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1 aprile 2003 Quaresima |
I vescovi, riuniti in Sinodo a Roma, nell'ottobre 2001, hanno inviato un «messaggio al Popolo di Dio», in cui viene affrontato il tema della dignità della vita umana: «Quello che, forse, sconvolge maggiormente il nostro cuore di pastori, è il disprezzo della vita, dalla concezione alla fine, e la disgregazione della famiglia. Il no della Chiesa all'aborto e all'eutanasia è un sì alla vita, un sì alla bontà fondamentale della creazione, un sì che può raggiungere qualsiasi essere umano nel santuario della coscienza, un sì alla famiglia, prima cellula della speranza in cui Dio si compiace al punto di chiamarla a diventare «chiesa domestica».»
Qualche anno prima, Papa Giovanni Paolo II diceva già ai giovani, a Denver (Stati Uniti): «Le minacce contro la vita non si attenuano coll'andar del tempo. Al contrario, assumono dimensioni enormi... Si tratta di minacce programmate scientificamente e sistematicamente. Il ventesimo secolo sarà stato un'epoca di aggressioni pesanti contro la vita, un'interminabile serie di guerre ed un massacro permanente di vite umane innocenti...» (14 agosto 1993). Ci troviamo di fronte ad una «congiura contro la vita umana», in cui gli Enti internazionali programmano vere e proprie campagne di diffusione della contraccezione, della sterilizzazione, dell'aborto e dell'eutanasia, con la complicità dei mass media. Il ricorso a tali pratiche viene presentato all'opinione pubblica come un segno di progresso ed una conquista della libertà, mentre i difensori della vita vengono denigrati quali nemici della libertà e del progresso (ved. enciclica Evangelium vitæ, 25 marzo 1995, n. 17).
Nel momento in cui il mondo è gravemente inquieto per la pace, ricordiamo le parole di Madre Teresa quando ricevette il premio Nobel della pace, il 10 dicembre 1979: «Il massimo distruttore della pace, oggi, è il crimine commesso contre il nascituro innocente». Infatti, Dio non può lasciare impunito il crimine di Caino: il sangue di Abele esige che Dio faccia giustizia. Dio disse a Caino: Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo (Gen. 4, 10). Non soltanto il sangue di Abele, ma anche quello di tutti gli innocenti assassinati grida vendetta al Cielo (ved. Catechismo della Chiesa Cattolica, CCC, n. 2268). Ora, nel corso degli ultimi decenni, milioni di innocenti sono stati uccisi nel seno delle madri.
Il passaggio al terzo millennio non ha segnato, in Francia, una svolta in favore di una politica propizia alla vita. Fin dal 2000, la distribuzione di «NorLevo» (pillola detta «del giorno dopo», in realtà un prodotto abortivo) è autorizzata per le minorenni negli istituti scolastici, senza assenso dei genitori. Il 4 luglio 2001, una nuova legge sull'aborto aggrava le disposizioni della precedente legge (1979), che proponeva l'Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG = aborto), come ultimo ricorso in caso di situazione di emergenza. Ormai, si tratta di un «vero e proprio diritto di abortire», che scarta la maggior parte delle disposizioni atte a conservare la vita del bambino; il termine legale è prolungato da 10 a 12 settimane, è soppressa l'autorizzazione dei genitori per le minorenni, è depenalizzata l'istigazione all'aborto, sono rafforzati i motivi di azione giudiziaria contro gli oppositori dell'aborto.
Una «buona novella» per il nostro tempo
Decima di tredici figli (di cui cinque moriranno in tenera età), Gianna nasce il 4 ottobre 1922 a Magenta (Italia), in una famiglia in cui i genitori, che fanno parte del Terz'Ordine di san Francesco ed assistono tutti i giorni alla Messa, mantengono un'atmosfera serena e cristiana. Nel pomeriggio della domenica, i figli accompagnano il padre nella visita ai poveri, alle persone anziane, abbandonate o trascurate. La mamma si sforza di risparmiare a favore delle missioni.
Il 4 aprile 1928, Gianna fa la prima comunione. L'Eucaristia diventa per lei, a partire da quel momento, l'alimento quotidiano indispensabile. A scuola, è un'alunna mediocre: bisognerà aspettare che finisca le elementari perchè ottenga qualche buon voto. Riceve la Cresima il 9 giugno 1930. Alle medie, continua a non brillare. Tuttavia, la sua vita cristiana è intensa e radiosa: un momento di meditazione tutte le mattine le dà la forza e la gioia d'amare, per tutta la giornata. D'indole aperta, perdona facilmente e sopporta con pazienza i dispiaceri dovuti alle differenze di carattere. Apprezza le bellezze della natura e durante le vacanze prende lezioni di disegno e di piano. La formazione spirituale e l'apostolato di Gianna si rafforzano grazie all'Azione Cattolica femminile italiana, cui essa si iscrive fin dall'età di dodici anni.
Un'impronta indelebile
Nel 1942, Gianna perde improvvisamente la madre, cinquantatreenne. Quattro mesi dopo, le muore il padre. Dei figli Beretta ancora vivi, quattro esercitano già una professione, altri tre sono studenti; Gianna ha appena ottenuto la maturità. Si propone di diventare suora missionaria in Brasile. In attesa, comincia gli studi di medicina a Milano. Malgrado le difficoltà dell'epoca (l'Italia è in guerra), studia seriamente. Quando la stanchezza si fa sentire, va in chiesa: «Quando sono stanca e non ne posso più, mi rinnovo con un po' di meditazione per parlare con Gesù». Ma soffre per via dei suoi punti deboli: «I due difetti che mi segnala, scrive ad una suora, sono verissimi. Sono ostinata, faccio sempre quel che voglio, mentre dovrei sottomettermi... Mi sforzerò. Per quanto concerne la carità, per non giudicare il prossimo, da qualche tempo, cerco di vincere me stessa, ma è talvolta veramente difficile». Durante le vacanze, Gianna pratica lo sci e l'alpinismo.
Gli anni degli studi universitari sono un periodo privilegiato per l'apostolato. Molto attiva e piena di iniziative, si conquista l'amicizia delle ragazze, organizza gite, feste e giochi, allo scopo di incoraggiare le amiche all'amore di Dio e del prossimo. «Ascoltava gli altri e parlava poco, rispondeva con precisione come se ascoltasse una voce interiore, si dirà di lei... D'estate, portava le compagne dell'Azione cattolica nella sua casa di campagna per ritiri spirituali». Essa medesima spiega: «Il solo fatto di parlar bene non trascina, ma dare l'esempio, sì. Rendere la verità visibile nella propria persona; rendere la verità gradevole offrendo se stessi come esempio attraente, e, se possibile, eroico... Non abbiate paura di difendere Dio, la Chiesa, il Papa ed i sacerdoti. Contro tutta questa campagna antireligiosa ed immorale, non si può rimanere indifferenti... Bisogna agire, immettersi in tutti i campi d'azione, sociale, familiare e politico. E darsi da fare, perchè tutte le forze del male, oscure e minacciose, sono riunite».
Pregare, anche se tutto ci distrae
Nel novembre del 1949, Gianna ottiene la laurea in medicina e chirurgia. Si specializza allora in pediatria per amore per i bambini, ma anche per esser vicina alle madri, poi apre un ambulatorio privato a Mesero. Ascolta ciascuno dei suoi ammalati con molta pazienza e gentilezza. Quando le malattie sono il risultato di una vita morale disordinata, ne soffre molto e consiglia con convinzione di cambiare condotta. Agli ammalati particolarmente poveri, dà denaro in più delle medicine: «Se curo un ammalato che non ha da mangiare, a che servono le medicine?» Gianna considera la propria professione come un vero apostolato: «Tutti lavorano per servire l'uomo. Noi medici lavoriamo direttamente sull'uomo stesso... Il grande mistero dell'uomo è Gesù: «Chi visita un ammalato, aiuta me», dice Gesù... Come il sacerdote può toccare Gesù, così noi tocchiamo Gesù nel corpo dei nostri ammalati... Abbiamo occasioni di far del bene che il sacerdote non ha. La nostra missione non è finita quando le medicine non servono più a nulla; bisogna portare l'anima a Dio, la nostra parola ha una certa autorità... Quanto sono necessari i medici cattolici!»
Tutte le vie del Signore sono belle
L'educazione morale e religiosa dei figli sta molto a cuore a Gianna. Non appena sono in grado di farlo, fa fare loro, tutte le sere, un adeguato esame di coscienza, facendoli riflettere su questa o quella azione, e sottolineando perchè Gesù non sia contento. Invece di rimproverarli immediatamente, aspetta la preghiera della sera per fare il punto della giornata. Non vuole nè picchiarli nè alzar troppo la voce, perchè, dice, «forse questi bambini avranno con sè la mamma solo per poco tempo; non voglio che ne abbiano un brutto ricordo». Il lavoro professionale di Gianna non le impedisce di compiere i propri doveri di moglie e di madre. Tuttavia, dopo la nascita di Laura, decide che cesserà l'esercizio della medicina non appena avrà un quarto figlio.
Nel mese d'agosto del 1961, si annuncia una nuova maternità. Ma, nel corso del secondo mese di gravidanza, Gianna sente che una massa compatta si svilppa ogni giorno di più accanto all'utero, minacciando tanto la vita del bambino quanto la sua: è un fibroma che bisognerà togliere. Gianna si rende conto dei rischi in cui incorre. Ha tre soluzioni: - l'ablazione del fibroma e dell'utero che contiene il bambino: tale intervento salverà sicuramente la vita della madre, ma il bambino morirà, ed essa non potrà più averne altri; - l'ablazione del fibroma e l'aborto provocato: la vita della madre sarà salva e questa potrà, eventualmente, avere più tardi altri figli; ma questa soluzione è contraria alla legge di Dio; - l'ablazione del solo fibroma, provando a non interrompere la maternità in corso: soltanto questa terza possibilità lascia la vita al bambino, ma espone quella della madre ad un pericolo gravissimo.
Moglie quanto mai amata, felice madre di tre bei bambini, Gianna deve scegliere e decidere: o una soluzione più sicura per la sua propria vita, o l'unica soluzione per salvare la vita del bambino: «lui o io», il figlio o la madre. Si decide in favore della vita che sente svilupparsi in sè; accetta di mettere a repentaglio la propria vita. L'amore per il bambino è più grande: «Che non ci si preoccupi per me, purchè tutto vada bene per il nascituro!» dice con forza ai suoi.
Dimenticare e dare se stessa
Malgrado ciò, splende di gioia, l'indicibile gioia di aver salvaguardato la propria maternità e la vita del figlio. Sa quel che significa «esser madre»: dimenticare e dare se stessa. Quest'amore della maternità, fino all'eroismo del sacrificio della propria vita, lo trae da Dio, fonte di ogni paternità e di ogni maternità (ved. Ef. 3, 15). Senza che il sorriso sparisca dal suo viso, Gianna passa gli ultimi mesi di gravidanza nella preghiera e nell'abbandono alla volontà di Dio, attraverso grandi dolori fisici e morali. Il Sabato Santo 21 aprile 1962, mette al mondo una femminuccia che riceve con il battesimo il nome di Gianna Emanuela. Dopo la nascita, lo stato della mamma si aggrava. Quando il dolore si fa troppo intenso, essa bacia «il suo grande conforto», il crocifisso. Chiede un sacerdote e riceve con fervore gli ultimi sacramenti. Nell'agonia, ripete continuamente: «Gesù, ti amo! Gesù, ti amo!» Il 28 aprile, verso le ore 8, Gianna si spegne serenamente in presenza del marito, che ha approvato la sua scelta. Tutti i giorni, aveva pregato il Signore di farle la grazia di una buona e santa morte. Entrata nella vera Vita che non finirà mai, la Beata, lungi dall'abbandonare i suoi, intercede ormai per essi con un amore ancora più grande.
Omaggio alle madri...
Quanto devono lottare contro le difficoltà ed i pericoli! Quante volte sono chiamate ad affrontare veri «lupi», decisi a togliere la vita ed a disperdere il gregge! E tali madri eroiche non sempre sono sostenute dai loro parenti. Al contrario, i modelli di società, spesso promossi e propagati dai mezzi di comunicazione, non favoriscono la maternità. In nome del progresso e della modernità, si presentano oggi i valori della fedeltà, della castità, del sacrificio, attraverso cui numerose spose e madri cristiane si distinguono e continuano ancora a distinguersi, come superati. Pertanto, una donna che decide di esser coerente con i propri principi si sente spesso profondamente sola. Sola con il proprio amore, che non può tradire, e cui deve rimanere fedele. Il suo principio direttore è Cristo, che ci ha rivelato l'amore che il Padre ci prodiga. Una donna che crede in Cristo trova un potente sostegno in quest'amore che ha sopportato tutto. È un amore che le permette di credere che quel che fa per un bambino concepito, messo al mondo, adolescente o adulto, lo fa, in pari tempo, per un figlio di Dio. Come scrive san Giovanni nell'odierna lettura: Siamo chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente (1 Giov. 3, 1). Siamo i figli di Dio. Quando questa realtà si manifesterà pienamente, saremo simili a Dio, perchè lo vedremo così come egli è (ved. 1, Giov. 3, 2)».
Il Papa manifesta altresì la sua paterna sollecitudine nei riguardi delle donne che hanno avuto ricorso all'aborto, con le seguenti parole incoraggianti dell'Enciclica Evangelium vitæ: «La Chiesa sa quanti condizionamenti hanno potuto pesare sulla vostra decisione, e non dubita che, in molti casi, tale decisione sia stata dolorosa, e addirittura drammatica. Probabilmente, la ferita della vostra anima non si è ancora rimarginata. In realtà, quel che si è prodotto è stato e resta profondamente ingiusto. Ma non abbandonatevi allo scoraggiamento e non rinunciate alla speranza. Sappiate piuttosto capire quel che è successo ed interpretatelo in verità. Se non l'avete ancora fatto, apritevi con umiltà e fiducia al pentimento: il Padre di tutte le misericordie vi aspetta per offrirvi il perdono e la pace nel sacramento della riconciliazione... Con l'aiuto di consiglieri e grazie alla presenza di persone amiche competenti, potrete associarvi ai difensori più convincenti del diritto di tutti alla vita, attraverso la vostra dolorosa testimonianza... opererete per l'instaurazione di una nuova maniera di considerare la vita dell'uomo» (n. 99).
«Preghiamo tutti, per avere il coraggio di difendere il nascituro e dargli la possibilità di amare e di essere amato, diceva Madre Teresa. E penso che così, con la grazia di Dio, potremo portare la pace nel mondo».
Che Nostra Signora e san Giuseppe ci ottengano la pace che il Verbo di Dio è venuto a dare al mondo attraverso l'Incarnazione!