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15 agosto 2001 Assunzione di Maria |
La Chiesa, fedele alla verità su Dio e sull'uomo, riprova l'ateismo, poichè esso contraddice la ragione e l'esperienza comune. Essa insegna che, quando mancano il sostegno della fede in Dio e la speranza della vita eterna, la dignità dell'uomo è gravemente ridotta; l'enigma della vita e della morte, quello della colpa e della sofferenza, rimangono insolubili: così, troppo spesso, gli uomini cadono nella disperazione. La Chiesa sa che il suo messaggio si accorda con la verità e con il fondo segreto del cuore umano, e che esso rende la speranza a coloro che non osano più credere alla grandezza del loro destino; all'infuori di tale messaggio, nulla può colmare il cuore dell'uomo: «Ci hai creati per Te, Signore, ed il nostro cuore non conosce tregua, finchè non trova riposo in Te» (Sant'Agostino).
Presenza discreta ma vitale
Di fronte all'ateismo, la Chiesa sostiene che l'uomo, con il lume naturale della ragione, partendo dalle cose create, può conoscere con certezza l'esistenza di Dio, principio e fine di tutte le creature (ved. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 36). Il mondo e l'uomo attestano, infatti, attraverso il loro carattere transitorio ed i loro limiti, che non hanno in se stessi nè il loro primo principio, nè la loro ultima fine. Esiste dunque necessariamente una realtà che è la causa prima ed il termine ultimo di tutto, l'Essere senza origine e senza fine che si chiama Dio. Ma l'uomo contemporaneo è spesso più colpito dalle testimonianze vissute che dagli esposti dottrinali; pertanto, gli esempi vivi, e particolarmente quello dei contemplativi, costituiscono talvolta un rimedio più efficace contro l'ateismo. È dunque importante imparare «a riconoscere il carisma e la funzione specifica dei contemplativi, la loro presenza discreta ma vitale, la loro testimonianza silenziosa, che costituisce un appello alla preghiera ed alla verità dell'esistenza di Dio» (Istruzione Verbi sponsa; Congregazione per gli Istituti di vita consacrata, 13 maggio 1999, n. 8).
Il 10 maggio 1998, Papa Giovanni Paolo II beatificava Madre Maravillas di Gesù, Carmelitana deceduta nel 1974, che «visse animata da una fede eroica, rispondendo ad una vocazione austera, ponendo Dio al centro della sua esistenza... La sua vita e la sua morte sono un eloquente messaggio di speranza per il mondo, che ha tanto bisogno di valori e che è così sovente tentato dall'edonismo, dalla facilità e da una vita senza Dio» (Omelia della beatificazione).
Maravillas è nata il 4 novembre 1891, a Madrid. Sua madre, notevole per la carità, la prudenza e la vivace intelligenza, è molto devota a Nostra Signora «de las Maravillas» (delle meraviglie), Patrona di Cehegín (Spagna del Sud), di dove è originaria la sua famiglia. Suo padre, il marchese de Pidal, è Ambasciatore di Spagna presso la Santa Sede. Cristiano fervente e profondamente umile, mette al servizio della religione e della patria le elevate qualità morali ed intellettuali di cui è stato dotato da Dio.
Maravillas ascolta volentieri le vite dei santi che le narra la nonna materna. Fin dall'età di 5 anni, colpita dall'esempio di sant'Agnese che si era consacrata totalmente a Cristo facendo voto di castità, Maravillas decide di fare la stessa cosa. Tale «voto» di verginità è il frutto di una grazia speciale di Dio. Nel 1939, Madre Maravillas scriverà al suo confessore: «La grazia della vocazione, l'ho ricevuta nel tempo stesso dell'uso della ragione, e percepivo tanto chiaramente la chiamata del Signore, che ero già allora altrettanto decisa a farmi suora di clausura quanto sono decisa oggi; non ho provato neppur la minima ombra di dubbio a questo proposito durante tutta la mia vita».
Tuttavia, la bimba non è perfetta e riceve i complimenti con piacere. «Un giorno, racconta, mi ero trovata con alcune persone di cui apprezzavo particolarmente il giudizio, che sapevo lusinghiero per me da tutti i punti di vista; lasciandole, mi rallegravo di tali pensieri, quando sentii distintamente in me: «Ed io sono passato per pazzo». Queste parole (di Gesù) fecero un'impressione tale sulla mia anima, che, da allora, tutti i miei vani desideri si cambiarono in quello, vivissimo, che ho ancora, di essere disprezzata». Non bisognerebbe però prendere Maravillas per una bambina malinconica; al contrario, è piena di gioia, le piacciono i giochi animati, se non addirittura violenti e pericolosi. Quando, con il fratello e la sorella, lanciano il grido di combattimento: «Si va in guerra!», tutta la casa trema.
Il 19 dicembre 1913, il marchese de Pidal lascia questo mondo per l'eternità, seguito poco dopo dalla nonna di Maravillas. Essa rimane l'unico sostegno morale della madre. Ma la ragazza arde dal desiderio di farsi Carmelitana. Quando ciò sarà possibile? Un giorno, nel 1918, nel corso di una passeggiata, sua madre le chiede improvvisamente: «Dimmi, Maravillas, pensi sempre la stessa cosa?» Dopo un silenzio, insiste: «Se non mi rispondi ora, non contare su di me per trovare il coraggio di riparlartene!» Allora Maravillas le rivela la sua attrazione per la vita di carmelitana. Carmelitana! La Signora de Pidal non avrebbe mai immaginato una vita tanto dura per sua figlia; tuttavia, accetta. Ed è così che il 12 ottobre 1919 Maravillas entra fra le carmelitane dell'Escoriale, vicino a Madrid.
Dall'entusiasmo all'abbandono
Poco dopo il noviziato, suor Maravillas sente i richiami del Signore che la spingono a fondare un convento di Carmelitane sulla Collina degli Angeli: «Voglio che qui, tu stessa e le altre anime scelte dal mio Cuore, mi costituiate una casa in cui mi compiacerò. Il mio Cuore ha bisogno di esser consolato. Voglio che questo Convento di Carmelitane sia il balsamo che cura le piaghe provocate in me dai peccatori. La Spagna sarà salvata dalla preghiera». Suor Maravillas si confida con Madre Josefa, la fondatrice del Convento dell'Escoriale. La sorpresa di questa è grande quando, poco tempo dopo, Madre Rosario di Gesù, Vicepriora, le fa una confidenza analoga. Davanti a tale duplice richiamo del Signore, Madre Josefa, d'accordo con la Priora, si consiglia con sacerdoti oculati. Tutti approvano il progetto che il Vescovo di Madrid accoglie anch'egli con grande interesse. Il 19 maggio 1924, le quattro prime Sorelle destinate alla fondazione si insediano in una casetta a Getafe, proprio vicino alla Collina, in attesa che sia costruito il nuovo monastero. Il 30, suor Maravillas vi pronuncia i voti perpetui. Poco dopo, malgrado le sue recriminazioni, essa viene nominata Superiora. Lei che desiderava essere l'ultima, rimarrà Superiora per 48 anni. L'11 ottobre 1925, riceve inoltre l'incarico di istruttrice delle novizie.
Quando una postulante entra nel Convento, la Superiora discerne rapidamente se ha veramente la vocazione: fin dalle prime settimane, si rende conto se la postulante, malgrado lo strazio d'aver lasciato la sua famiglia, prova quella libertà interiore incomprensibile per coloro che non la conoscono. Madre Maravillas, semplice e naturale, ispira una fiducia tale che le si dice tutto; e due parole da parte sua bastano per cambiare completamente tutte le preoccupazioni in speranza e in gioia. Guida le novizie sulla via della vita contemplativa insegnata da santa Teresa d'Avila nei suoi scritti, soprattutto nel Cammino della perfezione. «Tutto vi è detto, e talmente bene!» sottolinea.
La vita contemplativa di clausura appare spesso come inutile ai nostri contemporanei. Perchè rinchiudersi dietro muri e inferriate, mentre tante opere caritative hanno bisogno di personale pieno di dedizione? Le restrizioni che impone la clausura non sono intralci alla libertà umana? I contemplativi non si ripiegano in una comodità spirituale egoistica che rende sterile la loro vita? Di fronte a tali obiezioni, la Chiesa ricorda che la vita contemplativa è una grazia singolare ed un dono prezioso di santità, segno dell'unione della Chiesa-Sposa con il suo Signore, amato al di sopra di tutto (Ved. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Vita consecrata, 25 marzo 1996, n. 59).
Amerai
Perchè possa vivere unicamente con Dio, nell'adorazione e la lode, è necessario che la suora di clausura sia libera da qualsiasi vincolo, da qualsiasi agitazione, da qualsiasi distrazione. È la ragione d'essere della clausura. Essa, limitando le occasioni di contatto con il mondo esteriore, elimina in gran parte la dispersione che risulta non solo da una molteplicità di immagini, fonte di idee profane e di vani desideri, ma anche da informazioni e da emozioni che distolgono dall'unico necessario. Grazie alla clausura, la suora rimane in un clima di pace e di santa unità con il Signore e con le altre Religiose. Così, Papa Giovanni Paolo II poteva dire, il 7 marzo 1980: «Abbandonare la clausura significherebbe sacrificare quel che vi è di più specifico in una delle forme di vita religiosa attraverso cui la Chiesa manifesta in faccia al mondo la superiorità della contemplazione sull'azione, di quel che è eterno su quel che è temporale».
La clausura favorisce altresì l'unione profonda alla Passione ed alla Risurrezione di Cristo. Scegliendo un luogo di vita limitato, le suore di clausura partecipano all'annientamento di Cristo, in una povertà che si esprime attraverso la rinuncia non solo alle cose materiali, ma anche allo spazio, alle relazioni umane ed a numerosi beni. Oltre alla dimensione di sacrificio e di espiazione, la loro offerta assume anche il senso di un'azione di grazia al Padre, unita all'azione di grazia del Figlio prediletto. La vita di clausura appare quindi come un annuncio gioioso della possibilità offerta a chiunque di vivere unicamente per Dio, in Cristo Gesù (ved. Rom. 6, 11).
Una strana richiesta
Il 1° maggio 1936, una banda armata tenta di assalire il monastero scalando le mura. Il sindaco di Getafe si precipita ad avvertire le Carmelitane. Madre Maravillas lo riceve nel parlatorio. Quest'uomo, soprannominato «Il Russo», è un comunista militante. La Superiora conserva una serenità ed una presenza di spirito che lo impressionano; in seguito, farà del suo meglio per aiutare le Suore. Ben presto, i combattimenti si svolgono sulla Collina. Nel sibilare delle granate e nel crepitare delle mitragliatrici, si apprendono l'arresto e la morte di numerosi Religiosi. La Superiora propone alle sue suore di tornare a mettersi al riparo presso le loro famiglie. Tutte, senza esitare, rimangono nel monastero, a rischio del martirio. Il 22 luglio, i miliziani (denominazione di uno dei gruppi armati) ingiungono alle Carmelitane di lasciare la Collina. Esse vengono ricevute a braccia aperte dalle Orsoline di Getafe. Attraverso un abbaino, possono scorgere la Collina: con una gru, i miliziani gettano a terra la statua del Sacro Cuore, bestemmiando orribilmente. Il dolore delle religiose è profondo, ma conservano la loro pace.
Rabbonito dalla dolcezza
Ben presto, l'evacuazione di Madrid diventa obbligatoria. La Superiora ottiene, non senza difficoltà, che le Carmelitane non vengano separate. Passano in Francia e giungono a Lourdes, il 16 settembre 1937. Sfinite dalla stanchezza, ma ardenti d'amore per Gesù e Maria, vi rimangono ventiquattro ore, prima di tornare in Spagna, nella zona «nazionalista» in cui la Chiesa è libera, nel convento di Las Batuecas, non lungi da Salamanca. In quell'oasi di verde, beneficiano di un riposo prezioso. La Superiora è occupata dal lavoro di restauro dei luoghi, dalla preghiera e dalle cure alle sue religiose. Esteriormente, si notano soltanto il suo carattere uguale, la sua costante serenità, la sua attenzione per tutte. Le Sorelle, tuttavia, si stupiscono dell'atteggiamento di Padre Florencio, confessore della comunità; pieno di dolcezza e di condiscendenza verso tutte, si mostra alquanto duro nei riguardi della Superiora, e talvolta addirittura francamente sgradevole. La ragione di tale condotta sarà manifestata, dopo la morte della Superiora, da lettere e annotazioni di coscienza che il Sacerdote ha conservato come un tesoro. Assetata di soffrire per Gesù, di partecipare alla sua Passione ed alle dolorose umiliazioni che Egli ha sopportato per la nostra salvezza, la Superiora scriveva al suo confesore: «Vi scrivo oggi, per chiedervi con tutta l'anima, per amor di Dio, di essere il più severo possibile nei miei riguardi, di non concedermi mai quel che potrei desiderare, di
disprezzarmi davanti alle Suore e in loro assenza, di attribuirmi tutto quel che c'è di più amaro... Ho una sete ardente di tutto ciò!»
Nel 1939, finita la guerra civile, si ritorna alla «Collina degli Angeli». Il Monumento è demolito, il convento inagibile. Ma, malgrado tutto, la Superiora e alcune Suore vi si installano di nuovo. A richiesta del Vescovo locale, un gruppo di Carmelitane rimane a Las Batuecas: la separazione che ne risulta è uno schianto per le Religiose, ma tutte accettano di gran cuore la santa volontà di Dio manifestata attraverso il prelato. La pace porta con sè una fioritura eccezionale di vocazioni, frutto delle sofferenze offerte durante gli anni difficili. Le fondazioni di Conventi di Carmelitane si succederanno ad un ritmo stupefacente: innanzi tutto, Mancera de Abajo (1944), poi Duruelo (1947), luogo santificato da san Giovanni della Croce; più tardi, Arenas de San Pedro (1954), San Calixto (1956), Aravaca vicino a Madrid (1958) e La Aldehuela (1961), senza contare le rimesse in auge dell' «Incarnazione d'Avila» e del Convento delle carmelitane dell'Escoriale, il trasferimento da Las Batuecas, ceduto ai Padri carmelitani, a Cabrera, ed il rafforzamento del Convento delle Carmelitane di Cuenca nell'Ecuador.
A partire dal 1961, Madre Maravillas di Gesù vive abitualmete nascosta nel convento di La Aldehuela. I numerosi lavori l'hanno spossata e, il 7 novembre 1962, viene colpita da una prima crisi cardiaca. Si ristabilisce bene, ma l'organismo rimane indebolito. Paradossalmente, a mano a mano che le sue forze fisiche declinano, la sua attività al servizio del prossimo sembra intensificarsi. Seduta alla scrivania, o in parlatorio, si prodiga senza contare per tutti: aiuta parecchi conventi di Carmelitane e di Carmelitani, incoraggia le vocazioni di seminaristi, suscita la costruzione di scuole, sostiene gli sforzi per soccorrere un quartiere povero; poco prima di morire, offre il necessario per l'edificazione di una clinica destinata a ricevere le religiose contemplative ammalate, e raggruppa i suoi Monasteri in un'Associazione di mutuo soccorso spirituale e materiale.
Una vita traboccante
Il 27 ottobre 1972, una nuova crisi cardiaca schianta Madre Maravillas. Grazie alle cure delle religiose e di medici attenti, essa sopravvive fino al 1974, conservando la lucidià dello spirito per orientare, consigliare e mantenersi abitualmente in preghiera. Come tutta la sua vita, come le sue parole, come il suo dolce e penetrante modo d'agire, i suoi ultimi istanti sulla terra sono di una semplicità estrema, ed è tranquillamente che si addormenta nel Signore, l'11 dicembre 1974.
La Beata Madre Maravillas si compiaceva di dire: «La sola cosa che dobbiamo fare, è quella di lasciarci condurre dall'amorosissima Provvidenza di Dio... Vedrete che tutto si aggiusterà, abbiate la massima fiducia nel Signore». È la grazia che chiediamo a san Giuseppe per Lei e per tutti coloro che Le sono cari.