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8 marzo 2000 Mese di San Giuseppe |
Al di là della morte
Per chiarire questa questione capitale, la Chiesa afferma la sopravvivenza dopo la morte di un elemento spirituale, chiamato «anima», che è dotato di coscienza e di volontà, in modo che l' «io» umano sussiste. Infatti, la persona umana, creata a immagine di Dio, è un essere insieme corporeo e spirituale. La narrazione della Bibbia esprime questa realtà quando afferma che Dio formò l'uomo con la polvere della terra; gli alitò nelle narici un soffio vitale, e l'uomo divenne un essere vivente (Gen. 2, 7). Tale soffio vitale designa la parte più intima dell'uomo, la sua «anima» spirituale, che lo rende particolarmente «immagine di Dio». Ogni anima umana è immediatamente creata da Dio; non è «prodotta» dai genitori. Separata dal corpo all'atto della morte, si unirà di nuovo ad esso al momento della risurrezione finale (ved. Catechismo della Chiesa Cattolica, CCC, 362-363; 366).
Grazie all'anima, l'uomo può riflettere sul mondo per comprenderlo, e percepire quel che non è materiale (amore, bene, bellezza, giustizia, ecc.). «In verità, l'uomo non si sbaglia quando si riconosce superiore agli elementi materiali... Infatti, per via della sua interiorità, supera l'universo delle cose... Così, quando riconosce in sè un'anima spirituale e immortale, non è vittima di una creazione immaginaria che si spiegherebbe soltanto attraverso le condizioni fisiche e sociali; al contrario, raggiunge l'intimo profondo della realtà» (Vaticano II, Gaudium et spes, 14).
Destino eterno
Quest'insegnamento della Fede mostra la gravità del problema della salvezza dell'anima, perchè il destino dell'uomo dopo la morte è irrevocabile ed eterno. Per questo Nostro Signore ha potuto dire: Che gioverebbe all'uomo guadagnare tutto il mondo, se perdesse la sua anima? (Matt. 16, 26). Si capisce allora la preoccupazione di Don Buguet per il destino eterno del fratello. Nella speranza della salvezza, prega per lui, onde ottenergli l'entrata in paradiso. Poi, allargando il pensiero a tutti i defunti, il sacerdote considera questa morte come un invito del Cielo ad impegnarsi in un'opera di misericordia a beneficio dei morti. Gli ci vorranno tuttavia ancora parecchi anni, prima della realizzazione concerta di tale disegno.
Ma chi è Don Buguet? Paolo Giuseppe Buguet è nato il 25 marzo 1843 a Bellavilliers, nell'Orne. I suoi genitori, molto poveri, guadagnano difficilmente la loro vita e quella dei loro figli. Seri studi classici in una scuola media di Mortagne, preparano Paolo ad entrare nel Seminario di Sées, nel 1862. Lì, si applica con il massimo zelo allo studio «per Dio, la Chiesa e le anime». «Ci sono tre cose alle quali devo tendere, scrive: la mortificazione, l'umiltà e lo spirito interiore. Con questo, riuscirò ad essere un sacerdote santo». Riceve l'ordinazione sacerdotale il 26 maggio 1866.
Dopo dodici anni di ministero in qualità di viceparroco a Sainte-Honorine-la-Chardonne, poi quale curato a Saires-la-Verrerie, Don Buguet arriva, il 1° agosto 1878, nella parrocchia di La Chapelle-Montligeon (700 abitanti) dove è appena stato nominato curato. Il comune è povero; l'esodo rurale minaccia il paese. Schiacciate dalla concorrenza delle nuove fabbriche, le vecchie tessiture a domicilio chiudono. I giovani se ne vanno nelle città, dove la loro fede è messa a dura prova. «Affranto da una simile necessità, che mi mostrava nel futuro una parrocchia deserta, dirà il sacerdote, passavo lunghi istanti ai piedi della statua di San Giuseppe, supplicandolo di ispirarmi un modo per dare lavoro e pane a quella gente, senza che fosse obbligata ad andare a cercare nelle città i mezzi di sussistenza».
Con questo scopo, prova la fabbricazione di jersey, per conto di un grande fabbricante parigino: fiasco. Poi le trine, nuovo fiasco; poi la guanteria: dopo un bel successo, l'invenzione di macchine che la povera gente di La Chapelle-Montligeon non può pagarsi, porta all'abbandono dell'artigianato manuale.
Don Buguet, che non dimentica il suo desiderio di aiutare i defunti, si trova così spronato da due interessi: «Cercavo, dice, di conciliare un doppio scopo: far pregare per le anime abbandonate del Purgatorio, liberarle dalle loro pene attraverso il Sacrificio della Messa, che racchiude in sè l'espiazione suprema, e, in cambio, ottenere per il loro tramite il modo di far vivere l'operaio. Nella mia idea, era come un dono reciproco fra le anime sofferenti del Purgatorio ed i poveri abbandonati della terra. Era un sollievo vicendevole». Tale doppio scopo sarà raggiunto in un modo assolutamente provvidenziale.
La Messa del lunedì
«Mi piaceva celebrare la Messa, il lunedì, per l'anima più abbandonata del Purgatorio, e mi accorgevo che tali anime mi ottenevano molti favori, narra il sacerdote. Nel maggio del 1884, una persona che non conoscevo venne a chiedermi di celebrare una Messa secondo le sue intenzioni. Il volto indicava che poteva avere circa cinquant'anni; era vestita, quel giorno, molto modestamente, poichè portava il costume di una donna del popolo; la sua aria ispirava rispetto e fiducia. Otto giorni dopo, a quella Messa che celebravo secondo la sua richiesta, fui sorpreso di vederla in fondo alla chiesa, con un vestito azzurro cielo e la testa coperta da un lungo velo bianco che le scendeva fino alla vita. Chi era? Non l'ho mai saputo... Pregò a lungo davanti all'altare della Santa Vergine». Parecchie persone videro quella signora che venne due volte. Quando se ne andò, una decina di persone la seguì con lo sguardo. Disparve ad un tratto. Questi sono i fatti.
Don Buguet fece questa confidenza ad amici molto fidati: la misteriosa signora lo aveva lodato e ringraziato «per quella sua carità di celebrare tutti i lunedì la Messa per l'anima più abbandonata del Purgatorio». Dopo quella «visita», fu spinto molto vivamente a redigere lo statuto dell' «Opera Espiatoria».
Un soldo!
Don Buguet si trasforma allora in «commesso viaggiatore delle Anime del Purgatorio». Percorre la regione, di parrocchia in parrocchia. Un soldo, ecco una cosa che non si rifiuta. Completa le visite con un piccolo bollettino, che vola più in fretta e più lontano di lui. In capo a tre anni, tutte le diocesi di Francia conoscono l'Opera. Essa raggiunge anche l'estero: l'Inghilterra, i Paesi Bassi, l'Italia, la Spagna, il Canada, poi le Antille, la Cina, il Giappone, Ceylon (Sri Lanka), la Palestina, la Russia, la Siria... Prima della fine del secolo, Don Buguet, appoggiandosi al suo bastone da viaggio, avrà percorso l'Europa ed una parte degli Stati Uniti e del Canada.
Un simile apostolato necessita la stampa del bollettino destinato a far conoscere l'iniziativa spirituale di Montligeon. Gli inizi sono molto modesti, ma, pian piano, vengono acquistati dei macchinari tipografici di seconda mano, degli operai imparano il mestiere, le ordinazioni vengono da fuori. Un po' alla volta, si crea una tipografia perfettamente attrezzata. Don Buguet realizza così provvidenzialmente il suo desiderio di procurare lavoro ai suoi parrocchiani.
Un dogma misconosciuto
Anche ai giorni nostri, il dogma della purificazione dei peccati nel Purgatorio è spesso misconosciuto. Il Catechismo della Chiesa Cattolica espone così questa verità della fede: «Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio, ma imperfettamente purificati, sebbene certi della loro salvezza eterna, vengono sottoposti, dopo la morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del Cielo... La tradizione della Chiesa, rifacendosi a certi passi della Scrittura (ved. 1 Cor. 3, 15; 1 Piet. 1, 7), parla di un fuoco purificatore» (CCC, 1030-1031). Tale purificazione finale degli eletti è molto diversa dallo stato dei dannati nell'inferno: questi sono esclusi per sempre dal Paradiso e non conoscono l'amore. Le anime del Purgatorio, invece, amano Dio e sono certe di andare in Cielo al termine della loro espiazione.
«Il peccato ha una duplice conseguenza, spiega il Catechismo. Il peccato grave ci priva della comunione con Dio, e perciò ci rende incapaci di conseguire la vita eterna, la cui privazione è chiamata la «pena eterna» del peccato (inferno). D'altra parte, ogni peccato, anche veniale, provoca un attaccamento malasano alle creature, che ha bisogno di purificazione, o quaggiù, o dopo la morte, nello stato chiamato Purgatorio.
Tale purificazione libera dalla cosiddetta «pena temporale» del peccato. Queste due pene non devono esser concepite come una specie di vendetta, che Dio infligge dall'esterno, bensì come derivanti dalla natura stessa del peccato» (CCC, 1472).
Suprema misericordia
Il fuoco del Purgatorio agisce come strumento della Giustizia divina e colpisce l'anima, in modo ineffabile, «nel vivo». Le anime che lo patiscono sostengono ad ogni istante tutto il peso e tutta la profondità di un dolore cui non possono sottrarsi. I Padri della Chiesa insegnano che le sofferenze del Purgatorio superano tutto quel che si può immaginare di più duro sulla terra. Tuttavia, non sono senza consolazioni. La più forte consiste nella certezza di essere amate da Dio e di non poterLo più perdere a causa del peccato. Per di più, l'amore che tormenta le anime del Purgatorio le riempie misteriosamente di una gioia profonda, e la speranza dà loro una pazienza molto dolce.
Bei misteri
Così si spiegano i punti di vista di Don Buguet che scrive: «Dio mio, fammi la grazia di penetrarmi bene di questo pensiero: Espiazione. Ah! se capissi bene tutta la dolcezza che vi è in questa parola, non avrei il timore che ho della mortificazione. Amerei la penitenza, ed essa sarebbe per me una consolazione... Ebbene, per diminuire il Purgatorio, facciamo penitenze. Per questo, si può offrire tutto, da quando ci si alza a quando si va a dormire, tutte le afflizioni, i dispiaceri, le inquietudini...» E si consacra con coraggio all' «Opera espiatoria». La navata laterale della vecchia chiesetta di Montligeon ne diventa la sede. I pellegrini vengono sempre più numerosi a pregare ai piedi di Nostra Signora della Liberazione. Sei anni dopo l'inizio di quest'apostolato, Don Buguet, che è stato raggiunto da vari sacerdoti collaboratori, considera la possibilità di una costruzione di grande portata che coronerà la sua Opera.
Una basilica in piena campagna
Il sacerdote torna sconcertato a Montligeon. Vi trova una lettera di una signora di Parigi, che lo invita ad andarla a trovare in vista di un dono che vuole fargli. Ci manda uno dei suoi collaboratori. Il dono è appunto di 50.000 franchi! Il Vescovo, sorpreso, accorda l'autorizzazione all'inizio dei lavori. Per suscitare nuovi doni, il Fondatore crea il Bollettino trimestrale della chiesa di Nostra Signora di Montligeon. Il risultato è e rimane straordinario: una vasta basilica in piena campagna. La pianta è a forma di croce latina, di una lunghezza di metri 74. Due guglie incorniciano la facciata. All'interno, sopra all'altar maggiore, si trova una statua della Santa Vergine con Gesù bambino che essa tende ad un'anima, rappresentata sotto forma umana, sul punto di entrare in paradiso. Un'altra anima rappresenta l'attesa certa del Cielo. L'insieme è stato scolpito in un blocco di marmo di Carrara; misura m. 3,70 di altezza e pesa 13 tonnellate. Tutto porta all'ammirazione, alla preghiera per i vivi e per i defunti, alla viva e sicura Speranza del Cielo.
Lo spettacolo di questa chiesa è indimenticabile. Ma la costruzione è soltanto un edificio per facilitare i pellegrinaggi e suscitare le preghiere che sono il fine principale e soprannaturale dell'Opera Espiatoria. Come tutte le opere di Dio, questa non manca di subire le contraddizioni. I giornali anticlericali combattono spesso Don Buguet. Lo si accusa di mercantilismo, a causa delle ingenti somme di denaro che maneggia per le costruzioni e per la celebrazione delle Messe. Il sacerdote ha la saggezza e la grazia di non turbarsi per tali insinuazioni malevole o calunniose.
Al contrario, riceve da Leone XIII e da San Pio X riconoscimenti ecclesiastici perfettamente meritati, con il titolo di «Monsignore». La sua umiltà non ne è affetta: continua semplicemente a mantenere il suo rango nella Chiesa. Il suo tono rimane familiare, piuttosto gioviale. «Tutto avviene per mezzo della preghiera dell'uomo umile, dice... Dio benedice i progetti dell'uomo che prega e si umilia». E quando gli si chiede come abbia potuto realizzare la sua Opera, si accontenta di rispondere: «Prego, ed è il Buon Dio che fa il resto». Monsignor Buguet spira dolcemente, a Roma, il 14 giugno 1918.
Il Fuoco dell'Amore
Viviamo noi medesimi in un grande amore di Dio, per purificarci interamente delle nostre colpe fin dalla vita terrena, secondo le parole di Santa Teresa di Gesù Bambino e della Sacra Sindone: «So che io, personalmente, non meriterei neppure di entrare in quel luogo di espiazione, poichè solo le anime sante possono avervi accesso, ma so anche che il Fuoco dell'Amore è più santificante di quello del Purgatorio» (Ms A, 84v).
Chiediamo allo Spirito Santo di accendere in noi il Fuoco del suo Amore e di rinnovare la faccia della terra.