Lettera

Blason   Abbazia San Giuseppe di Clairval

F-21150 Flavigny-sur-Ozerain

Francia


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6 maggio 2003
Mese di Maria


Carissimo Amico dell’Abbazia di San Giuseppe,

Un errore, «oggi largamente diffuso, è la dimenticanza della legge della solidarietà umana e della carità, legge dettata ed imposta tanto dalla comunità d'origine e dall'uguaglianza della natura ragionevole, propria di tutti gli uomini, a qualsiasi popolo appartengano, quanto dal sacrificio di Redenzione offerto da Gesù Cristo sull'altare della Croce al Padre suo celeste, in favore dell'umanità peccatrice» (Pio XII, enciclica Summi pontificatus). È dunque necessario ed urgente sviluppare questa carità sociale, che è un'esigenza della fraternità umana e cristiana. In particolare, «i problemi socio-economici non possono essere risolti che mediante il concorso di tutte le forme di solidarietà: solidarietà dei poveri tra loro, dei ricchi e dei poveri, dei lavoratori tra loro, degli imprenditori e dei dipendenti nell'impresa, solidarietà tra le nazioni e tra i popoli. La solidarietà internazionale è un'esigenza di ordine morale. La pace del mondo dipende in parte da essa» (Catechismo della Chiesa Cattolica, CCC, 1939-1941).

Il 1° ottobre 2000, il Papa ha canonizzato una coraggiosa donna americana, Katharine (Caterina) Drexel, perchè ha cercato prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia, ha capito l'importanza della solidarietà, ed ha così contribuito allo sviluppo ed alla pace sociale.

Mettere da parte un buon capitale

Caterina Maria Drexel nasce il 26 novembre 1858 a Filadelfia, in Pennsylvania (Est degli Stati Uniti). Suo padre, Francis, possiede, con i suoi due fratelli, un trust bancario internazionale, che comprende società a New York e a Londra. Sua madre, Hannah, muore quattro settimane dopo la sua nascita, lasciando due figlie, Elisabetta e Caterina. Francis si risposa allora con Emma Bouvier; una figlia, Luisa, nascerà dalla loro unione. I Drexel, membri dell'alta società di Filadelfia, sono molto generosi e contribuiscono largamente a opere caritative. Francis, all'insaputa dei suoi, si sforza di prestare assistenza ai bisognosi. In particolare, cerca di conoscere e di appoggiare i sacerdoti immigrati, venuti per servire i loro compatrioti poveri. Ogni giorno, quando torna dal lavoro, passa un lungo istante da solo nella sua camera a pregare. Per assicurare alle figlie un contatto con i poveri, Emma apre a questi ultimi la sua casa, tre volte alla settimana. I coniugi sono convinti che le loro ricchezze appartengono a Dio e che devono servirsene per aiutare i poveri. Applicano alla lettera il consiglio di san Paolo: Ai ricchi di questo mondo raccomanda di non essere orgogliosi, di non riporre la speranza sull'incertezza delle ricchezze, ma in Dio, che tutto ci dà con abbondanza perchè ne possiamo godere. Raccomanda loro di essere generosi: di arricchirsi di opere buone, di esser pronti a dare di gran cuore e di saper dividere, mettendosi così da parte un buon capitale per il futuro, per acquistarsi la vita vera (1 Tim. 6, 17-19). La famiglia si riunisce quotidianamente per pregare e ogni mattina tutti insieme assistono alla Santa Messa. Emma assicura alle figlie una formazione umanistica completa: letteratura, matematica, filosofia, arte, musica, lingue. Il benessere materiale non dispensa le ragazze dall'apprendere a far da mangiare ed a farsi i vestiti.

Frequenti viaggi in Europa, per gli interessi bancari del padre, danno l'occasione a Caterina ed alle sorelle di visitare le meraviglie ed i luoghi celebri del vecchio continente. Sempre allegra e lieta di viaggiare, Caterina, grazie ad un profondo senso religioso, stima ogni cosa al suo giusto valore. Le gallerie, i palazzi e le opere d'arte che si possono vedere nelle città europee, le lasciano un senso di insoddisfazione. Nessun posto, nessuna grandezza culturale può soddisfare gli ardenti desideri del suo cuore. Infatti, «Dio solo sazia», come ha scritto san Tommaso d'Aquino (Commento del Credo). Certo, ogni uomo desidera la felicità, come dice sant'Agostino: «Noi tutti certamente bramiamo vivere felici, e tra gli uomini non c'è nessuno che neghi il proprio assenso a quest'affermazione, anche prima che venga esposta in tutta la sua portata». Ma tale desiderio è d'origine divina; Dio l'ha messo nel cuore dell'uomo, per attirarlo a Sè, perchè Egli solo lo può colmare. Infatti «Dio ci chiama alla sua beatitudine... Ci ha creati per conoscerLo, servirLo ed amarLo, e così giungere in Paradiso» (CCC, 1718-1721).

Nel 1879, Emma si ammala. Caterina, che ha allora 21 anni, la cura teneramente durante tutti i tre anni che durerà la malattia. Il contatto con la sofferenza purifica il suo sguardo, già lucido, sulla vita. Si rende conto che la ricchezza è la grande divinità alla moda, e che nulla nel vasto patrimonio dei Drexel può sopprimere la sofferenza o impedire la morte di Emma. Caterina si chiede quale sia il vero significato delle ricchezze e degli onori, e riflettendo seriamente sul senso dell'esistenza, capisce che «la vera felicità non si trova nè nella ricchezza o nel benessere, nè nella gloria umana o nel potere, nè in alcuna attività umana, per quanto utile possa essere, come le scienze, le tecniche e le arti, nè in alcuna creatura, ma in Dio solo, sorgente di ogni bene e di ogni amore» (CCC, 1723).

Date gratuitamente

Emma muore nel gennaio del 1883. Per distrarre le figlie, il Signor Drexel decide di compiere un nuovo viaggio in Europa con loro. Il 18 novembre 1883, nella basilica di San Marco a Venezia, Caterina scorge un dipinto della Santa Vergine, e la sente dirle: Gratuitamente avete ricevuto; gratuitamente date. Riconosce immediatamente il passo del Vangelo (Matt. 10, 8) che ha profondamente influenzato san Francesco d'Assisi. Infatti, la ragazza ha una grande devozione per questo santo, di cui condivide l'amore per la natura e lo zelo nei riguardi dei poveri. Le parole che ha sentito, le sembrano un orientamento per il suo avvenire, anche se non afferra ancora in che modo bisognerà «dare».

Dopo un altro viaggio, questa volta nel grande Ovest americano, dove Caterina ha un primo contatto con la vita degli Indiani e dove fa i primi doni alle missioni, l'avversità colpisce nuovamente la famiglia Drexel. Il padre, Francis, si spegne il 15 febbraio 1885, lasciando le tre figlie eredi di un immenso patrimonio.

La salute di Caterina è scossa dalla morte dei genitori; perchè si riprenda, le sorelle le propongono un soggiorno alle terme di Schwalbach, in Germania. Approfittano del soggiorno in Europa per reclutare sacerdoti e suore a favore delle missioni indiane negli Stati Uniti e si recano a Roma dove, nel gennaio del 1887, sono ricevute in udienza privata da papa Leone XIII. Quando Caterina supplica il Santo Padre di inviare missionari agli Indiani, riceve la seguente risposta inattesa: «Perchè, figlia mia, non si fa missionaria lei stessa? – Santità, risponde, non ho chiesto suore; ho chiesto sacerdoti». Non ha capito perfettamente il senso della domanda del Papa, ma l'inquietudine che la incalza da molto tempo raggiunge il parossismo: fin dall'età di quattordici anni, aveva provato un'attrattiva persistente per la vita religiosa; ne aveva addirittura parlato spesso alla matrigna, senza riceverne alcun incoraggiamento. La vocazione religiosa in un chiostro, sì, ma missionaria... non ci aveva mai pensato!

Nel settembre dello stesso anno, Caterina, con le sorelle, visita le missioni indiane nel Dakota, a cavallo, •menta lo stato pietoso degli Indiani. Non appena di ritorno, Caterina si decide a fornire un aiuto sistematico alle missioni indiane. In quattro anni, finanzia la costruzione di tredici scuole. Alla sua premura per gli Indiani si aggiunge la preoccupazione per la sorte dei Negri americani che, malgrado l'emancipazione ufficiale, sono ancora oggetto di trattamenti ingiusti. «Lo spirito di solidarietà deve crescere nel mondo, per vincere l'egoismo della gente e delle nazioni. Solo così si potrà frenare la ricerca della potenza politica e della ricchezza economica all'infuori di qualsiasi riferimento ad altri valori...» (Giovanni Paolo II, in occasione del giubileo dei responsabili politici, il 4 novembre 2000).

Una prospettiva salutare

Caterina riconosce, in tutti i poveri, figli di Dio che hanno bisogno di esser guidati verso di Lui. Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me (Matt. 25, 40) dira Gesù, l'ultimo giorno, a coloro che avranno esercitato le opere di carità. La prospettiva del giudizio di Dio è una luce necessaria per la nostra vita terrena; così, san Benedetto raccomanda di pensarci spesso (Regola, cap. 4). «Il giudizio finale manifesterà, fino alle sue ultime conseguenze, il bene che ognuno avrà compiuto o avrà omesso di compiere durante la sua vita terrena» (CCC, 1039). Sant'Agostino sottolinea: «Il Signore si volterà allora verso i cattivi: Avevo, dirà loro, posto sulla terra i miei poverelli, per voi. Io, loro capo, troneggiavo nel Cielo alla destra di mio Padre, ma sulla terra le mie membra avevano fame. Se voi aveste elargito alle mie membra, il vostro dono sarebbe giunto fino alla testa. Quando ho posto i miei poverelli sulla terra, li ho costituiti come vostri agenti perchè portassero le vostre opere buone nel mio tesoro: voi non avete messo nulla nelle loro mani, per questo non possedete nulla presso di me». Al contrario, «Gesù Cristo riconoscerà i suoi eletti proprio da quanto avranno fatto per i poveri» (CCC, 2443).

A lungo, Caterina è stata dissuasa dal seguire una vocazione religiosa dal suo direttore spirituale, Monsignor James O'Connor, vescovo di Omaha (Nebraska), che la giudica incapace di sopportarne le austerità; la incita a riflettere, ad attendere ed a pregare. Finalmente, nel novembre del 1888, dopo aver letto una lettera in cui Caterina rivela l'ansia e la tristezza che prova ad attendere, Monsignor O'Connor cambia idea e le propone tre congregazioni religiose. Caterina risponde che desidera un ordine missionario per gli Indiani e i Negri americani; ma non ne esistono! Monsignor O'Connor la incoraggia allora a fondare essa medesima una nuova Congregazione. Tale prospettiva non entusiasma Caterina: «La responsabilità di una simile chiamata quasi mi schiaccia, perchè sono infinitamente povera delle virtù necessarie». Tuttavia, il vescovo mantiene il suo parere, e, nel giorno della festa di san Giuseppe, il 19 marzo 1889, Caterina capitola: «La festa di san Giuseppe mi diede la grazia di consacrare il rimanente della mia vita agli Indiani ed ai Negri, di entrare pienamente nelle sue mire, relativamente a quel che è più appropriato per la salvezza di quei popoli». Monsignor O'Connor chiede allora alle Suore della Mercede, a Pittsburgh, di formare Caterina alla vita religiosa. Sarà accolta nel loro noviziato il 7 novembre 1889; ma, qualche mese più tardi, la morte di Monsignor O'Connor priva il progetto della fondazione dell'unico sostegno. Apparentemente tanto incresciosa, questa morte purifica l'anima di Suor Caterina e la prepara al suo futuro compito. È proprio allora che l'arcivescovo di Filadelfia, Monsignor Patrick Ryan, la soccorre e le propone il suo aiuto.

La sorte della Sacra Famiglia

Il 12 febbraio 1891, Caterina Drexel prende l'abito in quanto prima «Suora del Santissimo Sacramento per gli Indiani ed i Negri». «I voti, sottilinea, restringono la libertà, ma ci danno la libertà di far del bene. Siamo fortificati per portare i fardelli e fare cose che sembrano impossibili». Ai voti abituali di povertà, di castità e di obbedienza, essa aggiunge quello di essere «la madre e la serva delle razze indiane e negre secondo la Regola delle Suore del Santissimo Sacramento; e di non intraprendere nessuna opera che porti a trascurare o ad abbandonare le razze indiane e negre». Non essendo ancora ultimato il convento della sua nuova istituzione, apre il suo noviziato a Torresdale, nella residenza estiva della sua famiglia. Dieci novizie e tre postulanti la raggiungono ben presto. Un anno più tardi, la comunità conta 21 membri! Le Suore occupano il convento in costruzione prima della fine dei lavori, e conosono così molte austerità, private come sono d'acqua, di luce e di riscaldamento. «Ogni prova che subiamo, scriverà la fondatrice, è un atto di misericordia di Dio, per distaccarci dalla terra e avvicinarci a Dio».

La comunità riceve frequenti visite da parte di vescovi e di missionari che chiedono Religiose a Suor Caterina. Ma, per consiglio di Monsignor Ryan, esse attendono tre anni e mezzo prima di aprire un primo convitto presso la Missione Santa Caterina di Santa Fe (Nuovo Messico). Le Suore vi si adattano bene, malgrado la vita difficile in un luogo quasi desertico. Gli Indiani le rispettano e le proteggono. Un giorno, Madre Caterina, che voleva curare le vittime di un'epidemia in un villaggio vicino alla Missione, se ne vede rifiutare l'entrata: gli Indiani tengono troppo a lei, per vederla esporsi in quel modo al contagio.

Spesso, in occasione dei suoi numerosi viaggi attraverso il continente, Madre Caterina viene respinta, e condivide così la sorte della Sacra Famiglia a Betlemme, il che le ispira la seguente riflessione: «È particolarmente opportuno per noi che gli abitanti di questa città non abbiano posto per noi e per la nostra opera. Come è esatto che la grotta di Betlemme è la grande educatrice del mondo... Non trascurate di pensare a Colui di cui mi vanto di essere innamorata! Siate innamorati delle di Lui umiliazioni».

Caterina Drexel ha rinunciato ad un cospicuo patrimonio, per abbracciare volontariamente la povertà, e quella povertà le è cara, come testimoniano le righe che seguono, scritte ad una delle sue suore: «Se è distaccata dalle cose terrene, avrà in sè il regno di Dio. Se non ne è distaccata, avrà la convinzione che molte cose le sono necessarie, e giungerà al punto di condurre una vita agevole. Dio colma quel che è vuoto». Essa si è resa conto che «l'amore per i poveri è inconciliabile con lo smodato amore per le ricchezze o con il loro uso egoistico» (CCC, 2445). Ma ha capito soprattutto che il modo migliore di aiutare coloro che sono poveri ed emarginati è quello di operare per il loro sviluppo integrale. «Non si tratta soltanto di elevare tutti i popoli al livello di cui godono oggi i paesi più ricchi, ricorderà Papa Giovanni Paolo II, ma di costruire, attraverso un'opera solidale, una vita più dignitosa, di far realmente crescere la dignità e la creatività di ogni persona, la sua capacità di rispondere alla sua vocazione e quindi alla chiamata di Dio. All'apice dello sviluppo, vi è la messa in opera del diritto e del dovere di cercare Dio, di conoscerLo e di vivere secondo tale conoscenza» (Enciclica Centesimus annus, 1° maggio 1991, n. 29). Pertanto, gli sforzi della nuova Istituzione non si riducono ad una semplice «carità» materiale, ma ad una formazione umana e cristiana delle popolazioni diseredate. L'amore per i poveri « non riguarda soltanto la povertà materiale, ma anche le numerose forme di povertà culturale e religiosa» (CCC, n. 2444).

Il vincolo più profondo

Fondatrice, Madre Caterina redige una regola di vita per le Suore del Santissimo Sacramento. Nel luglio del 1907, essa riceve a Roma una prima approvazione da Papa san Pio X, e, poco tempo dopo, viene eletta Superiora generale dell'Istituzione delle «Suore del Santissimo Sacramento per gli Indiani e la Gente di Colore».

Perchè «Suore del Santissimo Sacramento»? La sua perspicacia ha afferrato che l'Eucaristia, Presenza viva di Gesù, è il vincolo più profondo fra gli uomini, e dunque fra tutte le razze chiamate a coabitare nello stesso paese. «Gesù è l'unica fonte della vera pace, dirà Giovanni Paolo II. Non può esistere la speranza di una vera pace nel mondo al difuori di Cristo... Come procura questa pace Cristo? L'ha meritata grazie al suo Sacrificio. Ha dato la vita per realizzare la riconciliazione fra Dio e l'uomo... Tale sacrificio che attira la famiglia umana verso l'unità è reso presente nell'Eucaristia. E così, ogni celebrazione eucaristica è la fonte di un nuovo dono di pace... Il dono che Cristo fa di Se stesso è più potente di tutte le forze di divisione che opprimono il mondo» (Ai Congressi eucaristici, 11 marzo 1988).

I benefici dell'Eucaristia si estendono a ciascuna delle figlie di Madre Caterina, che scrive: «La Religiosa ha bisogno di forza. Vicina al tabernacolo, l'anima trova la forza, la consolazione e la rassegnazione. La Religiosa ha bisogno di virtù. Gesù nel Santissimo Sacramento è il modello delle virtù. La Religiosa ha bisogno di speranza. Nel Santissimo Sacramento abbiamo la promessa più preziosa della nostra speranza. L'Ostia contiene il germe della vita futura».

Nel settembre del 1912, in occasione di una visita alle Missioni del Nuovo Messico, Madre Caterina viene colpita dalla febbre tifoide. Sembra prossima a morire, e confida: «Sono in una pace perfetta». Ma, dopo un soggiorno nell'infermeria della casa madre, si rimette e riprende le sue attività. Nel mese di aprile del 1913, s'imbarca nuovamente alla volta di Roma dove ottiene l'approvazione definitiva della sua Congregazione.

Un modo efficace di pregare

Nel 1935, in occasione di una visita alle Missioni nell'Ovest, ha una grave crisi cardiaca, e deve ritirarsi dalla vita attiva. Tuttavia, vivrà ancora una ventina d'anni nella preghiera costante, sopportando pazientemente le infermità. «L'accettazione umile e paziente della croce, di qualsiasi natura essa sia, è l'opera più elevata che ci incomba», aveva scritto. Si consacra interamente a quella vita contemplativa che aveva sognato nella sua infanzia, e che le viene finalmente accordata. «Ho scoperto un modo di pregare estremamente efficace, confida. Il Cuore di Gesù è anche il mio cuore, poichè sono membro del suo Corpo, e col suo Cuore pregherò Dio, mio Padre, e la mia preghiera sarà sempre ascoltata». Il 3 marzo 1955, Madre Caterina Maria Drexel esala serenamente l'ultimo respiro e raggiunge il suo divino Sposo Gesù nell'eterna beatitudine. Oggi, la sua Congregazione conta 229 Suore che, nel campo dell'educazione, della pastorale e della sanità, servono i più poveri e i più derelitti fra gli Indiani ed i Negri in 14 Stati americani, a Haiti e nel Guatemala.

Il bell'esempio di santa Caterina Drexel è un incoraggiamento per la nostra condotta personale. Santa Rosa da Lima diceva: «Quando serviamo i poveri e gli ammalati, serviamo Gesù». Per questo la Chiesa ha sempre avuto un amore di preferenza per i poveri.

Per coloro che non hanno nè i mezzi nè le forze per aiutare direttamente i poveri, gli ultimi venti anni della vita di santa Caterina costituiscono un faro. Essa si conformava alla volontà di Dio nell'accettazione della sofferenza ed in una fervente preghiera. «Con la sua Passione e la sua morte sulla Croce, Cristo ha dato un senso nuovo alla sofferenza: essa può ormai configurarci a Lui e unirci alla sua Passione redentrice. [...] È mediante la preghiera che possiamo discernere la volontà di Dio ed ottenere la costanza nel compierla. Gesù ci insegna che si entra nel Regno dei Cieli non a forza di parole, ma facendo la volontà del Padre mio che è nei Cieli (Matt 7, 21)» (CCC, 1505 e 2826).

Che il Signore conceda questa grazia a Lei ed a tutti coloro che Le sono cari!

Dom Antoine Marie osb

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