotta ad un semplice sentimento soggettivo o ad una vaga credenza religiosa, considerata come un'opinione libera e facoltativa. Si tratterebbe solo di una convinzione personale appartenente all'ambito privato e non riguarderebbe nessuno, e meno di tutti la Chiesa.
Prendere o lasciare?
Lungi dall'essere facoltativa, la fede è necessaria alla salvezza eterna. Gesù Cristo l'ha affermato chiaramente: Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo (Mar. 16, 16). «Perchè senza la fede è impossibile essere graditi a Dio (Eb. 11, 6) e giungere a condividere la condizione di suoi figli, mai nessuno sarà giustificato senza di essa, e nessuno, se non avrà perseverato in essa sino alla fine (Matt. 10, 22), conseguirà la vita eterna» (CCC, 161). Rifiutare la fede, che è un dono di Dio, vuol dire rifiutare la salvezza, e perdersi per l'eternità: chi non crederà sarà condannato (Mar. 16, 16). La fede non può dunque essere un'opzione da «prendere o lasciare».
Lungi dall'essere accessoria o senza importanza, la fede ha una ripercussione profonda su tutta la vita del cristiano: Il giusto vivrà mediante la fede (Rom. 1, 17). La Chiesa ha commemorata l'anno scorso il centenario dell'entrata in Cielo di Santa Teresa di Gesù Bambino. Quella che San Pio X ha chiamato «la più grande santa dei tempi moderni», ha mostrato la potenza della fede in una vita semplicissima. In età di appena quattro anni, viene interrogata dalla sorella Celina, perplessa di fronte al mistero dell'Eucaristia: «Come può mai essere che il Buon Dio si trovi in un'ostia così piccola? chiede Celina. Non c'è da stupirsi, risponde Teresa, visto che il Buon Dio è onnipotente. Cosa vuol dire onnipotente? Vuol dire che può fare tutto quel che vuole!» Stupenda logica della fede di un bambino. Ma tale fede infantile può essere ragionevole? Certo, poichè è ragionevole credere. Credere è un atto autenticamente umano. Non è contrario nè alla libertà nè all'intelligenza dell'uomo far credito a Dio e aderire alle verità da lui rivelate. Anche nelle relazioni umane, non è contrario alla nostra dignità credere a quel che altre persone ci dicono di sè e delle loro intenzioni, e far credito alle loro promesse. Tuttavia, in quanto adesione personale a Dio e assenso alla verità da Lui rivelata, la fede cristiana differisce dalla fiducia in una persona umana. È giusto ed è bene affidarsi totalmente a Dio e credere assolutamente a quel che Egli dice. Sarebbe vano e fallace riporre una simile fiducia in una creatura (ved. CCC, 150). «Se non crediamo a Dio, fa notare Sant'Ambrogio, a chi crederemmo?»
Sentimento cieco?
Tuttavia, la fede non è un sentimento cieco e puramente soggettivo, senza nessun fondamento accessibile alla ragione. Al contrario, «perchè l'ossequio della nostra fede fosse conforme alla ragione, Dio ha voluto che agli aiuti interiori dello Spirito Santo si accompagnassero anche prove esteriori della Rivelazione. Così i miracoli di Cristo e dei santi, le profezie, la diffusione e la santità della Chiesa, la sua fecondità e la sua stabilità sono segni certi della Rivelazione, adatti ad ogni intelligenza, motivi di credibilità che mostrano che l'assenso della fede non è affatto un cieco moto dello spirito» (CCC, 156). Nella nostra epoca di scetticismo e di relativismo, in cui tutte le religioni sono presentate come equivalenti, è importante esaminare con cura le «prove esteriori della Rivelazione», e conoscere bene le nostre «ragioni di credere» (Ved. Don Ferbeck, Jésus-Christ et son Église (libro di apologetica in francese), ristampa, Tradizioni Monastiche, Flavigny, 1997, in vendita presso l'Abbazia di San Giuseppe).
«A che cosa pensi?»
Un braciere ardente
La fede rivela a Santa Teresa la paternità di Dio ed il suo amore misericordioso. «Sempre il Signore è stato per me compassionevole e pieno di tenerezza... lento a punire e abbondante nella misericordia, scriverà verso la fine della sua vita... Mi ha dato la sua Misericordia infinita, ed è attraverso essa che contemplo le altre perfezioni divine!... Allora, tutte mi appaiono sfavillanti d'amore, la giustizia stessa (e forse ancor più di qualsiasi altra), mi sembra aureolata d'amore». Essa ha capito che la debolezza, l'impotenza, il peccato stesso, purchè ci se ne penta, lungi dall'ostacolare la misericordia di Dio, la suscitano e la attirano: «Sì, lo sento, anche se avessi sulla coscienza tutti i peccati che si possono commettere, andrei, con il cuore spezzato dal pentimento, a buttarmi fra le braccia di Gesù, perchè so quanto teneramente Egli ama il figliol prodigo che torna da lui... Sento che questa moltitudine di offese sarebbe come una goccia d'acqua gettata in un braciere ardente».
Come voltando il capo dall'altra parte
Ma, «come può il Buon Dio che ci ama essere lieto quando noi soffriamo?», si chiede. Ed il suo amore le detta questa risposta: «No, la nostra sofferenza non lo rende mai lieto, ma questa sofferenza ci è necessaria. Allora, la permette come voltando il capo dall'altra parte». Avendo il peccato reso necessaria la sofferenza, Dio la vuole, ma per amore, come mezzo per riportare l'uomo ad amarLo. Rimedio amaro, ma, visto l'egoismo dell'uomo, rimedio necessario alla santità ed alla felicità dell'anima. « Costa a Dio abbeverarci alla fonte delle lacrime, scrive anche; ma sa che è l'unico mezzo per prepararci a conoscerLo come Egli medesimo si conosce e a diventare dei noi stessi!...»
«Bisognerà farlo sapere»
Ha otto anni, quando sua sorella Paolina, che ha scelto come «seconda mamma», entra nel convento delle Carmelitane di Lisieux. Quel giorno, le sue lacrime scorrono abbondantemente. «Visto che scrivo la storia della mia anima, devo dire tutto, e confesso che le sofferenze che avevano preceduto la sua ammissione non furono niente paragonate a quelle che seguirono». Si ammala, di una strana malattia nervosa. Di fronte alle proporzioni allarmanti che prende tale malattia, il Signor Martin pensa che «la sua figlioletta stia per impazzire o per morire». Ci vorrà l'intervento miracoloso della Santa Vergine per renderle la salute. Tuttavia, questa guarigione non pone fine alle sofferenze di Santa Teresa. Scrive, infatti: «A lungo, dopo la guarigione, ho creduto di averlo fatto apposta ad ammalarmi, e ciò fu un vero martirio per la mia anima... Il Buon Dio mi lasciò quel martirio intimo fino alla mia ammissione fra le Carmelitane».
Efficacia straordinaria
«Mostrarla imitabile»
Dopo esser entrata nel convento delle Carmelitane, il 9 aprile 1888, Santa Teresa non apprezza più la presenza di Dio, che era per lei così dolce. Le diventa difficile pregare. «La recita del rosario, scrive, mi costa più che portare uno strumento di penitenza... Sento che lo recito talmente male; ho un bello sforzarmi di meditare i misteri del Rosario, non riesco a fissare lo spirito... A lungo mi sono avvilita per questa mancanza di devozione che mi stupiva, perchè amo tanto la Santa Vergine che dovrebbe essermi facile dire in suo onore preghiere che le sono gradite. Ora, mi avvilisco meno, penso che, essendo la Regina dei Cieli mia Madre, deve vedere la mia buona volontà e che si accontenta così».
Santa Teresa conosce anche l'abbattimento: «Sì, la vita costa, scrive, è penoso cominciare una giornata di fatica... Se almeno si sentisse Gesù, si farebbe volentieri tutto per lui, ma no, sembra a mille miglia, si è soli con se stessi... Ma che fa mai il dolce Amico, non vede forse la mia angoscia, il peso che mi opprime? Dov'è, perchè non viene a consolarmi, poichè ho solo Lui come amico?» Si ricorda allora queste parole di Gesù: Non mettetevi in pena per il domani: il domani avrà cura di se stesso; a ciascun giorno basta il suo affanno (Matt. 6, 34), e, portando giorno per giorno la sua croce, canta:
Se penso al domani, temo la mia incostanza,
Sento nascermi in cuore la tristezza e la noia.
Ma accetto, Dio mio, la prova, la sofferenza
Solo per oggi.
La pazienza di Santa Teresa si è quasi sempre esercitata su sofferenze simili a quelle che noi tutti troviamo, ogni giorno, sulla nostra strada. Piccole sofferenze, celate, che ci feriscono e, in mancanza di una fede viva e amante, ci abbattono, e ci rendono cupi, un carico per noi e per gli altri. Per sopportare tali pene, Santa Teresa ricorre, molto spesso, alla Santissima Vergine, la sua «Mamma del Cielo»: «Non manca mai di proteggermi, appena la invoco».
Trova in Nostra Signora un conforto materno ed un modello di fede e d'amore, attraverso una vita assolutamente ordinaria. «Quanto mi sarebbe piaciuto esser sacerdote per predicare sulla Santa Vergine!... Perchè una predica sulla Santa Vergine mi piaccia e mi faccia bene, bisogna che veda la sua vita reale, non la sua vita supposta; e sono sicura che la sua vita reale doveva essere molto semplice. La si mostra inaccessibile, bisognerebbe mostrarla imitabile, mettere in risalto le sue virtù, dire che viveva di fede come noi, darne delle prove attraverso il Vangelo, in cui leggiamo: Essi non compresero quel che diceva loro (Luca 2, 50). E quest'altra frase, non meno misteriosa: I suoi genitori erano meravigliati di quanto si diceva di lui (Luca 2, 33). Quest'ammirazione suppone un certo stupore».
Uragano di gloria
Questa passione sfocia sulla sua entrata in Cielo e, quaggiù, su un uragano di gloria senza pari! La piccola carmelitana attirerà ben presto le folle. Da tutte le parti, si accorre per implorare o ringraziare quella che spande una vera «Pioggia di rose», grazie temporali o spirituali che sono la ricompensa della sua fede incrollabile nell'Amore Misericordioso. Le parole di Gesù: Se il granello di frumento, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto (Giov. 12, 24) si realizzano letteralmente. Il 17 maggio 1925, parecchie centinaia di migliaia di pellegrini di tutto il mondo assistono al «trionfo» della Piccola Teresa, glorificata e canonizzata. E l'anno scorso, Papa Giovanni Paolo II non ha esitato a dichiararla Dottore della Chiesa! Sempre, ormai, quest'onore eccezionale cadrà come un soprappiù di gloria sulla Patrona delle Missioni. La Chiesa vede in lei una luce per la nuova evangelizzazione.
Santa Teresa aveva promesso di «passare il suo Cielo a fare del bene sulla terra». Chiediamole di comunicarci la sua fede viva e la sua fiducia incrollabile nell'Amore Misericordioso. Trasformeranno le nostre vite e ci guideranno sulla strada del Cielo. Preghiamo per tutti coloro che Le sono cari, vivi e defunti.