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[Cette lettre en français] |
18 febbraio 1999 Santa Bernardetta Soubirous |
Un male senza rimedio
«Abbiamo fede!»
Verso la metà di dicembre, la bambina non si alimenta quasi più. Sua madre prepara già, come si usa in Sicilia, l'abito mortuario di cui dovrà rivestire la figlia dopo la morte. È a questo punto che si produce l'imprevedibile. Un po' prima di Natale, Delizia si sente ad un tratto meglio. Chiede a sua madre se possa alzarsi. Che sorpresa per la Signora Cirolli, quando vede la figlia stare in piedi senza alcun appoggio e camminare! Delizia è guarita, la Vergine Maria ha esaudito le preghiere! A partire dalla fine delle vacanze di Natale, la ragazzina può frequentare normalmente la scuola.
Questa guarigione straordinaria, debitamente esaminata da vari organismi medici internazionali, è stata giudicata come un fenomeno contrario alle osservazioni ed alle previsioni dell'esperienza medica, poichè lo stato avanzato della malattia rendeva impossibile la guarigione. Il 28 giugno 1989, l'Arcivescovo di Catania (Sicilia) dichiarava: «Prendo atto del fatto che questa guarigione, viste le condizioni in cui si è prodotta e mantenuta, è «scientificamente inspiegabile» e, nella mia qualità di Arcivescovo di Catania, dichiaro «miracoloso» il suo carattere».
Questo miracolo recente ci induce a lodare di tutto cuore la potenza e la bontà divina. Ma il Signore compie anche trasformazioni d'ordine morale e spirituale, che costituiscono un motivo ancor maggiore di gratitudine nei Suoi riguardi. Lo dimostra la storia di Leonia Martin, una delle sorelle di Santa Teresa di Gesù Bambino e della Sacra Sindone.
«Quella bambina terribile»
Le sorelle maggiori, Maria e Paolina, frequentano la scuola presso il convitto della Visitazione di Le Mans, dove c'è una loro zia Visitandina, suor Maria Dosithée. La superiora non vuol accettare Leonia. La zia ottiene, tuttavia, il permesso di prenderla in prova: «Adesso ho Leonia, quella bambina terribile, scrive, e vi assicuro che non mi dà poco da fare. È una lotta continua... Non teme nessuno tranne me!» La prova non dura: la si rimanda a casa.
«Troppo bello»
Le lettere della Signora Martin lasciano trasparire le sue preoccupazioni pedagogiche, soprattutto per quanto riguarda Leonia, il cui deficit affettivo ed intellettuale richiede un'attenzione affatto particolare. Essa non ignora che la fiducia è l'anima dell'educazione, e fa di tutto per accattivarsi quel cuore ripiegato su se stesso. Zelia vuole che le sue figliole siano espansive, aperte, schiette. A forza di affetto, suscita la confidenza o la confessione, ma sa mostrarsi ferma, e non lascia passare nè la cocciutaggine nè i capricci. Essa stimola la generosità della figlia, e si serve degli eventi di tutti i giorni per insegnarle a dominarsi, insistendo sulla fedeltà al dovere del proprio stato.
«La funzione educativa dei genitori è tanto importante che, se manca, può a stento essere supplita, insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica... I genitori sono i primi responsabili dell'educazione dei loro figli. Testimoniano tale responsabilità innanzitutto con la creazione di una famiglia, in cui la tenerezza, il perdono, il rispetto, la fedeltà ed il servizio disinteressato rappresentano la norma... Essi insegneranno ai figli a subordinare le dimensioni materiali e istintive a quelle interiori e spirituali» (CCC, 2221; 2223).
Un compito di ampio respiro
Tuttavia, le attenzioni affettuose della Signora Martin, non vincono lo spirito di contraddizione di Leonia, che dà talvolta l'impressione di barricarsi nella sua musoneria. Però, la mamma non si scoraggia. Rileva i minimi segni di miglioramento. «Non sono scontenta della mia Leonia, scrive un giorno; se si riuscisse a sormontare la sua cocciutaggine, ad ammorbidire un po' il suo carattere, se ne farebbe una brava ragazza, altruista, senza timore di ammazzarsi dalla fatica. Ha una volontà ferrea; quando vuole qualcosa, sormonta tutti gli ostacoli per giungere ai propri fini». Ma qualche settimana più tardi, confida a Paolina: «Non posso più venirne a capo, fa quel che vuole e come vuole».
«Si lascerà impietosire»
La zia Visitandina muore nel monastero di Le Mans, il 24 febbraio 1877. Leonia le aveva affidato le proprie «commissioni» per il Cielo: «Voglio, aveva detto alla sorella Maria, che la mia zia Suora, quando sarà in Cielo, chieda per me al Buon Dio la vocazione religiosa... Voglio essere una Suora vera - Vera? Cosa vuoi dire con questo? - Una Santa». Ben presto, uno dei misteri che pesano sul destino di Leonia si chiarisce. Luisa, la collaboratrice domestica, esercita sulla bambina, da due anni, una vera tirannide: pensa di essere di grande aiuto «domando» la piccola a forza di castighi corporali. Esige il segreto dalla bambina, e le vieta qualsiasi colloquio con la madre. Finalmente, il male è scoperto. La Signora Martin spiega la cosa in una lettera alla cognata: «Sì, vedo brillare un raggio di speranza che mi fa presagire un futuro cambiamento totale. Tutti gli sforzi che avevo fatto finora perchè mi si affezionasse erano stati infruttuosi, ma oggi non è più la stessa cosa. Mi vuole tutto il bene possibile e, con quest'affetto, penetra nel suo cuore, a poco a poco, l'amore di Dio. Ha una fiducia illimitata in me e arriva al punto di rivelarmi le sue minime mancanze, vuole veramente cambiar vita e fa molti sforzi che nessuno può apprezzare quanto me».
Gli sforzi rinnovati senza posa finiscono col produrre frutti: «Le virtù umane acquisite mediante l'educazione, mediante atti deliberati ed una perseveranza sempre rinnovata nello sforzo, sono purificate ed elevate dalla grazia divina. Con l'aiuto di Dio, forgiano il carattere e rendono spontanea la pratica del bene. L'uomo virtuoso è felice di praticare le virtù» (CCC, 1810).
Ma, il 28 agosto 1877, la Signora Martin muore di un cancro. La famiglia lascia allora Alençon per Lisieux, dove risiedono gli zii Guérin. Il 2 ottobre 1882, Paolina entra nel Convento delle Carmelitane di Lisieux, dove Maria sarà ammessa a sua volta nel 1886. Leonia approfitta di un viaggio ad Alençon per farsi ammettere, il 7 ottobre 1886, fra le Clarisse di tale città. Lo zio Guérin rassicura la famiglia Martin sul «sacro» capriccio di Leonia: «Non preoccupatevi, non vi rimarrà». Infatti, il 1° dicembre, Leonia, profondamente depressa, lascia il convento.
Una scelta giudiziosa
Il 24 giugno 1893, Leonia fa un secondo tentativo presso il Convento della Visitazione di Caen, che lascerà di nuovo nel luglio del 1895. Suo padre è deceduto un anno prima e Celina è entrata nel Convento delle Carmelitane nel settembre del 1894. Leonia ha bisogno di molto coraggio per assumere il proprio temperamento incoerente e volubile, malgrado l'ostinazione tenace per la vita monastica. Ma Teresa, maestra di vita spirituale, è una vera guida per lei, con la sua pedagogia semplice e persuasiva. La via dell'infanzia che le insegna attraverso le lettere o nel parlatorio del Convento delle Carmelitane, suscita in Leonia sentimenti di abbandono e di fiducia, che la dispongono sempre più alla pace.
Il 30 settembre 1897, suor Teresa di Gesù Bambino muore nel Convento delle Carmelitane di Lisieux. Un anno dopo, esce la Storia di un'anima, autobiografia di Teresa. Leonia divora il libro e ritrova, commossa, i ricordi della sua infanzia; ma scopre soprattutto i segreti d'amore scambiati fra Teresa ed il suo Amato Bene, il Signore. La Storia di un'anima diventa il suo libro prediletto e la aiuta a sperare nella realizzazione della sua vocazione.
Finalmente tutta a Dio
La salute di suor Francesca Teresa rimane cagionevole. Talvolta, le eruzioni di eczema le ricoprono tutto il corpo. Un giorno, scrive: «L'eczema mi riveste di un cilicio dalla testa ai piedi, con pruriti che mi impediscono di chiuder occhio; se per disgrazia cerco di darmi sollievo, poco o tanto, sono vere bruciature. Penso che ne vedrei altre se fossi in purgatorio, allora offro le mie sofferenze per tutte le grandi cause che toccano particolarmente il cuore del nostro Pontefice e beneamato Padre (il Papa). Infine, tutti questi desideri di apostolato mi aiutano ad essere generosa». Per di più, soffre di emicranie reiterate, di dermatosi al cuoio capelluto, di unghie incarnate, di frequenti crisi intestinali, di reumatismi, ecc.
Nel 1930, suor Francesca Teresa sta malissimo e riceve gli ultimi sacramenti. «La cara malata è veramente nelle mani di Dio ed esco assolutamente edificato dalla conversazione che ho avuto con lei», scrive Monsignor Suhard, allora vescovo del luogo. Ma, a poco a poco, essa si riprende. Scrive a Celina: «Non posso più acclimatarmi su questa triste terra. Tutto è per me soggetto di noia e di tedio, prega molto per la tua povera piccola vigliacca, perchè insomma è pura vigliaccheria non voler più soffrire per il Buon Dio, che pure è più offeso che mai... Mi aggrappo tanto quanto posso alla sua volontà che amo e che voglio più di qualsiasi altra cosa, ma tutti i miei poveri sforzi sono proprio infruttuosi e mi lasciano spesso con un'indicibile sofferenza».
Tuttavia, queste pene sono accompagnate da profonde gioie. La sua sorpresa è molto grande quando apprende che si sta canonizzando Teresa: «Era molto gentile, Teresa, scrive, però, canonizzarla!» Il 29 aprile 1923, Papa Pio XI la proclama solennemente Beata. Poi, il 17 maggio 1925, ha luogo la canonizzazione. In occasione delle cerimonie grandiose di quel giorno, è stato proposto alle quattro sorelle Martin di recarsi a Roma. Tutte e quattro preferiscono il silenzio e l'oblio del loro chiostro. «Sono ben più felice qui che a Roma, scrive suor Francesca Teresa, preferisco essere all'ultimo posto che è il mio... Solo il silenzio conviene... Ma tutto ciò, grazie a Dio, lungi dall'abbagliarmi, continua a darmi la nostalgia del Cielo».
«Che felicità!»
Nel corso dei 78 anni di vita, di cui 43 presso la Visitazione, Leonia ha conosciuto molte prove: sentimenti d'inferiorità, sconfitte, tenebre, sofferenze fisiche, tentazioni interiori di ribellione... Ma quella che fu una bambina «caratteriale» e da cui non si poteva umanamente aspettarsi nulla, è diventata, attraverso l'azione potente dello Spirito Santo, una «santa»! Ancora recentemente, Madre Maria Agnese Debon, la sua ultima Superiora, testimoniava la di lei gentilezza, la semplicità e la cancellazione della bambina difficile di Alençon che diventò, attraverso i propri sforzi e con la grazia di Dio, una perfetta visitandina. Tale profonda trasformazione morale è uno dei più bei successi della «via dell'infanzia» di Santa Teresa di Gesù Bambino, per cui la santità è una disposizione del cuore che ci rende umili e piccoli fra le braccia di Dio, consci della nostra debolezza, e fiduciosi fino all'audacia nella sua bontà di Padre (ved. Novissima verba, 3 agosto 1897).
«Una grazia singolare»
«O Dio mio, scriveva suor Francesca Teresa, tu che hai messo nella mia vita poche cose brillanti, fa' che, come Te, io ricerchi i valori autentici, disdegnando i valori umani, per stimare e volere solo l'assoluto, l'Eterno, l'amore di Dio a forza di speranza». Queste parole le sono ispirate dal libro dell'Imitazione di Gesù Cristo che essa leggeva spesso: «Signore, Dio mio, considero una grazia singolare il fatto che tu mi abbia concesso poche di quelle doti che appaiono all'esterno, e che attirano le lodi e l'ammirazione degli uomini. E certo, considerando la propria indigenza e la propria abiezione, lungi dall'esserne accasciati, lungi dall'averne sofferenza, tristezza, si deve risentire piuttosto una dolce consolazione, una grande gioia; perchè tu, Dio mio, hai scelto per amici e per servi i poveri, gli umili, coloro che il mondo disprezza» (III, 22). La vita piena di umiltà di suor Francesca Teresa è presente in queste poche parole.
La preghiamo con fiducia di insegnarci a camminare sulle sue orme e di intercedere unitamente a Santa Teresa di Gesù Bambino e a San Giuseppe per tutti coloro che Le sono cari, vivi e defunti.